Inferno sanità in Sardegna: 502 euro per togliere un neo, attese choc e il valzer degli esami a pagamento

La sanità sarda è come un inferno a ostacoli, dove ormai i medici nei pronto soccorso vengono presi in affitto tra i neo laureati. Dove sei praticamente costretto a togliere un neo da un dermatologo privato anche a 500 euro perchè la prima visita al San Giovanni di Dio, se va bene, te la regala a dicembre Babbo Natale. Colpisce l’indifferenza dei medici che dovrebbero ribellarsi ai turni massacranti, dei primari che alzano spesso le spalle, dei dirigenti e dei politici che continuano a effettuare tagli. ECCO LE STORIE, RACCONTATECI LE VOSTRE AL 3807476085. DA QUANDO ASPETTATE UNA VISITA PUBBLICA?

La sanità sarda è come un inferno a ostacoli, dove ormai i medici nei pronto soccorso vengono presi in affitto tra i neo laureati, non specializzati. Dove sei praticamente costretto a togliere un neo da un dermatologo privato anche a 502 euro perchè la prima visita al San Giovanni di Dio, se va bene, te la regala a dicembre Babbo Natale. Colpisce l’indifferenza dei medici che dovrebbero ribellarsi ai turni massacranti, dei primari che alzano spesso le spalle, dei dirigenti e dei politici che continuano a effettuare tagli su un sistema più malato dei pazienti costretti ad attendere circa 9 mesi per una visita. E “costretti” soprattutto ad andare in privato magari per essere curati dallo stesso medico ma nel suo studio, tra i 50 e i 150 euro, e molti non hanno i soldi nemmeno per comprarsi i farmaci, ma le visite le devono pagare. Poi ci sono i tanti, vitali controlli bloccati, diabetici o malati di tiroide, cardiopatici con controlli negati e rimandati anche adesso che sono state eliminate tutte le restrizioni di un Covid al capolinea.

Poi c’è il “business” delle ecografie, delle radiografie: esami essenziali per fare una diagnosi e che ormai vengono prescritti quasi sempre anche dai medici di base, e anche qui l’iter è lo stesso. “Ha un dolore al costato? Facciamo subito l’ecografia”, come fosse un mantra. Ti fa male un ginocchio? Ecografia e risonanza magnetica, escludiamo subito il menisco o la rottura dei legamenti. Se provi a prenotare però un test in un laboratorio, devi aspettare spesso anche due mesi,  tra i dolori, impegnativa alla mano. Ma se dici che la fai a pagamento, al costo di 150 euro per una eco all’addome, i tempi si accorciano talvolta anche a pochissimi giorni. E’ il sistema della sanità sarda a vivere anche di piccoli trucchi, di soldi dei pazienti che pagano le tasse spesi lecitamente per la giusta divulgazione in convegni o campagne informative e pubblicitarie a senso unico, ma che sicuramente servirebbero di più per potenziare organici ospedalieri ridotti all’osso, o reparti dove i pazienti vengono sbattuti nei corridoi, o per dare più sicurezza i ospedali dove tanti malati sono stati contagiati dal virus anche andando a banali controlli di routine. E si sa che ci sono politici che si sono spesso vantati di avere il potere di influenzare tante decisioni, e personale sanitario che deve abbassare la testa.

Andatelo a chiedere per esempio a Carlo Melis, 63enne di Assemini. Che ha ascoltato ciò che gli avevano detto i medici del Brotzu, ma ha deciso anche di fare un tentativo all’Humanitas di Rozzano, in Lombardia. Risultato? “Un semplice intervento, problema risolto e non devo portare nessun catetere fisso”. Sembra un racconto di fantascienza, invece Melis conferma che è, purtroppo, tutto vero. Una diagnosi, per di più fatta a pagamento, sennò chissà tra quando sarebbe potuto essere visitato, che è stata smentita da altri medici: “Avevo un problema urologico, ho fatto una visita a pagamento, duecento euro. Al Brotzu i medici mi hanno fatto la diagnosi, proponendomi di portare un catetere fisso”. Che è fastidioso e, in parte, invalidante a qualunque età, figurarsi a poco più di sessant’anni. Melis, però, non si è fidato. E, alla fine, ha fatto bene: “Ho preso un aereo e sono andato in Lombardia, all’Humanitas di Rozzano. Lì è bastato un semplice intervento per risolvere il problema. E non ho nessun catetere, ora tutto è perfetto”, racconta, soddisfatto ma comunque ancora incredulo per quanto ha vissuto un anno fa.

