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BASTA CON LA PAURA.
NON TI AIUTERA’ A PROTEGGERE TUO FIGLIO.
Il “virus emozionale” che impedisce di pensare.
Lettura: due minuti
Il COVID 19 non ha aggredito solamente il corpo delle persone determinando migliaia di decessi. Ma, in alcuni casi, anche la mente degli italiani. È infatti un virus “emozionale” che, provocando intense paure, può inibire la capacità di pensare criticamente le informazioni provenienti dai mass media, politici e scienziati.
LA PAURA DI MORIRE.
Per quanto riguarda la paura di morire, il virus ha innanzitutto stimolato il meccanismo di difesa della scissione: da una parte il corpo da proteggere, dall’altra la mente che può sopravvivere senza tutele. Trasformato l’essere umano in un soma senza spiritualità, desideri e preoccupazioni, la scissione ha favorito lo sviluppo di una fantasia salvifica, l’idea che per proteggere il corpo dal Covid 19 sia necessario affidarsi alla verità inconfutabile della scienza medica ed epidemiologica.
Questo stato emotivo ha avuto l’effetto di re-introdurre, in una fase storica caratterizzata dal relativismo gnoseologico dell’ “uno vale uno”, – quella che già nel 2005, il card. Joseph Ratzinger stigmatizzava come la “dittatura che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” -, l’ipse dixit. L’assolutismo di alcuni scienziati che hanno imposto come indiscutibili le loro considerazioni teoriche, nonostante l’epistemologia ci avverta che la scienza è un paradigma in continua evoluzione. Un insieme di affermazioni/teorie che, non potendo mai spiegare la complessità di un fenomeno, sono confutabili. Diversamente diventerebbero dogmatiche e quindi ascientifiche. Ma poiché la scienza è stata presentata come una verità assoluta, si sono di conseguenza costruiti due miti: il primo è che le decisioni politiche fondate su dati scientifici siano sempre corrette mentre il secondo è che sia inevitabile sconfiggere il virus.
Sarebbe stato invece opportuno spiegare che: 1) non esistono dati scientifici incontrovertibili perché qualsiasi ricerca presenta fisiologici limiti di significatività; 2) che le decisioni politiche non sono state determinate dalla scienza (perché non esiste in quanto verità assoluta) ma dalla decisione degli esperti che hanno selezionato, tra tutte quelle disponibili, le ricerche ritenute più attendibili; 3) l’eventuale vaccino salverà molte persone ma non tutte. Esattamente come già accade per altre malattie per le quali, purtroppo, è possibile morire nonostante le cure disponibili. Nell’attesa che la scienza sconfigga il virus, le persone spaventate dalla paura di morire chiedono di rimanere dentro casa sino a quando non saranno garantite condizioni di sicurezza. Insomma non riescono a comprendere che affidarsi alla scienza è una necessità che non restituisce certezze. Perché il margine di errore è il limite della scienza come l’”essere per la morte” è l’essenza della vita.
LA PAURA DELLA RECESSIONE ECONOMICA.
Il virus ha anche stimolato la paura della recessione economica. In questo caso si è imposta l’idea che la miseria possa determinare molti più morti del Covid 19.
Non potendo affidarsi alla scienza, le persone affette da questa paura si sono concentrate sulla prudenza. Una nuova fantasia, quella di potere contrastare il virus solamente con mascherina, guanti, sanificazione e distanza interpersonale, che ha favorito lo sviluppo di scenari irrealistici: si possono riaprire tutte le attività produttive del paese senza correre rischi. Con questo approccio emotivo, le richieste degli esperti di “testare, tracciare e trattare” non sono prese in considerazione perché considerate secondarie rispetto all’obiettivo di riattivare immediatamente il mondo del lavoro.
Eppure numerosi scienziati (ovviamente non tutti perché, ripetiamo, la scienza non è una verità assoluta), affermano che se non si testa la popolazione con il tampone, non si tracciano i contatti avuti e non si trattano le persone positive (aumentando i posti letto in terapia intensiva e prevedendo spazi alternativi all’abitazione familiare per la quarantena), si potrebbe verificare una seconda ondata con esiti ancora più gravi.
LA PAURA DI PERDERE LA LIBERTA’.
Ma ci sono anche le persone spaventate dalla paura di perdere la libertà. Ritengono che i provvedimenti governativi e le App per tracciare i contatti siano strumenti di controllo delle masse. I precedenti dell’”uomo solo al comando” che non si confronta con il Parlamento e dei contrasti tra Governo e Presidenti di Regione scuotono una parte della popolazione che considera la libertà il bene più prezioso da tutelare. Si tratta di persone che non pongono l’accento sull’aprire o chiudere con il lockdown il paese, ma sulla necessità di condividere le decisioni prese affinché siano il più possibile conformi alla Costituzione.
DALLA PAURA ALL’ODIO il passaggio è breve.
Chi infatti è maggiormente dominato dalla paura di morire, può provare fastidio per coloro che hanno timore della recessione e di perdere la libertà perché li percepisce come potenziali pericolosi “untori” che potrebbero danneggiare gli sforzi sino ad oggi compiuti. Diversamente, chi ha paura della recessione può percepire chi teme di morire come un insopportabile emotivo, incapace di compiere l’esame di realtà. Infine chi ha paura di perdere la libertà, può disprezzare le persone che hanno paura di morire perché le ritiene succubi della propaganda del terrore. Ovviamente le combinazioni possono essere più complesse e sfumate e qualcuno potrebbe vivere con tutte o nessuna delle paure descritte.
LA FINE DELL’ILLUMINISMO.
Certamente l’attivazione emozionale confonde e non aiuta a trovare soluzioni. Ad esempio, l’uscita dalla fase 1 non sembra legata al minore rischio di contrarre l’infezione ma alla necessità di riavviare l’economia del paese (paura della recessione). Ma senza un programma di prevenzione e contrasto al Covid 19, siamo veramente sicuri che solamente con la prudenza (mascherina, guanti, sanificazione e distanziamento) si possa contrastare l’eventuale seconda ondata? Nel momento in cui si aprono gradualmente tutte le attività, perché solamente la scuola deve rimanere chiusa o prevalentemente chiusa con il modello DAD? E’ un progetto basato su dati scientifici? Quali ricerche affermano che se si aprono tutte le attività e si lascia chiusa la scuola, il rischio di una seconda ondata è ridotto o annullato?
Insomma, se non si esce da questo “stato di minorità” e non riprendiamo a servirci della nostra intelligenza, rischiamo di mettere in lockdown l’illuminismo e la conseguente capacità di esercitare la funzione critica.
Ci vediamo domani per la diretta FB.
Intanto diffondi la petizione:
https://www.change.org/SalviamoLaScuola
Luca Pisano, Osservatorio Cybercrime Sardegna