Cagliari, la lenta ripresa della fase due: “Il cervello resta in lockdown per almeno 3 settimane”

Dalle uscite solo per “emergenza” agli spostamenti senza autocertificazione, tanti cagliaritani tra stress, timori e sfasamenti. La psicologa Valentina Tieni: “Dobbiamo riabituarci alla normalità, il Coronavirus ci ha portato anche la paura della morte. Il lockdown mentale c’è ancora, pian piano bisogna tornare a vedersi con gli amici e lasciare il cellulare a casa”. Ecco tutti i consigli dell’esperta


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Una fase due ancora, almeno in parte, da scrivere, quella legata al Coronavirus. Dalle uscite di casa solo per “emergenze” alla libera circolazione, dalle tante ore trascorse dentro le pareti domestiche alle passeggiate all’aria aperta, dallo smart working al lavoro nei negozi e negli uffici. Un cambio di passo avvenuto in tempi rapidi e che non tutti stanno riuscendo a reggere. Valentina Tieni, 32 anni, psicologa cagliaritana, racchiude il senso del suo pensiero in una frase: “Il lockdown è terminato, ma non quello del cervello: servono almeno tre settimane per riabituarsi”. Già, riabituarsi: si esce dalla fase 1 di una pandemia, e fioccano paure e timori: “È una situazione di sfasamento, da ritmi tranquilli e rilassanti si passa alle uscite con le paure del contagio e degli altri. In molti hanno sperimentato ansia, attacchi di panico e veri e propri traumi legati alla pandemia, inclusa la paura di morire. Certo, c’è chi è riuscito a vivere bene negli ultimi due mesi, ma non tutti. Oggi si passeggia tra il pericolo con nuove modalità alle quali non siamo abituati, dal distanziamento al contatto fisico inesistente, in Sardegna siamo abituati all’esatto opposto. Ci stiamo ancora abituando a possibilità di tornare a vivere come prima, ma con restrizioni”, sottolinea l’esperta.

Cosa fare, allora, per riattivarsi in tempi non lunghi? “Imparare, in primis, a riconoscere e dare un nome a tutte le nostre emozioni. Chiedere aiuto, poi, se serve, e tornare a fare ciò che facevamo prima del lockdown. Molti lavorano ancora da casa e non hanno ancora ripreso la routine quotidiana fatta di lavoro con altri e uscite, aperitivi e caffè nei bar. I bambini sono stati molto penalizzati, non sono abituati alla solitudine sociale e faticano a capire perchè mamma e papà indossino la mascherina. Tuttavia, hanno una capacità di adattamento differente, rispetto agli adulti”. A rischio soprattutto gli adolescenti: “Per due mesi hanno vissuto tra smartphone, computer e videogiochi. Pian piano, è meglio che si incontrino realmente con i loro amici, tenendo le giuste distanze di sicurezza ma lasciando il cellulare a casa, sennò c’è il rischio che si rinchiudano nelle loro stanze e nella loro vita virtuale ancora a lungo. È fondamentale”, conclude la Tieni, “guardarsi negli occhi”.


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