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Il problema dei danni da fauna si è proposto con forza in questi ultimi anni a livello globale per gli interessi economici e sociali che esso comporta, con lo sviluppo di azioni e ricerca di comportamenti che fossero capaci di arginarne le conseguenze.
Il concetto e la definizione di “Fauna Problematica” ha subito così una veloce evoluzione tanto che problematiche non sono più solo quelle specie che la stessa legge nazionale 157/92 e la legge della Regione Autonoma della Sardegna 23/1998 escludevano dal suo ambito di applicazione, ma ogni specie che in qualche modo confligga, per motivi non dipendenti da essa, con le attività produttive del settore agricolo-forestale, zootecnico ed ittico, con le industrie di trasformazione dei prodotti alimentari, con il traffico veicolare, oltre a quei casi specificatamente menzionati dal 2° comma dell’art. 19 della legge 157/92 prima ricordata. Se il vecchio termine di “nocivo” era stato cancellato dal principio di una protezione complessiva della Fauna omeoterma (uccelli e mammiferi), esso, sotto mentite spoglie, è ricomparso con confini indeterminati ed in ogni caso ben più ampi di quanto un tempo accadesse.
Le profonde trasformazioni fondiarie che hanno interessato il nostro territorio nel corso dei secoli hanno profondamente interferito con il paesaggio, la disponibilità e l’estensione di habitat naturali e di conseguenza con i popolamenti animali, minandone sia la specificità che le consistenze. Troppo lungo e soprattutto poco utile ripercorrerne la storia, ma tutto ciò rimane un incontrovertibile dato di fatto: l’uomo, alla ricerca di spazi produttivi, ha sconvolto equilibri ecologici e di conseguenza floro-faunistici che hanno innescato rapporti di coevoluzione tra specie nuovi e non certamente naturali. Questi hanno finito per favorire alcune specie a detrimento di altre, specialmente per quanto riguarda la consistenza delle relative popolazioni.
A questo si sono poi aggiunti gli eventi di introduzione di specie alloctone e di transfaunazione, fattori che hanno contribuito a modificare sia il paesaggio, per quanto riguarda le specie vegetali, che gli assetti faunistici, certamente influenzati anche dalle attività venatorie. Oggi non è più possibile disconoscere che tutta una serie di specie, spesso sviluppatesi a dismisura per ragioni diverse, sono in grado di infliggere danni rilevanti alle attività produttive agro-alimentari e zootecniche, e nello stesso tempo determinare profonde disimmetrie nella composizione delle comunità animali con riflessi ecologici estesi in termini di biodiversità animale e vegetale. Tutto questo apre un contesto di notevole complessità in quanto, accanto ai danni diretti e quantificabili 1 La transfaunazione, ecologicamente parlando, è l’introduzione di specie provenienti da distretti biogeografici diversi che fanno parte dello stesso stato. Al contrario, se le specie introdotte provengono da altri stati si parla di introduzione di specie alloctone. Un esempio di transfaunazione avvenuto in Sardegna è l’introduzione ripetuta della Trota fario (Salmo trutta fario) proveniente dalle acque dolci correnti della regione appenninica, che ha portato quasi all’estinzione la Trota sarda (Salmo cettii).
Alle produzioni agricole, bisogna assolutamente tenere in conto i riflessi ecologici generali e dunque le perturbazioni ambientali conseguenti. Ciò che preoccupa è che l’elenco delle specie problematiche si infittisce sempre più e specie solo ieri di interesse esclusivamente conservazionistico compaiono oggi nell’elenco dei nuovi nocivi. Addirittura specie su cui si sono investite risorse economiche notevoli perché minacciate, vedono adesso richieste per un loro controllo numerico. Se il caso del lupo è divenuto a tal proposito paradigmatico, la Sardegna non è avara di esempi che coinvolgono specie fino ad ieri insospettabili (Cervo sardo, Fenicottero) che accanto ad altre ormai note da tempo (Cormorano, Cinghiale, Piccione, Storno) compongono un quadro preoccupante per i risvolti sia faunistici sia economici che comportano. Proprio per tali risvolti, la necessità di individuare le cause che hanno portato a tali situazioni di sofferenza diviene della massima urgenza, cercando di capire, specie per specie, quali siano i fattori ecologici scatenanti (dalla perdita di habitat naturale agli incrementi popolazionistici recenti) e quali le facilitazioni che discendono da comportamenti gestionali errati o da pratiche colturali che non hanno tenuto in conto gli effetti che potevano innescare sulle popolazioni di specie divenute poi problematiche.
