Debutta nell’Isola il “Re Lear” di Shakespeare con Michele Placido

Cagliari, Teatro Massimo


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Le parole sublimi di William Shakespeare accendono le passioni, mettendo a nudo fragilità e segrete inquietudini, ambizioni e paure, in un’affascinante indagine sull’animo umano: tra i capolavori del Bardo, il “Re Lear”, in cartellone da DOMANI (mercoledì 10 dicembre) alle 20.30 fino a domenica 14 dicembre al Teatro Massimo di Cagliari (tutti i giorni dal mercoledì al sabato alle 20.30 e la domenica alle 19; giovedì 11 dicembre anche la pomeridiana alle 16.30) per la stagione 2014-15 de “La Grande Prosa al Teatro Massimo”  firmata CeDAC – con lo slogan “Giù la maschera” –  racconta la voluttà del potere, la superbia, l’ira e la cecità dei mortali, e l’amaro insegnamento del dolore, che spinge a riconoscere la verità.

Dopo l’incipit teatral musicale di “Beatles Submarine”, la stagione del CeDAC al Massimo di Cagliari prosegue con un omaggio al genio di Shakespeare – di cui ricorrono i 450 anni dalla nascita: si apre quindi il sipario su “Re Lear”, irrinunciabile classico nella storia del teatro di tutti i tempi, nell’allestimento di Goldenart Production, con un cast stellare in cui spicca il nome di Michele Placido, divo del grande e del piccolo schermo, icona del cinema impegnato e d’autore oltre che personalità di primo piano della scena italiana.

La tragedia è incentrata sulla figura del sovrano che, giunto sulla soglia della vecchiaia, decide di rinunciare al trono, per affidare il regno alle tre figlie: nel mettere in atto quella sua saggia decisione, il suo ultimo atto d’imperio, Lear dà mostra però di un’inattesa vanità nel pretendere di far gareggiare le tre future regine – Regana, Gonerilla e Cordelia – invitate a dar prova, a parole, del proprio affetto per lui; e insoddisfatto per la sincera dichiarazione della più giovane, da lui fino ad allora preferita, la ripudia scacciandola via da sé.

Michele Placido – che firma anche la regia dello spettacolo, a quattro mani con Francesco Manetti – interpreta Re Lear, confrontandosi così con una delle figure più complesse e affascinanti del teatro shakespeariano, in cui si riuniscono l’altera regalità e la fragilità della vecchiaia, l’abitudine al comando e al rispetto dei suoi simili e l’improvviso precipizio in cui viene a cadere per propria colpa, l’irruenza ancora giovanile e la tempra del patriarca con l’ingenuità con cui si lascia trarre in inganno e la troppa sensibilità verso l’adulazione.  Tradito dalle sue stesse figlie, non più timorose della sua autorità e ben decise a conservare e semmai accrescere il proprio potere, Lear affronterà la fuga e l’esilio e sarà finalmente costretto, in un’amara presa di coscienza, a fare i conti con gli errori del passato, fino a cadere nella follia; solo passando attraverso il dolore, ritroverà il senno e la ragione, in tempo per comprendere appieno l’orrore e il peso della sua disgrazia..

Un personaggio ricco di sfumature, capace di reazioni imprevedibili e estreme, in cui affiorano i tratti di una senilità non rassegnata, e ancora ben lontana dalla saggezza che si pretenderebbe dall’età: in fondo quella sua scelta di farsi da parte per incoronare le figlie e i generi spartendo tra loro il regno, e la forma in cui sceglie di annunciarla, è un tributo alla sua vanità. Shakespeare mostra come dietro la solenne maschera regale vi sia un uomo, ormai quasi anziano, e come i capricci di un re – come quelli di un vecchio ritornato bambino – possano rivelarsi pericolosi: in un regno che s’intuisce in pace, l’aver rimescolato le carte, estromettendo ingiustamente Cordelia, farà sì che si scatenino inattese rivalità e perfino la guerra, sostenuta dal re di Francia, divenuto marito di Cordelia. Il potere implica responsabilità ma nel liberarsi degli oneri del governo Lear scopre inopinatamente, per essersi affidato alle due giovani donne che lo temono più che amarlo, di dover rinunciare anche agli onori del suo rango.

L’immagine della famiglia reale – e quella speculare di Gloucester, a sua volta facilmente ingannato  dagli intrighi del figlio maggiore a sfavore del fratello legittimo – rimanda, al di là della vastità degli interessi in gioco (incluse le sorti di uno stato e di quelli vicini), con un’insospettabile “attualità”, alle questioni di una qual si voglia famiglia, con la complessità dei sentimenti, l’affetto e la riconoscenza dei figli verso coloro che li hanno allevati da un  lato e dall’altro i conflitti, le ambizioni di ognuno, le piccole rivalità e invidie, e nei casi peggiori le lotte per l’eredità. Se vien meno la naturale autorità paterna (e in generale il rispetto dovuto ai genitori) i legami si spezzano, e la famiglia diventa un nido di vipere, in cui l’amore degenera in astio se non in odio. Qui i temperamenti – non dissimili da quello paterno – di Gonerilla e Regana, insofferenti ad altra autorità, e la loro sfrenata brama di potere, troppo a lungo nascosta e sopita, si svelano ben presto, provocando la catastrofe: il loro affetto interessato era una finzione e ormai decaduto il vecchio re non conta più nulla, è solo un simbolo, pericoloso, dell’antico regime.

