“Idomeni non c’è più. E’ la prima notizia che ci arriva quando sbarchiamo a Salonicco”. Inizia così il racconto di Francesca Giraldi, la volontaria cagliaritana che lo scorso 17 giugno è partita insieme a venti volontari, per una missione umanitaria con l’associaizone Times4life, per portare aiuto ai bambini nel più grande campo profughi della Grecia. O, peggio, di quello che rimane dopo l’ultimo sgombero. Chiuse le frontiere migliaia di persone provenienti da Afghanistan, Kurdistan e Siria sono rimaste intrappolate qui, costrette a vivere in condizioni disumane. Si contano almeno 50mila profughi bloccati in Grecia e la strada per l’Europa sembra non arrivare mai.
“Non ci perdiamo d’animo, – prosegue Francesca nel racconto – Tommaso il nostro capomissione, che ha appena 26 anni, dopo un convulso scambio di informazioni con i volontari che si trovano nella zona non ha dubbi. Ci dirigiamo verso Nea Kavala, un campo dove abitano oltre 4000 persone sotto l’organizzazione dell’Unchr, l’alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Lungo la strada i resti di Eko Camp appena smantellato, un campo spontaneo nato intorno all’area di una stazione di servizio. Dopo 10 minuti siamo di fronte ai cancelli di Nea Kavala. All’ingresso due militari e due poliziotti senza armi osservano da dietro un banchetto il flusso delle persone che vanno e vengono: i campi sono aperti e le persone sono libere di andare e venire. Dopo un po’ di formalità riusciamo a entrare e un’orda incontrollata composta di centinaia di bambini ci assale e cicirconda al grido di my friend!, my friend! my friend! Tratteniamo le lacrime a fatica. E la sera trascorre insieme a loro: giochi, disegni, canzoni, abbracci.Molti di loro hanno un braccialetto bianco e rosso: sono curdi, yazidi in fuga da Sinjar, la città del Kurdistan iracheno assaltata quasi un anno fa.
Nei giorni a seguire vediamo altri campi e parliamo con altre persone: siriani, curdi, afghani. I campi cosiddetti “militari” non sono tutti uguali e alcuni sono poco accoglienti, dislocati in strutture industriali abbandonate e prive di servizio igienici. Ma i greci mostrano una grande umanità e spesso vedi i soldati scherzare e giocare con i bambini.
“Non vogliamo un’altra Idomeni”, questa la frase che Francesca e i volontari si sono sentiti ripetere spesso in Grecia. “Ma nessuno vuole un’altra Idomeni, questo è sicuro. – commenta. E i primi sono loro, i profughi delle decine di campi disseminate per la Grecia che desiderano andar via verso un’Europa capace se non di accoglierli almeno di non respingerli.”
I volontari dell’associazione Times4life con i bambini dei campi profughi