Fiona, 35 anni, di Senorbì: “Ho la fibromialgia, ho camminato 800 km col dolore per protestare: vi prego, riconoscete questa patologia”

Fiona Bettina Lonis ha 35 anni, è di Senorbì, il suo sorriso dolce fa trasparire la sofferenza: “Sono una ragazza fibromialgica”. Si definisce così, ed è tornata da poco dal suo viaggio di protesta: 800 km a piedi al cammino di Santiago “per dare voce al nostro dolore, per chiedere che la malattia sia riconosciuta e che in Sardegna apra un centro specializzato”.  Il suo è un racconto commovente


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Fiona Bettina Lonis ha 35 anni, è di Senorbì, il suo sorriso dolce fa trasparire la sofferenza: “Sono una ragazza fibromialgica”. Si definisce così, ed è tornata da poco dal suo viaggio di protesta: 800 km a piedi al cammino di Santiago “per dare voce al nostro dolore, per chiedere che la malattia sia riconosciuta e che in Sardegna apra un centro specializzato”.  Il suo è un racconto commovente: “Non so se avete mai sentito parlare di questa patologia, immagino di si. Purtroppo al momento non è riconosciuta e siamo come “abbandonati a noi stessi”. Noi abbiamo bisogno di un centro con psicoterapeuti, reumatologia, palestre, attività in acqua, abbiamo bisogno di essere seguite a 360 gradi per avete una vita più dignitosa, invece viviamo ai margini della società”.

Da qui la scelta di Fiona, un viaggio di speranza e di protesta per sensibilizzare anche l”opinione pubblica: “Come segno di protesta accompagnata da una grande fede che mi ha permesso di arrivare al traguardo ho deciso di intraprendere il cammino di Santiago percorrendo 800km a piedi per dare voce al nostro dolore- racconta la ragazza di Senorbì- le difficoltà di questa impresa ve le risparmio. vorrei che i miei sforzi nel percorrere questo cammino non fossero vani, vorrei muovere le coscienze di chi può realmente fare qualcosa di concreto per noi. La nostra patologia non è riconosciuta e  abbiamo bisogno di un centro che ci segua a 360 gradi, non possiamo passare una vita sbattendoci da una parte all’altra. Premetto che quando ho fatto il biglietto per partire ero allettata ma avevo la speranza di riuscire a trovare il modo per partire, successivamente ho trovato una cura che mi ha permesso di partire dandomi gli effetti collaterali proprio li sul cammino”.

Fiona è una donna forte, che ha un lavoro che ha costruito con tanti anni di studi: “Io ho 35 anni, ho finito il praticantato commercialistico a settembre ed essendo un praticantato gratuito potevo mancare quando non mi sentivo bene. Insegnavo in una scuola privata e sono catechista, attualmente queste due attività sono sospese perché non mi sento bene. Purtroppo va così per noi, facciamo le cose stringendo i denti ma quando stiamo malissimo non ci rimane che rinunciare agli impegni presi. L’anno scorso facevo anche un stage di appalti pubblici…Il problema è che non abbiamo grandi tutele non essendo una malattia riconosciuta e molte persone nella mia condizione sono costrette a lasciare il posto di lavoro. Ci dovrebbe essere una maggiore sensibilizzazione e conoscenza della patologie e delle difficoltà connesse permettendoci di avere un lavoro flessibile perché non abbiamo continue ricadute ed anche quando stiamo meglio abbiamo grandi difficoltà”.

La storia di Fiona diventa un simbolo perché è la storia di tante altre donne italiane, che nonostante tutto hanno il coraggio e la forza di non arrendersi. Chiedono solo un proprio diritto, essere curate e seguite: “Questa malattia porta tantissimi disturbi. Siamo impossibilitate a mantenere gli impegni, dovremo avere un sostegno economico perché si tratta di una malattia invalidante, estremamente invalidante. Noi vogliamo lavorare, vorremmo fare tante cose ma non possiamo, sarebbe opportuno creare una condizione lavorativa flessibile per i momenti in cui stiamo meglio… Abbiamo molti disturbi sia a livello fisico che psicologico dovuto al continuo dolore cronico, abbiamo bisogno di un centro dove essere seguite in toto. Il mio sogno era quello di fare il curatore fallimentare, per questo ho conseguito la laurea specialistica in economia manageriale ma per il momento ho dovuto abbandonare l’idea non potendo piu contare sulle mie forze ed avendo altre priorità quali la mia salute. Non essendo una malattia riconosciuta le spese sono tutte a nostro carico, e parliamo di tante spese…”. Ora la speranza è che l’appello di Fiona e di tante altre donne venga finalmente raccolto.

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