Cagliari, “mi hanno pignorato il capannone e adesso mangio grazie alla pensione di mia madre”

Un debito “antico” di 28mila euro, il tribunale che gli pignora il suo capannone del valore di “358mila euro” e che, alla fine, lo vende a 115mila. Da oltre un mese Mario Caredda, falegname 58enne, è disoccupato: “Campo grazie agli 800 euro di pensione di mia madre, invalida per colpa di un ictus. La mia vita è stata distrutta e nessuno mi offre un nuovo lavoro, navigo nella disperazione. Aiutatemi”.


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Il Natale e il Capodanno? Trascorsi in casa, con il fratello Giuseppe e la madre di ottantasei anni, “invalida per causa di un ictus”. Mario Caredda, a 58 anni, ha smesso di sorridere dopo la decisione del tribunale di pignorargli il suo capannone per via di un debito, saldato solo in parte, “di venticinquemila euro”. L’undici dicembre scorso ha dovuto dire addio alla sua “mini azienda”, trasferendo tutti macchinari in un deposito: “Pago un affitto di trecento euro al mese”. Prima della “visita” dell’ufficiale giudiziario il suo avvocato, Alessio Dessì, ha scritto al giudice, proponendo una sospensione della vendita: “Trovo assurdo che, per un debito di 28mila euro, si decida di pignorare una struttura che ne vale circa 358mila e la si venda, poi, a centoquindicimila euro”, spiega il legale. “L’aggiudicazione, poi, è avvenuta dopo ben otto tentativi di vendita. Il prezzo è ingiusto, e va ricordato che la stima di 358mila euro l’ha fatta, nel 2016, un perito nominato dal tribunale”. Tuttavia, la risposta del giudice non è stata quella che speravano Dessì e il suo assistito. Quel capannone costruito ai bordi della Circonvallazione Quadrifoglio si può vendere anche a 115mila euro perchè, tra le altre cose, il giudice osserva che “la sproporzione tra il prezzo di aggiudicazione e quello di mercato costituisce l’effetto del fisiologico sviluppo del processo esecutivo, posto che la stima effettuata dall’esperto stimatore rappresenta un semplice dato indicativo, mentre il giusto prezzo dell’immobile è individuato attraverso la gara tra gli offerenti e i successivi rialzi degli interessati” e che “l’immobile” non ha “suscitato appetibilità nel mercato, poichè è stato aggiudicato dopo ben otto tentativi di vendita con ribassi progressivi, all’unico offerente presentatosi alla gara, come riconosciuto dallo stesso debitore”. Risultato: istanza rigettata.

 

Niente da fare, dunque. Quel capannone, aperto 24 anni fa insieme ai fratelli e che ha portato alla creazione della società Lafir snc, Caredda non lo rivedrà mai più: “Mia madre sta molto male, non le ho detto di non avere più un lavoro perchè, come minimo, le verrebbe un infarto. Mi sto arrangiando facendo qualche lavoretto, da poco ho riparato un lavandino e mi hanno pagato venti euro”. Niente, in confronto a uno stipendio sicuro: “Mio fratello, da quando ci hanno portato via il capannone, non esce più di casa. E io, alla mia età, non posso nemmeno permettermi di andare a mangiare una pizza con i miei amici. Anzi, quando passo a trovarli al bar sono loro che, sapendo la mia situazione, mi offrono una birretta. Mi sento vittima di un qualcosa di assurdo, navigo davvero a vista. Nessuno, sinora, mi ha offerto un nuovo lavoro stabile. Io, comunque, voglio riprovarci e lancio un appello: so fare il falegname e me la cavo con le riparazioni casalinghe, il mio numero è +393460658324”.


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