Oppure andatelo a spiegare ad Antonio Abis, 75enne di Cagliari, tra la primissima visita al San Giovanni di Dio (ospedale smembrato in nome dello spostamento dei reparti dal cuore della città al Policlinico di Monserrato) e la biopsia post intervento chirurgico, poco sopra l’orecchio destro, è passato quasi un anno. “Dovevano vedere se c’erano cellule tumorali. Per la prima visita, solo per la prima, sono passati tre mesi, poi c’è stata quella di controllo e, dopo, quella che ha portato all’appuntamento per l’intervento. Da settembre a fine marzo, sono passato per il Cup e non ho pensato a rivolgermi ad un privato”, spiega. E ciò che, invece, non è riuscito a farsi spiegare Abis, è il perchè delle lunghe attese, ma un’idea se l’è fatta: “Sono stato molto preoccupato, chi non lo sarebbe quando si sente parlare di un tumore maligno? Ormai si sa che la sanità viaggia con mesi di ritardi, la situazione è questa. Dicono che quella italiana sia la migliore che esiste, figuriamoci allora dove lascia a desiderare. È tutto indescrivibile, difficile parlarne. Un giorno ti visita un medico, un altro giorno un altro. Non è come andare dal privato. Saranno bravi e accurati, prenderanno mille precauzioni ma il tempo passa, soprattutto in una clinica universitaria dove ci sono anche giovani che devono fare esperienza. Va bene tutto, ma non si possono tenere i pazienti al passo con i loro tempi”.

E, a proposito di tempi, Fernando Matta di Villasor si ricorda tutte le date a memoria: “Sono stato operato per un cancro maligno all’orecchio destro, ho ecchimosi sulla testa. Il prossimo appuntamento sarà a settembre, prima dovrà passare tutta l’estate. Sono 3 anni che vengo qui, tre volte all’anno. Prima mi hanno sottoposto alla terapia fotodinamica, ora hanno cambiato. Il nuovo appuntamento mi è stato fissato dopo un mese e mezzo, la mia sarà un’estate di preoccupazione”, ammette, “perchè non so cosa dovrò mettermi. Mi hanno dato una crema e una terapia che dovrà essere abbastanza forte. Le attese sono lunghe anche qui, al San Giovanni di Dio”. E l’uomo, i mesi scorsi, ha avuto intenzione di rivolgersi in qualche altro ospedale, o anche aprire il portafoglio e pagare un medico privato.
Se preferite invece potete chiedere il parere di Marco Di Palma, ex camionista di Buggerru. Per decenni ha guidato, per portare il pane a casa. Un lavoro usurante, come tanti altri, soprattutto per la schiena. Gli arrivi dei primi dolori, poi la scoperta delle ernie e la necessità di fare visite e controlli. Gratis, cioè negli ospedali? “Cinque o sei mesi di attesa”. E allora, anche lui ha aperto il portafoglio per andare dal privato: “Nonostante un infortunio che mi ha portato ad avere una piccola percentuale di invalidità”, spiega, a margine della video intervista, l’uomo. Che snocciola numeri su numeri: “Ecografia pagata 45 euro, la risonanza duecento e la visita dall’ortopedico altri cento euro. Avevo un’urgenza, è sempre meglio sapere subito quando c’è qualcosa, nel mio caso problemi alla schiena”. E, anche se l’attesa non avrebbe portato a grossi stravolgimenti, perchè “le ernie ci sono”, il fatto di dover pagare per conoscere in tempi rapidi le sue condizioni di salute l’ha lasciato amareggiato: “Sapevo che c’erano tempi lunghi, si sa che per certe visite è così. Purtroppo, così funziona la sanità, con i tagli che hanno fatto”.
E ancora abbiamo intervistato Alessandro Canepa, cagliaritano, è tranquillo e spera che i medici possano fornire alla sua compagna la terapia giusta per non peggiorare. Ma la tranquillità è dovuta, principalmente, ad un particolare: “Visita fissata in una settimana. Siamo stati da un medico e abbiamo pagato 150 euro”. Soldi versati subito, dopo aver saputo che c’era uno spazio libero ad una data accettabile. “In privato, naturalmente. A pagamento tutto si fa subito. Non so nemmeno quanto avrei dovuto attendere, senza pagare. Si tratta di una visita urgente”. E, se l’urgenza è riconosciuta dal medico di famiglia, i tempi si accorciano nettamente. O, almeno, dovrebbe essere così. “Ho visto un servizio di Casteddu Online sulle lunghe attese e ho deciso di non fare nessun tentativo. Sono scoraggiato”, ammette l’uomo, “la sanità a Cagliari funziona ma ho dovuto pagare per risolvere tutto prima e quasi subito”. Funziona così: se paghi, vieni curato in fretta. Se sei povero, se sei tra gli ultimi e non hai amici che possano provare a farti ottenere quel che ti spetta, ti tieni dolori e malattie. Incrociando le dita, perchè il numero delle morti per malori improvvisi in Sardegna è in netto aumento, come dimostrano gli episodi di cronaca di queste settimane. Raccontateci le vostre storie, le vostre esperienze al 3807476085: Casteddu Online è un giornale libero, e a parlare sono sempre i cittadini. Le storie le racconteremo tutte, sino a quando il diritto a curarsi non sarà più veloce solo per i ricchi, mentre qualcuno in questo inferno sanità ci guadagna profumatamente. 

 


In questo articolo: