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La maggior parte delle persone con diabete di tipo 2 in trattamento insulinico in Sardegna risulta sufficientemente consapevole, attiva e competente nella gestione della propria patologia per una misura percentuale sostanzialmente in linea al resto d’Italia. E il dato positivo si mantiene tale sia in termini di gradimento nei confronti di medici e servizi sia per la disponibilità e competenza dei medici curanti. In Sardegna, a differenza di altre regioni, spicca il ruolo importante dei medici specialisti diabetologi (principale riferimento per il 92% dei diabetici contro l’83% della media nazionale), a causa dei tentativi di gestione integrata con i medici di famiglia (riferimento per il 16% dei diabetici sardi contro il 41% della media nazionale) mai consolidati e che, con la creazione della Asl Unica, potrebbe trovare nuova linfa.
Sono questi alcuni tra i dati più evidenti dell’indagine condotta su scala nazionale da Gfk Eurisko e che, estrapolati a livello regionale, inquadrano la Sardegna tra le regioni abbastanza avanzate nell’organizzazione, nei servizi sul territorio e, di conseguenza, nella capacità dei pazienti di saper epoter gestire efficacemente la propria malattia.
La declinazione regionale della ricerca Gfk Eurisko è stata presentata nei giorni scorsi a Cagliari nel corso di un incontro tra esperti organizzato da Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria e realizzato con il sostegno non condizionante di Sanofi.
All’incontro hanno partecipato Luigi Benedetto Arru, Assessore alla Sanità; Giancarlo Tonolo, Direttore Diabetologia Asl 2 Olbia; Anna Paola Frongia, Coord. Interaziendale diabete pediatrico; Giacomo Guaita, Presidente dell’Ass. dei medici diabetologi della Sardegna, Marco Martinetti, Presidente regionale della Società italiana dei medici di medicina generale; Giorgio Congiu, Presidente regionale Federfarma, Raimondo Perra, Presidente VI Commissione Salute della Regione e, in rappresentanza delle associazioni dei pazienti, Fracesco Pili, Presidente Diabete Zero Onlus e Stefano Garau del Coordinamento delle Associazioni dei pazienti diabetici.
Secondo l’indagine,il coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della propria malattia ha effetti significativi sulla sua soddisfazione e sulla sua qualità di vita. Questo significa una migliore percezione dello stato di salute, un umore migliore, migliori relazioni sociali e familiari e migliori risultati in termini di buon controllo glicemico, minori ipoglicemie gravi, maggiore aderenza al trattamento e maggiore capacità di migliorare il proprio stile di vita.
I risultati dello studio condotto da GfK Eurisko su un campione nazionale di 500 pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con insulina confermano – anche a livello della Regione Sardegna – l’importanza di una buona relazione tra medico e paziente nel favorire il coinvolgimento attivo della persona con diabete e nel migliorare i risultati della cura. Paziente che, in Sardegna, una delle Regioni con la più alta incidenza di Diabete per numero di abitanti, si caratterizza per una condizione fisica migliore del resto d’Italia sia in termini di sovrappeso (38% contro il 46% del dato nazionale) e obesità (18% contro il 27%) sia in tema di complicanze legate alla malattia dove spicca il dato positivo del 28% di Arteriopatie periferiche contro il 39% della media nazionale.Dati migliori anche per Retinopatie (14% contro 20%, Nefropatie (6% contro 11%) mentre sono allineati i valori per i problemi cardiaci (28%)e piede diabetico (10%).
“Il medico – ha dichiarato Isabella Cecchini, Direttrice del Dipartimento di Ricerche sulla Salute di GfK Eurisko – ha un ruolo fondamentale nell’educare il paziente e renderlo consapevole dell’importanza della cura e di un corretto stile di vita. Tale consapevolezza migliora la soddisfazione del paziente attraverso un migliore controllo della malattia”.
L’indagine ha verificato come in Sardegna il diabetologo sia il principale medico di riferimento per il paziente (lo è per il 92% degli intervistati) mentreal medico di medicina generale,nelle opinioni dei pazienti, viene assegnatoquasi esclusivamente un ruolo di trascrittore delle ricette dello specialista. Il medico di famiglia viene infatti considerato tra i clinici di riferimento soltanto dal 16% dei pazienti intervistati contro il 41% della media nazionale.
Tutti i partecipanti al tavolo guardano con estrema attenzione al percorso di riordino della sanità sarda,che sta prendendo corpo con la creazione dell’Azienda sanitaria regionale unicae auspicano che questa trasformazione possa costituire l’occasione irrinunciabile di avviare anche in Sardegna, dopo alcuni tentativi del passato non portati a compimento, un percorso concreto per la realizzazione di una rete di gestione integrata delle malattie croniche (Diabete in primis) tra centri specialistici e medici di famiglia. Soprattutto in virtù delle peculiarità del territorio che è, per larghissima misura, di carattere rurale e di conseguenza bisognoso di una medicina del territorio diffusa e ben organizzata.
A tal proposito è opinione di Luigi Benedetto Arru, Assessore Sanità Sardegna, chele reti possano nascere sia per atto istituzionale, una delibera per esempio, “ma soprattutto perché c’è prima di tutto una condivisione di obiettivi da parte dei professionisti.La condivisione di un modello mentale” ha precisato“ancor prima di un modello strutturale. Il sistema ha necessità, oltre che d’infrastrutture informatiche sulle quali stiamo lavorando,anche di un “software”che è principalmente rappresentato dalla volontà dei professionisti di stare assieme in un modello differente, sperimentale, in una società che cambia eche invecchia. LaSardegna” ha dunque spiegato Arru “ha circa 900mila cittadini che vivono in zone che vengono classificate come rurali e abbiamo la necessità di garantire da reti assistenziali con gradienti di complessità diversi, specializzazione da un lato, prossimità nei territori dall’altro”.
