di Sara Panarelli
Comunque vada e comunque la si voglia vedere, il Pd ne esce a pezzi. Certo ha evitato la conta che l’avrebbe frantumato e disintegrato, ma nella sostanza poco cambia: perché a Oristano, in quel clima da guerra fredda che si respirava nella sede di via Canepa, sono esplosi violenti e soprattutto insanabili alla faccia della nuova era Renzi, i conflitti interni di un partito che, da sempre, è bravissimo a farsi del male da solo. L’operazione Barracciu era nell’aria da tempo, e non è un mistero per nessuno che già prima delle primarie la sua candidatura veniva vissuta da molti con fastidio: ma i modi e i tempi del siluramento sono stati tutti sbagliati. Serviva più coraggio e serviva più chiarezza. Adesso il Pd sardo, dopo aver dato dimostrazione di quanto è spaccato al suo interno e di quanto è poco autonomo visto che da subito ha invocato il soccorso romano, come farà a spiegare ai 52mila elettori e passa delle primarie del 29 settembre che per tre mesi c’è stata una candidata che ora non è più candidata e che ora si dovrà scegliere un altro nome nel giro di poche ore e, soprattutto, nelle solite stanze del potere? Certo argomenti ne ha, il Pd, perché affrontare una campagna elettorale con un candidato presidente indagato per peculato è roba da maciullarsi da soli: ma deve saperli usare, quegli argomenti, meglio di quanto abbia fatto in questi mesi impantanandosi in una vicenda a tratti surreale. E non è finita, perché nelle prossime ore sarà una caccia alle streghe e un rincorrersi di accuse: ha cominciato la stessa Barracciu, imputando a Renato Soru e Antonello Cabras la colpa di aver spaccato il partito. Il problema di sempre del Pd, come insegna Crozza: riuscire sempre e comunque a trovare la via dell’autolesionismo che porta dritti a perdere elezioni già vinte. Il totonomi intanto impazza: da Arturo Parisi a Giovanni Monni passando, anzi ripassando per l’ex assessore regionale Francesco Pigliaru, per il segretario nazionale della Fnsi Franco Siddi e per l’ex assessore Franco Mannoni, mentre pare tramontato il tandem accademico Melis-Mastino. Poi c’è chi giura che il Pd stia cercando un’altra candidata donna: ma c’è da scommettere che non riuscirà a trovarla.