Caos scuole, domani si riprende (ma non dappertutto) fra polemiche e paura

Con i contagi al massimo storico dall’inizio della pandemia, bambini e ragazzi tornano fra i banchi dopo uno screening organizzato un po’ ovunque in Italia, rapidamente ma solo su base volontaria e dunque poco attendibile anche nei numeri. Fallito il pressing di presidenti di regione e presidi sul ricorso alla dad per qualche settimana, il ministro Bianchi irremovibile: “La scuola sarà l’ultima a essere chiusa se sarà necessario”. De Luca in Campania conferma la chiusura fino al 29, seguito dalla Sicilia che tiene chiuso (senza dad) fino almeno a giovedì.


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Le scuole riaprono domani, nel caos e fra le polemiche. Nel momento di maggior contagio nella storia della pandemia in Italia, con una media di 200mila positivi al giorno, mentre presidenti di Regione e presidi spingono per il via libera del governo a qualche settimana di dad, il ministro Bianchi è irremovibile: “Gli studenti tornano in presenza, la scuola sarà l’ultima a chiudere e solo se sarà strettamente necessario. In nessun altro Paese le scuole sono chiuse”.

Ma la situazione è delicata, per la presenza di tanti studenti non vaccinati in classi pollaio dove decine di ragazzi sono costretti a convivere per ore, senza strumenti di aerazione e con un inevitabile e prolungato contatto, e per la diffusione della variante Omicron esplosa durante pranzi, cene e feste natalizie. Lo screening con test antigenici rapidi, organizzato in tempi record per provare a garantire un rientro più sicuro, ha più limiti che efficacia: intanto è ormai accertata la fallibilità dei test rapidi, almeno uno su 4 (ma c’è chi dice uno su due) non rileva la positività. Poi, è su base volontaria e dunque almeno la metà degli interessati si presume non aderisca.

Una situazione che ha spinto già da qualche giorno il governatore della Campania De Luca a sbarrare la porta delle scuole fino al 29 gennaio, decisione che sarà impugnata dal governo. Stessa direzione per la Sicilia, che però tiene chiuso per ora fino a giovedì. In Sardegna si torna a scuola domani, dopo il rinvio rispetto al previsto 7 gennaio, e per tutta la giornata oggi si effettueranno ancora gli screening con i tamponi.

I governatori però non si arrendono e provano ancora a convincere il governo a preferire la dad. “Rettori, dirigenti scolastici, rappresentanti sindacali e delle associazioni familiari, ci chiedono di farci interpreti presso il governo nazionale della necessità di rivedere la attuale posizione sulla possibile scelta della didattica a distanza come strumento di accompagnamento temporaneo verso la piena didattica in presenza”, chiede il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci. “Sulla scuola faccio l’ultimo appello a Draghi perché chiuda, non reggeremo”, aggiunge Zaia dal Veneto. Si dice preoccupato, ma spiega di non poter intervenire con un’ordinanza perché la Puglia si trova in zona bianca Michele Emiliano: “Spingeremo al massimo sulle vaccinazioni”, assicura.

Anche i presidi sono sul piede di guerra. Sono troppi i punti poco chiari e poco applicabili, per il presidente dell’associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, che aveva già chiesto di prevedere la didattica a distanza per due settimane dopo le festività. “Già in queste ore, il numero di studenti positivi, in alcune scuole, ha raggiunto l’ordine delle decine e addirittura centinaia e questo rende quasi impossibile attuare le procedure previste”, denuncia. In più, le forniture di mascherine Ffp2 non sono arrivate e non risultano neanche pubblicati i dati sulle classi in Dad, sulle unità di personale sospeso e sul numero di dipendenti e di alunni in quarantena. Ci sarebbero poi, secondo i dirigenti, problemi di per il trattamento dei dati sanitari sullo stato vaccinale degli studenti, ma su questo punto il ministero assicura che non ci saranno criticità. In una nota informativa alle scuole, si specifica che la norma di legge autorizza gli istituti a prenderne visione, senza che ciò comporti alcuna violazione. Sul piede di guerra la Cgil, che giudica il provvedimento governativo “insufficiente” e accusa il Cts di un’assenza che “pesa come un macigno”.


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