Ha conosciuto tre ospedali, due sardi e uno lombardo, e solo in quest’ultimo è riuscita a “rinascere”. Meglio, a evitare di morire: Claudia Auriemma, 45enne di Capoterra, è stata operata per un’ischemia intestinale all’Humanitas di Rozzano. Brotzu e Policlinico, prima, hanno alzato bandiera bianca: “In entrambi gli ospedali mi hanno detto di andare fuori Sardegna”. E così ha fatto, ma i problemi ci sono ancora: “Con le istituzioni sarde, mi riferisco alla farmacia territoriale dell’Asl. Mancano supporto e tranquillità, devo sempre segnalare che mi mancano siringhe o gli oligoelementi per vivere. Da settembre sono costretta a fare la nutrizione parentelare: carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali, acqua, elettroliti e oligoelementi entrano nel suo corpo grazie a un ago infilato nella vena: “Spesso mancano proprio oligoelementi e elettroliti. Se poi mi servono sei fiale me ne danno solo cinque, e la mia dottoressa di famiglia deve scrivere, ogni volta, per ricordare a chi di dovere la grave mancanza. Si tratta di elementi fondamentali per la mia nutrizione, che vengono inseriti anche nella sacca preparata da infermieri professionali. L’unico aiuto, sinora, l’ho ricevuto e lo ricevo ancora dall’ospedale Marino, dove c’è un medico che conosce la mia situazione”.
“Quando gli infermieri sanno che è morto un paziente mi forniscono le garze, le siringhe e i deflussori”. Tutti oggetti che dovrebbe avere, sempre, garantiti dalla farmacia territoriale: “Ma lì non rispondono mai al telefono, è sempre occupato e senza appuntamento non puoi andare di persona. Inoltre, da settembre ho fatto richiesta per ottenere l’invalidità. Non lavoro più, mi mantengo e vado avanti grazie ai soldi dei miei genitori”, prosegue la 45enne, che è anche una mamma single. “L’ultimo reddito dichiarato è del 2022, quando ancora avevo un’occupazione che poi ho dovuto lasciare per questi gravi problemi di salute. Sono, quindi, costretta a pagarmi tutte le visite e gli esami che devo fare all’incirca ogni venti giorni”.