Cagliari, lezioni a scuola sui “Martiri delle Foibe”: via libera del consiglio comunale

Impegno del Comune su attività di sensibilizzazione verso gli studenti e le nuove generazioni, iniziative di studio e celebrazioni nel giorni dei “Martiri delle Foibe”. Protesta l’opposizione: “No alle strumentalizzazioni della storia”


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Lezioni nelle scuole e celebrazioni nel giorno dei “Martiri delle Foibe”. C’è via libera del consiglio comunale alla mozione “Ricordo della tragedia delle foibe in vista della solennità civile nazionale del 10 febbraio” presentata oggi in aula dal gruppo Fdi.

Il primo firmatario è il consigliere comunale Salvatore Sirigu, Fdi, seguito dai suoi colleghi del gruppo Fratelli d’Italia (lo stesso partito del sindaco Paolo Truzzu) Antonello Floris, Enrica Anedda Endrich, Stefania Loi, Pierluigi Mannino e Corrado Maxia.

I consiglieri chiedono al sindaco e alla giunta un impegno preciso sulla memoria dei fatti avvenuti tra il 1943 e il 1947 nel territorio dell’Italia nord orientale e in particolare nella Venezia Giulia e nella Dalmazia. Un impegno che dovrà tradursi, secondo le intenzioni dei proponenti, in attività di sensibilizzazione verso gli studenti e le nuove generazioni, iniziative di studio, coinvolgimento di storici e ricercatori che hanno lavorato sul tema.

Chiedono, infine, la partecipazione dell’amministrazione alla cerimonia che ogni anno il Comitato 10 febbraio organizza in città al parco Martiri delle Foibe, e chiedono di “mantenere vivo il ricordo sia di tutti gli infoibati sia della vicenda drammatica degli esuli giuliano-dalmati che hanno impartito – si legge nella mozione – al mondo intero una lezione di civiltà, offrendo un chiaro esempio di compostezza, dignità e amor patrio, onorando sempre la nostra Comunità Nazionale”.

La mozione è stata approvata con i voti di tutti i consiglieri di maggioranza e il voto contrario dei 13 consiglieri del centrosinistra.

Protesta l’opposizione: “La  memoria non deve essere depurata e selezionata per fini politici, nel rispetto della storia e delle giovani generazioni che hanno il diritto di conoscere la complessità degli eventi e i contesti in cui si inquadrano – sottolineano i consiglieri del Centrosinistra – Ciò vale soprattutto quando si parla di temi altamente strumentalizzabili in chiave politica come quello delle foibe. Sugli accadimenti storici che dal 1943 al 1945 interessarono la frontiera adriatica esiste una vasta bibliografia: basterebbe consultare queste pagine frutto di ricostruzioni scientifiche per evitare di fornire informazioni volutamente omissive. Che senso ha nel 2020 tacere sulle responsabilità del fascismo italiano nelle violenze sulla popolazione civile del confine orientale?

La mozione di Fratelli d’Italia dimentica le violenze e le prevaricazioni su croati e sloveni all’indomani dell’annessione delle loro terre alla fine della Prima guerra mondiale operate dagli italiani e finalizzate a sradicare le tradizioni culturali slave dei territori appena assimilati. Dimentica i campi di internamento di Arbe, Gonars, Monigo e Renicci costruiti e gestiti dal Regio Esercito, l’italianizzazione forzata operata dal regime fascista, l’occupazione militare, la proibizione delle associazioni dei partiti, la soppressione della stampa, il divieto per croati e sloveni di usare la loro lingua. Dimentica ancora le uccisioni perpetrate dagli italiani a Pola nel 1929, a Basovizza nel 1931 e i fucilati di Trieste del 1941.

È importante ricordare e studiare cosa sono state le foibe ma è altrettanto importante ricordare e studiare cosa sia stato il nazionalismo italiano prima e il fascismo poi, le violenze a cui furono sottoposte le popolazioni slave ad opera del nostro Paese dal 1918 al 1943. Tutti questi fatti vanno visti e contestualizzati nella storia dell’Ottocento e Novecento, non isolati per fini politici. Il ‘Giorno del ricordo’, istituito con la Legge 92 del 2004 per ‘conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale’, auspica, appunto, una riflessione sull’ampiezza e sulla complessità dei fatti che hanno riguardato il confine adriatico. Un momento di riflessione che perde valore ogni volta che veicola ricostruzioni parziali, estrapolate dal contesto e maneggiate per fini puramente ideologici”.


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