Non meno importante, ha quindi aggiunto l’Assessore Arru, è il tema della prevenzione: “La vera piaga dei sistemi moderni sono le malattie croniche non trasmissibili. Per contrastare questo fenomeno abbiamo bisogno di promuovere modelli di vita più sani, attività fisica costante, miglior controllo dell’alimentazione”. Temi anch’essi di carattere fondamentalmente culturale a cui dovrà accompagnarsi “l’introduzione anche di nuove figure professionali come gli psicologi e gli infermieri, per migliorare in particolare l’assistenza e la formazione deipazienti diabetici poiché,come emerso dalla ricerca, il paziente correttamente alfabetizzato sulla propria malattia, competente e in grado di gestirla con efficacia, è un paziente che aiuta il sistema sanitario a prevenire le complicanze più gravi. Abbiamo dunque del lavoro da farein tecnologia e organizzazione” ha concluso Arru “ma soprattutto in cultura”.
Anche perGiancarlo Tonolo, Direttore Diabetologia Asl 2 Olbia la riorganizzazione della sanità in Sardegna “è una preziosa occasione per rilanciare i rapporti tra professionisti. La possibilità di avere una gestione unitaria, anche con riferimento al campo diabetologico, porta con se l’opzione concreta di poter razionalizzare ciò che viene fatto. Oggi rappresentiamo una rete virtuale di diabetologi che fanno bene il loro mestiere ma che sono al contempo disorganizzati tra di loro. Riunirci, insiemealla medicina generale, ci darà la possibilità di poter potenziare i servizi al cittadino e portare risparmi senza fare tagli lineari.Poter contare su una medicina del territorio in grado di fare prevenzione e diagnosi precoce (che la diabetologia non può fare perché vede il paziente diabetico e non i suoi fratelli…) organizzata in rete con gli specialisti porteràenormi risparmi. Curare un paziente diabetico che lo ha scoperto tardi, magari insieme ad altre quattro patologie correlate” ha sottolineato Tonolo“costa quanto curare venti diabetici di prima diagnosi”.
Ed anche la medicina di famiglia, per voce di Marco Martinetti, Presidente Simg Sardegna, si è detta non soltanto concorde ma anche sostanzialmente pronta a fare rete sul territorio. “L’Asl unica in Sardegna è concettualmente positiva. Un’organizzazione unica può dettare regole che valgono per tutti maè evidente che ci dovranno essere dei responsabili dei territori il cui ruolo, se non sono interpretato nella maniera giusta,rischia di ricreare delle piccole Asl nella grande Asl, ma questo dipende dalle persone e dagli obiettivi. Alla politica chiediamo semplicemente di ascoltarci di più. Abbiamo tante proposte e tante possibilità di collaborazione ma bisogna uscire da uno schema unicamente economico e inserireconsiderazioni anche di tipo clinico per un utilizzo più ragionato e appropriato delle risorse”.
Nella concreta visione di una gestione integrata sul territorio Giacomo Guaita, Presidente AMD Sardegna, ha dunque messo al primo posto la costituzione della rete diabetologica regionale “perché consentirebbe un’assistenza più appropriata, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle complicanze, ma non solo.Ogni centro, ogni servizio diabetologico,con la prospettiva di un’integrazione con la medicina generale, potrà operarenell’ambito di un’organizzazione più capillare per raggiungere, insieme ai medici di famiglia, i singoli territori dove si trovano i pazienti,per garantire un’assistenza diabetologica adeguata”.
In Sardegna l’incidenza del Diabete di Tipo 1 in ambito pediatrico è la più alta d’Italia (60 per centomila 0/14enni) e su questo fenomeno si è incentrato l’intervento di Anna Paola Frongia, Responsabile del Coordinamento interaziendale per il Diabete pediatrico.
“Un bambino con diabete T1,quindi insulino dipendente” ha sottolineato“ha tutta una serie di problematiche sociali, personali e familiari che non ha nessun altro tipo di diabete. Per questo deve avere un’assistenza adeguata, moderna e non vecchia come abbiamo avuto fino ad ora visto che praticamente negli ultimi trent’anni non è cambiato nulla. E’ giusto quindi che ci sia un impegno della parte politica affinché ci siano ambulatori e assistenza adeguati e che le famiglie abbiano un supporto adeguato per le loro problematiche con l’ausilio di psicologi, infermieri e dietiste mentreoggi, purtroppo, hanno solo il diabetologo pediatra che fa tutto pur essendo anche impegnato nella pediatria generale e nelle guardie”.
Un ruolo importante, infine, potrebbe essere ricoperto dalle Farmacie del territorio che, a giudizio di Giorgio Congiu, Presidente di Federfarma Sardegna “possono rappresentare una delle gambe portanti dellagestione dellepatologie croniche sul territorio”.
“La nostra ambizione, e siamo in grado di poterlo fare, è quella di affiancare i medici di medicina generale nel monitoraggio del paziente trasmettendo ai centri diabetologici, attraverso la farmacia,i dati registrati dagli apparecchi che hanno al domicilio, in modo che possano essere seguiti senza perdite di tempo o lunghi trasferimenti. Potremmo poi, sempre in collaborazione con i clinici, monitorare alcuni pazienti per verificarne l’aderenza o l’interruzione delle terapie.Un progetto molto ambizioso che speriamo di poter implementare per migliorare la presa in carico del paziente diabetico in Sardegna”.