“Editto delle chiudende”, oltre 500 firmano la petizione online

In pochi giorni sono oltre 500 i firmatari della petizione contro il nuovo “editto delle chiudende” promossa dal Gruppo di Intervento Giuridico per la difesa delle terre civiche. Ecco cosa scrivono  i sardi: “Il solito furto delle nostre terre”, “Evitiamo che le terre della collettività vengano svendute da politici miopi, sordi e incompetenti”.


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Oltre 500 firmatari in pochi giorni hanno sottoscritto la Petizione contro il nuovo Editto delle Chiudende promossa dal Gruppo d’Intervento Giuridico onlus per la difesa delle terre civiche in Sardegna.
 

“Ritengo che privare la Sardegna di questa particolarissima forma comune d’uso del territorio – scrive Lidia Catanda- – che se reinterpretata in chiave contemporanea potrebbe offrire strumenti importanti, per gestire collettivamente beni ambientali preziosi, fondamentali per ripensare ad una nuova scala la nostra stessa dimensione urbana – sia un gesto miope e poco attento al futuro di questa Terra” .

I sardi dovrebbero rendersi conto che le terre cosiddette civiche sono in realtà una proprietà collettiva che appartiene a tutti e che tutti dovrebbero sentire la responsabilità e l’orgoglio di governare” (Mario Cubeddu). 

“Doveroso partecipare per tutelare il patrimonio demaniale e contrastare le occupazioni abusive” (Giovanni Devias).

 “il solito furto di terre, è un condono illegittimo, le terre ad uso civico abusate devono tornare al demanio o sostituite con altre e sanzionati i responsabili!” (Mario Cabiddu).

 “Questa Giunta e’ stata votata da tanti perche’ difendesse l’interesse pubblico, e non perche’ favorisse le speculazioni dei privati” (Marco Siddi).

 “Evitiamo che le terre della collettività vengano svendute da politici miopi, sordi e incompetenti” (Cornelio Mesina).

 “Contro la privatizzazione della “modernità” difendiamo i beni collettivi degli usi civici. Essi sono stati le risorse di tutti e tutte per secoli, devono tornare ad esserlo senza che l’onda individualista della attuale crisi concentri il patrimonio in oche mani. Contro la divisione sociale, ripartiamo dalle comunitá e dalle risorse condivise” (Luca Liverani).

 “Le terre collettive sono patrimonio di tutti. Questa proposta va solo l’interesse di pochi furbi che hanno occupato abusivamente o che hanno interesse ad appropriarsi di terre d’uso civico. Basti con gli abusi proteggiamo la Sardegna” (Andrea Romano).

 “Sarebbe il caso di indagare seriamente su chi sia il vero ‘sponsor’ di questa nuova edizione della legge delle chiudende che, sicuramente, non porterà niente di buono alla Sardegna”. (Francesco Cubeddu).

Questo è quel che pensano i cittadini sull’operazione di sdemanializzazione delle terre a uso civico sarde. “Come noto, infatti, ormai sta procedendo da tempo la pesante offensiva istituzionale dei vertici della Regione autonoma della Sardegna contro le terre a uso civico:sdemanializzazionioccupazioni abusive ignorate, mancata dichiarazione pubblica di demani civici accertati sono le principali direttrici di attacco ai danni dei patrimoni collettivi di centinaia di centri piccoli e grandi dell’Isola” attacca il GrIG.

 “Un nuovo Editto delle Chiudende, come il provvedimento che nella prima metà dell’800 dette inizio alla privatizzazione dei grandi demani collettivi sardi”, si legge nel comunicato stampa inviato dall’associazione:  “Chi ci guadagna?  Riscontri elettorali, imprese industriali, piccoli e grandi abusi (forse anche di qualche amministratore pubblico), grandi imprese immobiliari (soprattutto lungo la costa orientale).  Chi ci perde?  Le tante collettività locali sparse in tutta la Sardegna (in tre quarti dei Comuni sono presenti terre a uso civico), a cui vengono sottratti coste, pascoli, boschi senza nulla in cambio.   Tutti noi per quanto concerne il valore ambientale dei demani civici. Nessuna trasparenza regola queste operazioni, per esempio l’ultima legge regionale n. 26/2016 che ha introdotto nuove forme di sdemanializzazione delle terre civiche è stata approvata in quattro e quattr’otto di notte, senza alcuna pubblicità né vergogna”.

 

 


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