Chia superstar anche per Goletta Verde: consegnate le Cinque Vele

Un altro prestigioso riconoscimento per la bellissima spiaggia di Chia: ecco tutti i dati di Goletta verde


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Gode sicuramente di ottima salute il mare sardo, anche se non mancano alcune criticità alle foci di fiumi, corsi d’acqua e scarichi che riversano in mare un carico batterico ancora elevato. Sul totale di 29 punti monitorati dai tecnici di Goletta Verde, 21 hanno riguardato le spiagge e sono risultati nella norma, mentre  8 punti hanno interessato le  foci dei corsi d’acqua di cui  6  presentavano valori di contaminazione tali da assegnare un  giudizio di “inquinato” o “fortemente inquinato”, proprio in prossimità degli scarichi, punti critici che meritano di essere subito segnalati  dalle autorità preposte.

Sul fronte del consumo di suolo costiero la Sardegna si conferma la regione in Italia più attenta alla tutela del proprio patrimonio ma anche su questo fronte occorre non abbassare la guardia: secondo uno studio di Legambiente il 27% (399 km) è stato trasformato dal cemento, solo l’1% (14 km) negli ultimi 25 anni. L’associazione chiede quindi alla Regione di dare continuità, anche alla luce della discussione sulla nuova legge urbanistica, a quanto previsto dal Piano paesaggistico in modo che non sia consentita alcuna edificazione in tutte le aree costiere ancora libere dal cemento.

È questo il bilancio della tappa sarda dell’imbarcazione ambientalista che oggi chiude a Cagliari il suo tour nell’isola. Un viaggio – realizzato anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati eil sostegnodei partner tecnici NAU e Novamont – che riprenderà alla volta della Sicilia per concludersi il 15 agosto in Friuli-Venezia Giulia. I risultati del monitoraggio eseguito dai tecnici di Goletta Verde è stato presentato questa mattina a Cagliari da Vincenzo Tiana, presidente Comitato Scientifico Legambiente Sardegna; Giorgio Zampetti, portavoce di Goletta Verde e responsabile scientifico di Legambiente e Carla Varese, presidente Circolo Legambiente Cagliari; alla presenza di Antonio Deidda, responsabile depurazione di Abbanoa; Bruno Floris, responsabile monitoraggio acque Arpas; Francesca Ghirra, assessore Urbanistica Comune di Cagliari.

Goletta Verde ha anche consegnato le “5 vele” – il prestigioso riconoscimento della Guida Blu – Il mare più bello di Legambiente Touring Club – al sindaco del comune di Domus De Maria (CA), Maria Concetta Spadache quest’anno svetta in cima alla classifica delle località marine italiane segnalate nella guida, grazie soprattutto all’impegno per la tutela e la valorizzazione del paesaggio naturale e alla cura dedicata all’educazione ambientale e ai beni archeologici.

Il monitoraggio di Goletta Verde prende in considerazione il campionamento di punti critici che vengono principalmente scelti in base a un “maggior rischio” presunto di inquinamento. Per questo vengono prese in esame le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che spesso troviamo sulle nostre spiagge: queste situazioni sono i veicoli principali di contaminazione batterica dovuta all’insufficiente depurazione dei reflui urbani o alla presenza di scarichi abusivi che attraverso i corsi d’acqua arrivano in mare. I punti che sono stati giudicati “fortemente inquinati” rientrano proprio in questa casistica. Si tratta della foce del rio Mannu a Porto Torres; della foce del fiume Sillis a Marina di Sorso/Platamona; della foce del canale in corrispondenza di via Garibaldi a San Giovanni di Alghero; della foce del rio Jana a Porto Alabe nel comune di Tresnuraghes; del campionamento effettuato in prossimità dello scarico su via Tramontana a Pittolongu, di Olbia, oggetto negli ultimi mesi di numerose segnalazioni da parte dei cittadini per episodi di sversamenti d reflui fognari. Giudicato “inquinato” invece il prelievo effettuato alla foce del fiume Fluminimannoinlocalità Portixeddua Fluminimaggiore

“Quello di Goletta Verde è bene ribadirlo è un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né pretende di assegnare patenti di balneabilità, ma restituisce comunque un’istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni – spiega Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente -. Il mare della Sardegna conferma un buono stato di salute, con tutti i prelievi eseguiti in corrispondenza delle spiagge che rientrano nei limiti previsti dalla legge. Diversa però la situazione per quanto riguarda fiumi, canali e fossi che arrivano in mare. Si tratta di criticità sicuramente ben localizzate. Problemi che proprio per questo vanno affrontati e risolti al più presto, che riguardano la depurazione non solo dei paesi costieri ma anche dell’entroterra, come testimonia l’ultima procedura d’infrazione aperta dall’Ue nei confronti dell’Italia che comprende anche 64 agglomerati urbani sardi (il 26% rispetto ai 242 agglomerati urbani dell’Isola). Inadeguatezza che, secondo i calcoli del Governo, comporterebbe, a partire dal 2016 e fino al completamento degli interventi di adeguamento richiesti, una multa da parte dell’Unione Europea di 19 milioni di euro all’anno”.

