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“La Regione ci ostacola in tutti i modi, facciamo solo il bene dei cittadini e di chi sta male”. Con queste parole il Direttivo Avis di Sardara, contesta le misure imposte dalla Regione Sardegna riguardo la messa a norma dei locali che ospitano le donazioni di sangue. Norme a loro dire esagerate, che comprometterebbero l’azione degli stessi volontari, e il conseguente allontanamento dei donatori, sempre più soggetti a controlli di ogni genere. “Siamo la Regione nella quale c’è maggior necessità di sangue, riusciamo a malapena a coprire il 60% circa del fabbisogno, facendo enormi salti mortali – confessa Mauro Atzori, presidente della sezione Avis Sardara – certe misure ci fanno pensare che tutto si voglia, tranne che i cittadini donino il sangue”.
L’SOS DI ARGIOLAS. È infatti di poche settimane fa il monito lanciato dal Presidente di Thalassazione Ivano Argiolas, preoccupato da un’emergenza sangue in Sardegna sempre più impellente, un allarme al quale però pare sempre più complicato porre rimedio. “Ci è stata inviata una circolare attraverso la quale venivano indicati una serie di punti con le contromisure e gli interventi da adottare per la messa a norma dei locali, nonostante qualche mese prima avessimo provveduto a rinnovare la stessa struttura con ingenti investimenti – continua Atzori – si va da ambienti destinati alla privacy, a costosi materiali per il rifacimento della pavimentazione e delle pareti, lavabo installato rigorosamente al muro e spazi a norma per i portatori di handicap, tutta una serie di interventi che ci costerebbero una fortuna, considerando le recenti manutenzioni, l’unica soluzione sarebbe quella di chiudere la sede?”. Parole che sanno quasi di resa, se non fosse che il giovanissimo presidente lotti con tutte le forze, affiancato da altri suoi ‘colleghi’ di numerose altre sezioni di tutta l’isola. Realtà magari con minori disponibilità economiche e con amministrazioni comunali impossibilitate a destinare fondi extra per la messa a norma dei locali, realtà che non per questo, risultano essere meno importanti di altre, anzi: “Nonostante le difficoltà e i continui bastoni tra le ruote, possiamo vantare il fatto di essere una delle sezioni più virtuose nell’isola, con 115 iscritti e 160 sacche di sangue raccolte all’anno, un’enormità se si considerano i disagi al quale vanno incontro i nostri donatori”.
TROPPE RESTRIZIONI. Già, perché da oltre un anno, la situazione nella quale versano numerose sezioni Avis in Sardegna, per via delle restrizioni imposte dalla Regione, ha costretto i direttivi a organizzare le giornate di raccolta in spazi di fortuna, con marciapiedi trasformati in sale di attesa e autoemoteche che non solo non prevedono un WC per i portatori di Handicap, ma che troppo spesso addirittura risulterebbe interdetto al pubblico: “Siamo al paradosso, puntano il dito contro le strutture per un lavabo non a norma, e poi ci obbligano alla raccolta per strada, costretti a far attendere i donatori al freddo o al troppo caldo e non potendo garantire neppure un servizio igienico adeguato, per non parlare dei pericoli per l’incolumità delle persone che ci celano nelle autoemoteche, a partire da una scaletta esterna che mette a dura prova anche il più atletico dei donatori”. E che dire infine delle limitazioni imposte alla potenziale platea di volontari, come dichiarato anche dal Direttore Sanitario del Brotzu, Vinicio Atzeni? “Siamo in difficoltà anche con il coinvolgimento dei donatori, sono state imposte tutta una serie di limitazioni che di fatto escludono un buon 30% di potenziali iscritti – ha concluso Atzori – noi ci impegniamo quotidianamente per sensibilizzare alla donazione, d’altra parte sembrerebbero voler vanificare in ogni modo il nostro prezioso lavoro, a questo punto ci chiediamo: si vuole realmente il bene e la salute dei cittadini, o si ragiona solo in termini burocratici anche quando di mezzo c’è il malessere delle persone?”.
Fabio Leo