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E’ precario, sottopagato e insoddisfatto del proprio lavoro. Nonostante tutto crede ancora nel futuro della professione giornalistica. E’ questo l’identikit che emerge dal dossier sul giornalismo in Sardegna realizzato dall’Ucsi Sardegna e presentato questa mattina a Cagliari nella sala convegni della Fondazione di Sardegna. Dall’indagine, realizzata nell’ottobre dello scorso anno alla vigilia della Settimana sociale dei cattolici italiani che aveva per oggetto il lavoro, emerge che nell’isola su un migliaio circa di giornalisti attivi quasi 750 sono precari e privi di garanzia a fronte di 224 contrattualizzati presso le principali testate regionali.
Quanto ai compensi dal questionario somministrato ai giornalisti sardi iscritti agli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti emerge che il 65% dei giornalisti è sottopagato e per l’attività giornalistica guadagna mediamente cifre irrisorie tra i 170 e i 580 euro mensili (tra 2mila e 7mila euro all’anno), visibilmente insufficienti per vivere dignitosamente.
Secondo i giornalisti che hanno risposto al questionario i mali dell’informazione in Sardegna sono riconducibili sostanzialmente a tre grandi problemi: il fatto che nell’isola ci siano pochi imprenditori disposti ad investire davvero nell’editoria, il fatto che i favoritismi e gli interessi personali prevalgano sull’interesse ad una buona informazione e il fatto, infine, che ci siano pochi proventi pubblicitari soprattutto nell’editoria online.
Ma come si viene assunto come giornalisti in Sardegna? Circa la metà dei giornalisti intervistati ritiene che oltre ad essere bravi per trovare lavoro nelle testate isolane sia necessaria una spintarella, molti altri (40%) ritengono che l’assunzione sia sempre subordinata a conoscenze, amicizie e raccomandazioni politiche, mentre una parte residuale ritiene che nell’isola si possa andare avanti esclusivamente per i propri meriti e il proprio curriculum.
Durante l’interessante dibattito conseguito alla presentazione del dossier dell’Ucsi è emersa la necessità di una riforma profonda dell’ordine del giornalisti e dei meccanismi di accesso alla professione, nonché la necessità che gli organismi di rappresentanza prendano atto della platea sempre più ampia di giornalisti precari e senza tutele e non si limitino a tutelare solo i più fortunati (le cui file si stanno sempre più assottigliando). Dall’Ucsi sarda è emersa inoltre una forte sollecitazione etica affinché i giornalisti che già percepiscono una pensione o uno stipendio da contrattualizzati ex articolo 1 del contratto collettivo rinuncino ad uffici stampa e collaborazioni in modo da lasciare spazio a chi invece trova difficoltà a trovare lavoro.
La presentazione del dossier sul giornalismo in Sardegna sarà replicata sabato prossimo a Sassari nei locali del seminario arcivescovile.