Il 2 gennaio scorso ci lasciava Mario Biggio, in arte Ziu Lilliccu dei Banda Beni

Il ricordo nelle parole dei familiari e degli amici più cari


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di Marco Biggio

Il 2 gennaio scorso a fine serata, mio padre, in arte Ziu Lilliccu, è partito per un concerto molto importante e per il quale si stava preparando da tempo. Il giorno di Natale, sembra un caso ma non lo è affatto, i Banda Beni e la Strega Records avevano pubblicato l’ultimo singolo Grazias a Deus. Alla luce di quanto stava vivendo nelle ultime settimane, mio padre mi scrisse: “Quando arriva l’ultima strofa… dove dico “ma è proprio Dio che voglio ascoltare anche se sto dormendo!” mi scendono puntualmente le lacrime… ma anche di gioia, perché quel sonno potrebbe essere quello eterno e io mi auguro davvero con tutto il cuore di poterLo ascoltare”.

Mi piace ricordarlo con le parole dei suoi amici più cari e compagni di tante avventure:

Potrei raccontare tante cose vissute con Mario quando i Banda Beni imperversavano in Sardegna. Al momento il mio ricordo è però agli ultimi mesi della sua vita. Ogni tanto andavo a trovarlo a casa e immancabilmente mi offriva  lo “Zibibbo”  che sapeva mi piaceva molto. Era bello parlare con lui di musica e nuove canzoni che stava scrivendo. Era bello e commovente per me, che sapevo quanto stava male, sentire in lui l’entusiasmo per la musica che pensava di avere il tempo di realizzare (Marcello Mazzella, La Strega Records).

Il 2020, oltre alla pandemia, ci ha portato anche via tante persone importanti nel campo artistico. Di Mario vorrei ricordare, in particolare, l’incrollabile senso dell’umorismo che ha sempre dimostrato anche in circostanze difficili, unito ad una Fede profonda (Carlo Vespa, Banda Beni).

Non ha fatto in tempo a conoscere il Covid-19… ed è stata una fortuna (per il Covid) perché neanche lui sarebbe stato risparmiato dalla sua vena satirica con una canzone (Efisio Chessa, Banda Beni).

Ogni tanto mi ritorna in mente una fotografia del 1971: Mario seduto sullo sgabello della batteria, Carlo e Filippo su una cassa, io col basso Framus senza custodia in mano. Ma siamo dentro il cassone di un furgone al ritorno da una serata! Mario intona Non potho reposare e noi subito dietro “a boxis”(Filippo Vespa, Banda Beni).

Potrei raccontare delle interminabili sedute di registrazione in cui Mario spronava tutti con battute ed invenzioni per realizzare un progetto musicale che aveva ben chiaro in testa. Potrei ricordare dei backstage gustosissimi prima degli spettacoli in cui Mario, pardon, Ziu Lilliccu, metteva in moto le corde vocali (lui diceva per scaldarsi la voce) sfoderando il repertorio dei Beatles & Beach Boys, affiancato dalle voci & chitarre di Carlo & Filippo: si trattava veramente di un mini spettacolo con gli organizzatori raggruppati in un angolo della stanza ad ascoltare senza fiatare… (Giorgio Ghiglieri, fonico Banda Beni).

Mario era un talento artistico unico: riusciva a inventate una canzone o uno sketch in mezz’ora. Per me era un amico. Auguro a tutti di poter contare su un’amicizia come la sua, semplicemente irripetibile (Paolo Porcella, amico).

Musicista, cabarettista, autore di testi… ma prima di tutto padre di famiglia:

Da bambini mio padre ci ha sempre “protetti” dal fatto di essere così conosciuto in Sardegna, tanto che in casa si parlava pochissimo della sua attività con i Banda Beni.

Ricordo che prima degli spettacoli vedevo in strada i manifesti con i loro visi, ma lui ce la faceva vivere come una cosa normalissima, tanto che io mi ero convinta che in tutte le famiglie potesse esserci qualcuno che cantava e suonava! Ho bellissimi ricordi di loro quattro agli spettacoli, la gente era felice e divertita. Di Carlo, Filippo ed Efisio ha sempre detto che non avrebbe potuto desiderare compagni migliori.

La musica è stata sempre fondamentale per lui, da quando era ragazzino. Ma ovviamente per noi e con noi, lui è stato prima di tutto un babbo (Elisabetta Biggio, figlia).

Quando mi chiedeva “Cosa sei tu di babbo?”, io dovevo rispondere “la cuccioletta”. Sono la più piccola della famiglia, cosa che mi ha impedito di conoscere lo stesso Mario che hanno in tanti conosciuto in gioventù. Non l’ho mai visto suonare dal vivo, ma sono ugualmente stata cresciuta a pane e Beatles e ho conosciuto il suo umorismo sferzante e provocatore. Tra i tanti ricordi che ho di babbo (guai a chiamarlo papà, mi diceva “siamo sardi, mica francesi!”), ce n’è uno in particolare che in quest’anno è tornato più volte alla mia mente ed è la serietà con cui prendeva il giocare con me. Non avevamo tanto tempo per giocare assieme, ma quando capitava non avevo mai l’idea che gli pesasse farlo, anzi, sentivo che per lui era una questione importante: potevamo passare delle ore a giocare a scacchi senza scacchiera, lui era sempre concentratissimo e non si perdeva una mossa (Giulia Biggio, figlia).

Mio padre non era soltanto ma è! E vi posso assicurare che continua ad essere quell’artista che abbiamo conosciuto ma lo fa con un amore immenso e una creatività che, seppur rinnovata, resta sempre tutta sua. La sera del 2 gennaio scorso mi ha aperto una finestra sul Cielo. Prima ci credevo per fede, ora ci credo perché ne ho fatto esperienza. Grazie babbo!

“Sa vida è bella,

è sempri prus bella,

fentana oberta da lassada intrai…” (Mario Biggio).


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