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di Ivano Argiolas
Non è bastata la Chiesa di San Giorgio Martire di Villaputzu a contenere le centinaia di persone che ieri l’hanno affollata per dare l’ultimo saluto a Tzia Teresina, donna del Sarrabus di 85 anni, spirata dopo lunghe sofferenze.
Una vita, quella di Tzia Teresina, dedicata alla famiglia, tra campagna e animali. Suo figlio Don Gianni Cuboni, parroco di San Priamo e Ospedale San Marcellino di Muravera, alla fine della Messa celebrata dal Arcivescovo Arrigo Miglio, ha voluto ringraziarla un ultima volta per la sua vita di sacrifici interamente dedicata al marito Tziu Attilio, 94 anni portati con sarda fierezza. E ai figli, e la tremenda perdita di Mariano, scomparso all’improvviso a soli 30 anni.
Una storia, quella di Teresina e Attilio, che a raccontarla ci si potrebbe scrivere un libro.
Come le tante storie che non vengono mai raccontate, o ascoltate da chi invece scrive o legge imbarazzanti post su facebook, spesso inenarrabili maledizioni verso il prossimo, e che invece dovrebbero trovare la giusta collocazione nel tempo che dovremmo utilizzare per imparare come si vive davvero la vita che ci è stata donata.
Perché sono queste le cose da ricordare. Sono queste le vite che dobbiamo prendere ad esempio. Una persona anziana che ci lascia è un fatto normale, accettabile addirittura. Sopratutto per chi ha visto scivolare via giovanissime vite non può che ritenerlo un privilegio, una vera e propria fortuna. Infatti lo è.
Ma non facciamo che tutto questo ci sfugga. Non facciamo che la vita degli altri sia solo un diversivo della nostra. Le vite degli altri non sono pubblicità del film che stiamo vivendo. La vita e la morte degli altri ci deve interessare, e laddove ci siano vite straordinarie, di famosi o sconosciuti, noi che restiamo abbiamo il dovere di ricordarle, e se possibile capirne il grande significato.