Perfetto esempio di teatro elisabettiano, la favola crudele di “Re Laer”, ricca di colpi di scena, dove gli amici e i parenti si rivelano infidi, e i nemici diventano alleati, l’amore muta in odio ma la vera amicizia e la lealtà sincera resistono all’ingiustizia, alle intemperanze e perfino alla follia appare anche, nel tratteggiare i caratteri e i comportamenti umani, di un’assoluta e stringente modernità. Lear – vero fulcro della vicenda – giganteggia con i suoi furori e le sue manie, la sua caduta dallo scranno più alto fin nella polvere, e la catarsi finale, ne fanno una figura emblematica, in cui si incarnano, estremizzati, vizi e virtù, forza e fragilità dell’essere umano.

La mite Cordelia, la più più buona e sincera tra le figlie del re è anche l’unica che per affetto corra il rischio di sfidarne l’autorità, nel nome di quel profondo legame, che non s’interromperà neppure dopo l’esplosione dell’ira paterna e la subitanea avversione suscitata nel genitore al di lei rifiuto di sottostare alla menzogna e all’adulazione. Figlie senza madre, Regana e Gonerilla sono più spietate, avvezze a seguire il proprio interesse, per nulla affezionate e riconoscenti verso chi le ha generate, pronte a cogliere al volo l’occasione: per loro, cresciute a corte tra insidie e intrighi, l’adulazione è una seconda natura, così come è facile, ormai libere e padrone di se stesse indulgere alle proprie passioni. Opposti tra loro ma complemetari i tratti dei rispettivi mariti, il duca di Cornovaglia e il duca d’Albania; quanto ai pretendenti di Cordelia, prima favorita e poi negletta, se il duca di Borgogna rappresenta la stima non disgiunta dall’interesse, il più nobile re di Francia saprà cogliere nel gesto della fanciulla la bellezza dell’animo di lei, la purezza e la verità dei suoi accenti, fino a farsene paladino e infine sposo (ma nell’affronto e nella  difesa di Cordelia si cela anche l’ipotesi di una guerra, nell’antico legame/ rivalità tra i due regni al di qua  e al di là della Manica).

Duplice tragedia, il “Re Lear” mostra anche lo sfacelo della casata di Gloucester, in cui per ingiusti ma motivati sospetti il padre scaccia il figlio migliore e tiene accanto a se l’intrigante e ambizioso figlio “bastardo” (concepito prima delle nozze). E la lealtà di Kent  – esiliato ma disposto a rischiar la vita pur di non abbandonare il suo re fa pendant con quella del matto, l’unico servitore che come un buffo e irriverente alter ego Lear reca con sé, compagno inseparabile anche nella sventura.

Il dramma shakespeariano racconta la tragedia dell’uomo, impotente nonostante tutta la sua intelligenza, la sua determinazione e il suo coraggio  davanti ai capricci della sorte, alternando i toni elevati e la lingua aulica della tragedia all’ironia e i giochi di parole della commedia, come nella vita si alternano gioia e amarezza, gravità e leggerezza. Il Bardo evoca differenti paesaggi, in una strana consonanza tra sentimenti e pensieri privati e il volto cangiante della natura – dalle inquietudini della corte all’infuriare delle tempeste – fino a ricomporre nel dolente finale l’ordine delle cose, precipitate nel caos,  ristabilendo se non la giustizia almeno la verità. 

 Nel cast  del “Re Lear” – oltre a Michele Placido – spiccano i nomi di Gigi Angelillo e di Francesco Bonomo, Federica Vincenti e Francesco Biscione, accanto a Giulio Forges Davanzati, Peppe Bisogno, Brenno Placido, Alessandro Parise, Marta Nuti, Maria Chiara Augenti, Mauro Racanati, Bernardo Bruno e Gerardo D’Angelo.

Le scene  sono di Carmelo Giammello e i costumi di Daniele Gelsi; Luca D’Alberto firma le  musiche originali mentre il light designer è Giuseppe Filipponio.

 

INCONTRO CON GLI ARTISTI: Michele Placido e la compagnia incontreranno il pubblico venerdì 12 dicembre alle 18 al Cinema Odissea in viale Trieste 84 a Cagliari per un nuovo appuntamento con la rassegna Oltre la Scena/ gli artisti raccontano…  (ingresso libero – fino ad esaurimento posti)

 

SCHERMI & SIPARI/ al Cinema Odissea: per il ciclo di visioni intitolato Schermi e Sipari/ la grande prosa al Cinema Odissea un duolice appuntamento  lunedì 8 dicembre) alle 16.30 e domenica 14 dicembre alle 10.30 al Cinema Odissea in viale Trieste 84 a  Cagliari con  l’affascinante “Re Lear” di Peter Brook, celebre e immaginifico film del 1971 con Paul Scofield (durata 137 minuti), felice trasposizione cinematografica della tragedia shakespeariana tra i paesaggi nordici dello Jutland, che offre una rilettura del dramma elisabettiano in chiave contemporanea e quasi beckettiana. (biglietto 4 euro: info 070/271709 – www.cinemaodissea.it)

 

in tournée

La tournée nell’Isola  del “Re Lear” di William Shakespeare nell’allestimento di Goldenart Production con Michele Placido nel ruolo del protagonista proseguirà (sotto le insegne del CeDAC nell’ambito del XXXV Circuito Teatrale Regionale Sardo) con un doppio appuntamento lunedì 15 e martedì 16 dicembre alle 21 al Nuovo Teatro Comunale di Sassari (dove inaugurerà la Stagione 2014-15)