Le luci di Natale già accese a Cagliari e nei paesini dell’hinterland? Sono quelle che, tra non molto, potrebbero tenere compagnia in modalità non stop a ex lavoratori e, addirittura, malati che stanno per perdere il tetto. A cinquant’anni, o giusto qualche anno in più, persi nel vortice della crisi o di aste purtroppo per loro andate a buon fine. Per altri, per chi è riuscito ad aggiudicarsi una casa al terzo del suo reale valore. Tutto legittimo, ma se da un lato c’è chi si frega le mani per aver fatto un buon affare, dall’altro c’è chi se le passa continuamente in testa, arrovellandosi il cervello per cercare soluzioni che, però, al momento non ci sono. Nel Cagliaritano è emergenza case, tra quelle popolari spesso inaccessibili e con le graduatorie bloccate. A Maracalagonis c’è Efisio Serra. Per tanti anni ha lavorato al porto, nella Cict che, nel 2019, ha trasferito tutto lontano dalla Sardegna: “E da quell’anno sono disoccupato. Prendo solo la cassa integrazione, 800 euro, stop, null’altro. E ho anche una compagna. A 51 anni nessuno mi assume”, racconta. E due giorni fa è arrivata la mazzata più grossa: “La mia casa, all’asta da 10 anni, è stata aggiudicata. Qualcuno l’ha comprata pagandola solo 49mila euro, parliamo di centoventi metri quadri. Sto aspettando che mi arrivi la notifica di sfratto, sarà il nuovo padrone a dovermela inviare”. Una semplice pratica, un foglio con poche righe che, però, è destinato a segnare l’esistenza di Serra e della sua compagna: “Non so dove andremo. Certo, con ottocento euro potrei andare alla ricerca di una nuova casa, ma senza un contratto non ho garanzie”. L’unica, economica, che scadrà nel 2025, è quella della cassa integrazione. Troppo poco, insomma.
E anche nel capoluogo sardo c’è chi soffre e si preoccupa: “Ormai non dormiamo più la notte, contiamo solo i giorni che ci separano dallo sfratto”. Meglio, “dalla fine dell’affitto”. Daniela Belfiori, 57 anni, e il suo compagno Maurizio Cara, di 53, non lavorano: “Io sono pensionata, ho un’invalidità. Anche Maurizio, insieme possiamo contare su circa ottocento euro al mese. Abbiamo fatto un lungo percorso, comune, di disintossicazione”, racconta la donna. “Abbiamo trascorso tanti anni in comunità, oggi siamo puliti, abbiamo solo questi problemi di salute. A gennaio non avremo più il tetto a Pirri. Per noi non c’è nessuna casa popolare, sto chiamando ogni giorno l’Erp del Comune per chiedere se ci sono novità. Ci sarebbero gli appartamenti di via Flumentepido, ma non sono ancora stati assegnati. Anzi, qualcuno ci è già entrato abusivamente”. Che futuro prevedono? “Non lo sappiamo. Dobbiamo capire, prima di tutto, se avremo davvero un futuro. Siamo disperati, alla nostra età e con le malattie che abbiamo non possiamo vivere in mezzo a una strada”.