La fauna è materia di interesse plurimo che investe il mondo produttivo, venatorio ma anche protezionistico in modo difficilmente prescindibile. Le norme correnti tengono assolutamente conto di tali plurime esigenze ed interessi, rendendo necessario che i problemi faunistici siano esaminati nell’interesse sia produttivo che delle componenti animali coinvolte, con la partecipazione di tutti i portatori di interesse riuniti al medesimo tavolo di lavoro. Egualmente imprescindibile è l’intervento dei settori scientifici capaci di prospettare soluzioni eque e durature, sulla base di esperienze pregresse di riconosciuta efficacia e valore. Il tutto in un percorso che ricerchi innanzitutto la comprensione delle cause che hanno indotto i comportamenti problematici delle varie specie, come chiave per arrivare a soluzioni che non configgano con gli interessi produttivi. Certamente riconosciamo come prioritaria le necessità di salvaguardare specie che spesso rivestono ruoli ecologici ed interessi conservazionistici stringenti, ma egualmente non disconosciamo le esigenze degli altri portatori di interesse, così come il diritto ad adeguati risarcimenti compensativi a tutti coloro che si siano adeguati alle indicazioni gestionali suggerite dal tavolo di lavoro e da esso ritenute condivise. E’ in questa ottica e con questo spirito che le Associazioni firmatarie, di concerto con le associazioni di categoria, propongono l’istituzione di un tavolo di lavoro dedicato alla ricerca di piani e percorsi condivisi che si risolvano in azioni concrete per la soluzione dei diversi problemi di danno da fauna alle produzioni agro-zootecniche ed alla filiera di trasformazione. Il percorso che si prospetta dovrà necessariamente prendere atto delle situazioni generali e particolari delle interazioni specie-produzioni e dei danni conseguenti, appurandone la causalità e proponendo le soluzioni di prevenzione sia passive che attive per la limitazione dei danni. Conseguentemente a quanto sopra espresso, ciò che vorremmo proporre è frutto di un approccio ecologico al problema del danno in agricoltura, partendo dalla necessità di operare anche e sopratutto un ripristino ambientale delle aree interessate. Accanto ad interventi diretti sulle popolazioni problematiche, vorremmo anche proporre uno sforzo di riequilibrio ambientale che vada nella direzione di limitare le cause di danno stesso.
Proponiamo quindi un percorso che prenda in considerazione le problematiche relative all’Oristanese. FENICOTTERO piano delle acque relativamente ai punti di presa e restituzione delle stesse e di conseguenza ai riflessi che i reflui possono causare al sistema degli stagni; analisi delle acque per comprendere quali sono i carichi in sostanze potenzialmente deleterie all’ambiente e valutare di conseguenza la possibilità di abbattimenti (fitodepurazione); carico di fenicotteri presenti da monitorare, particella per particella, a cura del proprietario o conduttore dei fondi con la collaborazione delle associazioni di volontariato per quanto riguarda i possibili metodi di conteggio. Anche attraverso corsi di formazione.
Collaborazioni: ARPAS; Consorzio di Bonifica; Corpo Forestale; Forestas.
PICCIONE mappatura delle fonti alimentari di origine antropica e possibilità della loro limitazione/eradicazione. La mappatura verrà realizzata dagli allevatori e/o proprietari dei fondi; possibilità di applicare metodologie di difesa passiva ed esclusione sia ai luoghi di foraggiamento o nidificazione. Tutto questo nella necessità prioritaria di controllare il numero di “piccioni torraioli” (piccioni di derivazione domestica) presenti nell’ambiente per limitare le possibilità di inquinamento genetico delle residue popolazioni di piccione selvatico.
Collaborazioni: Comuni interessati; Corpo Forestale; Forestas.
CORMORANO Come risulta dai documenti regionali non appare chiaro al momento se il presunto decremento della produttività sia dovuto alla presenza dei cormorani, alla cattiva gestione degli stagni o alle condizioni ambientali degli stessi. Stante tale situazione di incertezza, la LIPU ha stilato un documento che cerca di mettere in luce le differenti causalità legate al problema, documento a cui facciamo riferimento riconoscendolo come un approccio congruo e fattivo per avviare azioni concrete.
Collaborazioni: Università di Cagliari; Consorzio di Bonifica; ARPAS; Corpo Forestale.
CORNACCHIA istituzione di un’anagrafe dei danni, da parte delle amministrazioni deputate, su denuncia degli agricoltori al fine di monitorare le colture interessate dai danni; monitoraggio delle condizioni ambientali in cui i danni si verificano; ripristino e arricchimento ambientale che determini un incremento di biodiversità e, in prospettiva, un’inversione di tendenza nella presenza delle cornacchie; sperimentazione di sistemi di dissuasione ottici e sonori.
Collaborazioni: Corpo Forestale; Forestas.
Anna Lacci, Presidente EARTH GARDENERS
Gabriele Pinna, Portavoce LIPU
Simona Serusi, WWF Oristano