A questo proposito è utile ad esempio segnalare il caso del comune di Bosa. L’amministrazione comunale del comune sardo, dopo la segnalazione di Goletta Verde dello scorso anno che giudicò fortemente inquinato il prelievo alla foce del ruscello a Turas, è intervenuta con proprie analisi per monitorare il tratto alla foce, rilevando al contempo la causa di tale criticità (uno scarico di un vicino ristorante). E proprio nei giorni scorsi si sono conclusi i lavori per risolvere definitivamente il problema.

Un’attenzione particolare la merita l’informazione ai cittadini. Nei punti dove sono state riscontrate criticità, infatti, non sono stati rilevati i cartelli di divieto di balneazione e in generale sono molto rari i pannelli informativi sulla qualità delle acque, previsti dalla legge e a carico dei Comuni da due anni. Legambiente invita quindi i sindaci dei comuni interessati a segnalare adeguatamente ai bagnanti i tratti dove vige il divieto di balneazione.

Legambiente ha presentato questa mattina anche il dossier “Il consumo delle aree costiere italiane. La costa sarda: l’aggressione del cemento e i cambiamenti del paesaggio. L’obiettivo dello studio di Legambiente è duplice: comprendere la gravita della trasformazione del paesaggio costiero italiano negli ultimi decenni, per poi individuare i tratti rimasti naturali, sui quali si dovrà prestare attenzione e tutela per evitare ulteriore consumo.  Sovrapponendo le foto satellitari – in un arco temporale che va da 1988 al 2013 – è stato possibile misurare il consumo di costa in questi 25 anni: in questo lasso temporale sono stati antropizzati 14 km di costa, pari all’1% del totale. Un dato che pone sicuramente la Sardegna al top in Italia tra le regioni che hanno saputo conservare il proprio paesaggio costiero. Di questa urbanizzazione della costa, quattro chilometri hanno riguardato la realizzazione di infrastrutture portuali o per ampliamento di quelle esistenti. Dieci chilometri sono invece da imputare all’espansione di centri urbani e alla nascita o crescita di centri per il turismo.

                  “Questo primato è il frutto di tanti anni di battaglie ambientaliste che hanno permesso di evitare la deturpazione e la cementificazione di ampi tratti di costa. A dieci anni dall’approvazione del Piano paesaggistico regionale si può sostenere che sia stato segnato un cambiamento culturale di enorme importanza per il futuro delle coste sarde – dichiara Vincenzo Tiana, presidente del comitato scientifico di Legambiente -. Ma non bisogna abbassare la guardia e proprio le indicazioni del Piano Paesaggistico Regionale devono essere il punto di partenza per una politica che guardi contemporaneamente alla tutela e alla valorizzazione turistica, con la valorizzazione del patrimonio paesaggistico ed ambientale costiero. Contestualmente è ormai necessario cambiare davvero il modello di sviluppo nel settore delle costruzioni, per guidare la riqualificazione dell’edilizia presente lungo le coste sarde, verso la riqualificazione dell’esistente, l’efficienza energetica e la qualità. In parallelo alla Giunta regionale chiediamo di dare continuità a quanto previsto dal Piano paesaggistico per quanto riguarda la tutela, in modo che non sia consentita alcuna edificazione in tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato e perché gli enti locali completino la fase di predisposizione dei piani urbanistici comunali”.  Legambiente si impegnerà sia a livello regionale che nazionale per chiedere alla Regione Sardegna affinché la discussione sulla nuova legge urbanistica coinvolga preventivamente la società e sia l’occasione per estendere a tutto il territorio isolano il regime di tutela e far sì che si possa avviare un modello di sviluppo innovativo fondato sul restauro del paesaggio costiero.

Su un totale di 1487 km di costa, oggi 399 chilometri (il 27%) risultano urbanizzati: più precisamente, 111 km sono occupati da opere infrastrutturali e industriali con litorali degradati dai poligoni militari, discariche minerarie ed industriali, mentre si possono individuare 59 km di paesaggio urbano denso; 229 sono i chilometri di costa occupata da insediamenti con densità bassa; solo 98 km risultano essere paesaggi agricoli, mentre si sono conservati 990 km di fascia costiera con paesaggi naturali pressoché integri che in percentuale e lunghezza risulta di gran lunga la più grande d’Italia. Nel caso della regione Sardegna, non è l’occupazione di costa da parte di grandi centri ad aver trasformato il paesaggio, quanto la diffusione di tessuti turistici poco densi sparsi lungo tutto il litorale e con maggiore concentrazione a nord; la costruzione di grandi centri ricettivi per il turismo, villaggi vacanze e insediamenti di seconde case, che anche per l’evidente contrasto con la straordinaria qualità del paesaggio rappresentano, anche per il futuro e malgrado il piano paesaggistico, una potenziale minaccia.

 

Anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati è main partner della campagna estiva di Legambiente. Attivo da 32 anni, il COOU garantisce la raccolta degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale. L’olio usato – che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli – è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l’olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 90% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi – spiega il presidente del COOU, Paolo Tomasi – rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio con la sua filiera non evita solo una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”. 

 


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