Dimagrire mangiando il fritto, la dieta squisita: ecco come e quando è possibile

Molto spesso il sogno di chi segue un regime dimagrante e’ quello di poter mangiare ogni tanto un piatto fritto, magari una bella tempura di verdure, dei calamari o le classiche patatine fritte. Ecco come e quando è possibile


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Dimagrire con il fritto, Come e quando e’ possibile.

A cura di Raffaella Aschieri (Dietista Menutrix)

Molto spesso il sogno di chi segue un regime dimagrante e’ quello di poter mangiare ogni tanto un piatto fritto, magari una bella tempura di verdure, dei calamari o le classiche patatine fritte, senza inficiare il risultato della dieta che si sta seguendo e la salute nel complesso. E’ bene sapere che il fritto è stato rivalutato: bisogna infatti tener presente la risposta ormonale che un particolare alimento produce nel nostro corpo. Per questo è importante essere seguito da un esperto in nutrizione e alimentazione e anche ben Una ricerca pubblicata sul Journal of Medicinal Food (S.Farnetti et al, Food Fried in Extra-Virgin Olive Oil Improves Postprandial Insulin Response in Obese, Insulin-Resistant Women J Med Food 14 (1) 2011) dichiara che il carico glicemico dei cibi cotti in olio viene ridotto, ovverosia la loro capacità di rilasciare zuccheri nel sangue. Durante la friggitura delle patate si ha una formazione di amidi resistenti non assorbibili, per esempio, mentre mantecare la pasta in padella genera amidi parzialmente digeribili dagli enzimi digestivi (detti alfa-amilasi). Cuocere in olio bollente, quindi, va bene per qualsiasi alimento e, nel caso di ortaggi, cereali, e cibi proteici, sono anche migliorate le proprietà organolettiche.

Al contrario delle credenze comuni, i cibi fritti sarebbero addirittura più digeribili di altri in quanto disidratati nel processo di friggitura, rendendoli più facilmente aggredibili dai succhi gastrici. E c’è di più: le proprietà nutrizionali di un cibo fritto sono paragonabili a quando è crudo. Questo accade solo quando la temperatura dell’olio è mantenuta elevata e costante, grazie al quale si evita che l’olio penetri nell’alimento grazie all’immediata creazione di una barriera lipidica: la barriera evita la penetrazione del grasso nel cibo e, allo stesso tempo, ne preserva i nutrienti. La frittura, dunque, aiuta a conservare tutte le proprietà nutrienti dell’alimento che, con altri metodi di cottura, andrebbero perdute! Pero’ esistono delle regole imprescindibili per poter inserire questi piatti nella dieta: 1) la quantita’ intesa come porzione. 2) la tipologia dell’ olio che dovra’ sempre essere extra vergine d oliva Infatti la differenza tra questo olio e quello di semi (mais, girasole, arachidi, ecc) risiede nel fatto che è il risultato della spremitura meccanica di un frutto, l’oliva. Spremere un seme privo d’acqua è impossibile, e per questo motivo vengono usati solventi ed una serie di processi chimici che alterano la composizione chimica degli acidi grassi dell’olio del seme. Per questo motivo sono da evitare i grassi idrogenati presenti negli oli di girasole, arachide e mais, sia in cottura che a crudo. L’olio extra vergine d’oliva è ricco di acidi grassi monoinsaturi e di tocoferoli (antiossidanti), rendendolo molto stabile durante la cottura e, per questo motivo, il migliore degli oli da frittura. Altre caratteristiche positive sono l’assenza di acidi grassi trans e idrogenati, ed il punto di fumo abbastanza alto, circa 180°.

L’olio di arachidi, come quello d’oliva, è molto stabile a temperature elevate, ma consigliamo di usarlo solo se prodotto biologicamente in quanto il processo biologico non prevede l’uso di solventi chimici e la conseguente formazione di acidi trans. 3) È essenziale non superare i 180° durante la cottura, infatti se si va oltre l’olio d’oliva inizierà a fumare e a rilasciare un odore acre. È fondamentale non riutilizzare l’olio usato e cercare di ridurre al minimo i tempi di cottura, evitando di colorare troppo gli alimenti: le parti bruciate o scure contengono l’acrilamide, cancerogena e dannosa per la nostra salute. Altra sostanza tossica dell’olio di frittura è l’acroleina: nasce soprattutto quando si supera il “punto di fumo”, quindi i 180°, ed ha un forte odore acre; causa irritazione alle mucose, dermatiti, ed è stato associato all’aumento di probabilità tumorale negli animali da esperimento.


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