Il dramma di Erik: muore un clochard a Cagliari sull’asse mediano

Il dramma della solitudine che si trasforma in tragedia: un’auto sfreccia a tutta velocità, il barbone si spaventa e cade sul ponte dell’asse mediano. Il racconto della guardia giurata che lo ha soccorso: sono sconvolto, non dimenticherò mai la sua umanità


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La triste storia di Erik, il dramma della solitudine che si trasforma in tragedia. Un’auto sfreccia a tutta velocità spaventando un barbone che camminava sul ciglio della strada, l’uomo inciampa e dopo aver battuto violentemente la testa muore per emorragia interna, al Brotzu. È successo sotto il ponte dell’asse mediano, all’ingresso di Pirri, dimora da anni del barbone morto. Il soccorritore del clochard racconta in lacrime la storia che gli ha cambiato la vita.

“Intorno alle 22.30 – racconta Matteo Cossu, guardia giurata di Uta – mentre passavo con la mia auto sotto il ponte, ho visto questo barbone che stava camminando nel bordo della strada. Ad un tratto è passato un Suv a tutta velocità che l’ha sfiorato spaventandolo talmente tanto che è inciampato battendo la testa a terra. Sono sceso subito dalla mia auto per soccorrerlo con un kit di pronto soccorso che porto sempre con me, ho fasciato le ferite ma mi sono reso conto che la situazione era complicata. Così ho deciso di portarlo in ospedale. Mentre eravamo al pronto soccorso sono rimasto con lui mentre era disteso nella barella: mi guardava con gli occhi pieni di lacrime e mi parlava in una lingua per me incomprensibile. Poi l’infermiera mi ha tradotto tutto: ‘tu hai gli occhi di mio figlio – diceva – sei il mio angelo, non ho nulla da darti e tu hai la mia vita tra le tue mani figlio mio’. Parole che mi hanno commosso ma reso felice allo stesso tempo. Dopo le rassicurazioni dei medici sono tornato a casa, avvisando che sarei tornato l’indomani per andare a trovare quel pover’uomo di cui non conoscevo neanche il nome. E così ho fatto. Il giorno dopo, mentre salivo le scale per arrivare nel reparto dov’era stato ricoverato, ho incontrato la stessa infermiera della notte prima che mi corse incontro e in lacrime mi disse che il barbone era morto. L’emorragia interna, unita a un’infezione ai polmoni di cui soffriva da tempo, era stata fatale. Dalla tasca ha tirato fuori un piccolo foglio dove il barbone scrisse due parole per me: ‘Sei il mio angelo, la mia speranza di vita, mi hai dato la gioia più grande. Ora sono felice con me stesso, posso volare nella mia terra dove abbraccerò i miei cari. Grazie, Erik’. Ero sconvolto e ho pianto tantissimo. Non sapevo nulla di lui, neanche il suo nome fino a quel momento. Di una cosa però sono certo: nella vita a volte capitano cose che ti lasciano il segno. Spero che ora quell’angelo lassù possa riposare in pace e stia bene con i suoi cari per sempre”.


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