Cagliari, al Teatro Massimo “Toni Servillo legge Napoli”

Un affascinante ritratto della città partenopea attraverso le voci di scrittori, drammaturghi e poeti. Sotto i riflettori il raffinato e versatile interprete, attore di teatro e cinema nonché regista, artefice di splendide e applauditissime mise en scène di classici


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Un affascinante ritratto della città partenopea attraverso le voci di scrittori, drammaturghi e poeti: “Toni Servillo legge Napoli” – in cartellone da mercoledì 25 aprile alle 20.30 fino a domenica 29 aprile al Teatro Massimo di Cagliari (tutti i giorni da mercoledì a sabato alle 20.30 e domenica alle 19) per la Stagione 2017-18 de La Grande Prosa firmata CeDAC – nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna, è un viaggio tra le mille mille anime della capitale del Mezzogiorno d’Italia e del Rogno delle Due Sicilie, dalla straordinaria e a tratti struggente bellezza.

Sotto i riflettori Toni Servillo – raffinato e versatile interprete, attore di teatro e cinema nonché regista, artefice di splendide e applauditissime mise en scène di classici come “Il misantropo” e “Tartufo” di Moliere, la “Trilogia della villeggiatura” di Carlo Goldoni, “Sabato domenica e lunedi” e “Le voci di dentro” di Eduardo De Filippo oltre che di opere liriche – svela i molteplici aspetti e le intime contraddizioni della città che incantò (anche) Johann Wolfgang von Goethe.

L’artista (noto e apprezzato in Europa e nel mondo, protagonista di film emblematici come “L’uomo in più” e“Le Conseguenze dell’amore”, “Il divo” e “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, che l’ha diretto anche in “Loro”, prossimamente sul grande schermo per un icastico e amaro affresco del Belpaese, e ancora “Viva la libertà” e “Le confessioni” di Roberto Andò, “Gomorra” di Matteo Garrone e “Bella addormentata” di Marco Bellocchio ispirato alla vicenda di Eluana Englaro, l’enigma de “La ragazza del lago” e il passato che ritorna in “Una vita tranquilla”) propone un itinerario fra luci e ombre, tra vicoli e palazzi, nel cuore di Napoli.

Un’antologia di testi “classici” e contemporanei – in versi e in prosa – per trasportare sulla scena i suoni e i colori, gli umori di una città seducente e misteriosa, accogliente e “pericolosa”, ricca di storia e specchio del mondo: Toni Servillo interpreta frammenti di teatro e poesia, attingendo al vasto repertorio della tradizione partenopea e alle opere dei nuovi autori, per mettere l’accento sulle ingiustizie di ieri e di oggi e sul contrasto tra ricchezza e povertà, tra pathos e sferzante ironia.

Sguardo sugli ultimi in “Lassammo fa’ Dio” del giornalista e scrittore Salvatore Di G.acomo quasi una favola dolceamara, così come crudele è la sorte di “Vincenzo De Pretore”, protagonista del poemetto di Eduardo De Filippo poi trasformato in commedia, mentre il poeta Ferdinando Russo firma “A Madonna d’e’ mandarine” e “E’ sfogliatelle” – due apologhi “celesti” che svelano la dolcezza della madre di Cristo e mostrano tracce d’umanità – e guapperia – perfino in Paradiso.

Un dramma di dolorosa attualità in “Fravecature” di Raffaele Viviani e la feroce invettiva di “A sciaveca” di Mimmo Borrelli lasciano il posto all’immagine del degrado in “Litoranea” di Enzo Moscato – già inserita nello spettacolo “Rasoi” – e ancora lo struggente racconto de “‘O vecchio sott’o ponte” di Maurizio De Giovanni che sfiora l’indicibile e il “Sogno napoletano” di Giuseppe Montesano che in chiave onirica conduce dall’apocalisse a un auspicato risveglio delle coscienze.

E poi c’è il ritratto di “Napule” di Mimmo Borrelli e l’ideale della semplicità e austerità che volge in parodia in “Primitivamente” di Raffaele Viviani, tutta la verità racchiusa nelle parole e la capacità di trasformare il mondo intessendo racconti in “Cose sta lengua sperduta” di Michele Sovente e infine, prima della scanzonata “‘A casciaforte” di Alfonso Mangione, piena di ricordi e cimeli, la celeberrima “ ‘A Livella” di Antonio De Curtis (in arte Totò) in cui un incontro notturno spazza via alterigia e pregiudizi in nome di una estrema e “definitiva” abolizione delle differenze sociali – nell’aldilà.

Un istrionico Toni Servillo presta corpo e voce ai personaggi di un teatro dell’immaginario, confrontandosi con le sonorità – e le asperità – di una lingua arcaica e viva, in un monologo che si fa narrazione corale, dai dialoghi tra Dio e San Pietro della novellistica popolare ai coloriti bozzetti dell’altro mondo – in Paradiso o nell’Inferno in terra che noi stessi contribuiamo a creare. Il fascino di poesie scritte come canzoni – e canzoni che sembrano poesie per uno spettacolo che tocca le corde della mente e del cuore, accende la fantasia, fa sorridere e pensare, con il gusto di farsi gioco dei potenti e dei prepotenti e l’amarezza di chi ogni giorno lotta per sopravvivere.

Nel segno della commedia – nell’accezione dantesca – l’attore, nato ad Afragola ma napoletano nell’anima, testimone delle metamorfosi della città e tra i protagonisti della scena partenopea, dalla stagione del teatro di ricerca al Teatro Studio di Caserta, all’esperienza di Falso Movimento e alla fondazione di Teatri Uniti con Mario Martone (con cui ha anche girato “Morte di un matematico napoletano”, “Rasoi”, “Teatro di guerra” e “Noi credevamo”) e Antonio Neiwiller – offre una visione ammaliante e inquietante della città sorta sull’omonimo golfo ai piedi del Vesuvio.

“Toni Servillo legge Napoli” è un’occasione per riscoprire la radice antica del teatro, in un’epica moderna i cui “eroi” sono gente comune, spesso poveri e diseredati, ladri e mendicanti, i quali narrano le proprie gesta o le proprie disgrazie con il garbo smaliziato e la disinvoltura di chi pur coltivando in segreto ambizioni si trova comunque a proprio agio nei propri panni ed è ancora capace di ridere – di sé e degli altri – e sognare.