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La “seconda mannaia” ha avuto la “forma” di uno degli ultimi Dpcm del Governo Conte, dove è previsto il semi-lockdown dei locali food alle 18. Da quell’ora, per provare a guadagnare qualcosa, un ristoratore ha solo due scelte: o asporto o consegna a domicilio. Fabrizio Lai, 50 anni, titolare di “FabbricAurora” in piazza Yenne a Cagliari, un cocktail bar e hamburgeria, ha preferito tenere abbassata la serranda: “Sarebbe insostenibile, dovrei prendere una persona per le consegne e mettere il cuoco, a quel punto si rischia di fare più danni che altro. Il nostro panino non si presta al delivery, io stesso ho provato a ordinare panini dalla concorrenza. Sono buonissimi mangiati nel locale, non all’altezza se consumati dopo essere arrivati sino a casa. Oltre a me, nel locale lavorano il mio socio, il cuoco, una ragazza nella settimana e altre due nel weekend“. Meglio, lavoravano: “Due sono in cassa integrazione”.
Gli aiuti del Governo? “La seconda tranche è arrivata, ma copre solo le spese dell’affitto, più di duemila euro, non è un ristoro vero e proprio”, afferma Lai. “Il nostro proprietario delle mura ci è venuto incontro durante il lockdown, spero lo faccia anche adesso. Anch’io chiedo un ridimensionamento degli affitti. Mi auguro di riuscire a resistere, sto ragionando su un’apertura diurna almeno nei weekend”, osserva il ristoratore. Che, sugli aiuti statali, ha un’idea ben chiara: “Perchè non ci mettono in tasca soldi veri, reali, in modo da non farci soffrire troppo per la chiusura? Certo, anche riavere i soldi fatturati l’anno scorso, tolte le spese avute, non sarebbe male”, ipotizza Lai, gestore del locale, ristrutturato nel 2020, sin dal 2014. “Dicembre, insieme ad agosto, sono i mesi dove si guadagna di più. Per fortuna ho una casa di proprietà, ma mi metto nei panni di chi ha affitto e mutui da pagare. È davvero un periodo bruttissimo”.