Caos movida a Cagliari: “Basta attacchi, noi gestori dei locali diamo lavoro a tantissime persone”

Lamentele, insulti e pure secchiate d’acqua lanciate dai balconi. Nel centro storico è di nuovo caos-movida. Andrea Zucca è il titolare del locale “innaffiato” da una residente in piazza Yenne: “Siamo un’industria, ogni giorno lavoro 14 ore. Il rumore? Lo fanno i ragazzini alla Marina, in piazza tra chitarre e bottiglie di birra”. GUARDATE la VIDEO INTERVISTA


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Movida a Cagliari, un tema che fa sempre discutere. L’ultimissimo episodio venerdì scorso, quando una residente di piazza Yenne ha gettato una secchiata d’acqua contro dei clienti di un locale. La donna, che si è beccata una denuncia dalla polizia, ha già spiegato la sua posizione in esclusiva a Casteddu Online. L’altra “campana” è Andrea Zucca, quarantasei anni, titolare proprio del locale “innaffiato” dall’acqua: “Ho chiamato io la polizia, è inaccettabile che alle ventuno sia stata buttata dell’acqua contro dei turisti che avevano un passeggino con dentro due gemelli e una mia collaboratrice. Voglio solo lavorare, ho una sola cassa, piccola, dalla quale diffondo musica e da quando non posso mettere i tavolini fuori gli affari sono calati del sessanta per cento”, racconta Zucca. “Bisogna affrontare l’argomento del rumore senza darsi colpe, è ovvio che ognuno, dentro casa sua, vuole starsene in relax. Quelli come me, a differenza di ciò che si dice, lavorano quattordici ore al giorno, anche quando si fa la spesa o si va dal commercialista. Bisogna fare una riunione con quelli del comitato anti-rumore e i presidenti delle associazioni dei commercianti della zona, per trovare delle regole comuni, e chi sbaglia poi ne pagherà le conseguenze”.

 

Insomma, una mano tesa verso i “rivali”, quella di Zucca: “In settimana chiudo alle 2 di notte, i weekend alle tre, poi però ci sono pure le pulizie da fare. Non è giusto dare la colpa del chiasso a noi titolari dei locali, siamo un’industria che dà lavoro al cinquanta per cento dei dipendenti di tutta Cagliari, dobbiamo essere tutelati. Ripeto”, puntualizza il ristoratore, “troviamo un punto di incontro. Alla Marina c’è una piazzetta dove ci sono i giovani con radioni, chitarre e bottiglie di birra. Non gliele vendiamo di certo noi”. Anzi: “Prima avevo otto dipendenti. Adesso, tra impalcatura e tavolini vietati, ne ho solo tre. Speriamo che qualcosa, presto, cambi”.