Cagliari, la guerra in Ucraina manda ko gli allevatori: “Scorte di mangime finite, restano debiti e lacrime”

L’urlo disperato dalle campagne del Cagliaritano. I maiali senza più grano, mais e orzo, gli allevatori pronti a chiudere le aziende. Marco Pinna di Gonnosfanadiga: “Costi dei mangimi su del 30% per colpa della guerra, non so più come far mangiare le mie scrofe e i miei figli”. Luigi Aru di Vilacidro: “600 maiali sul groppone, chi vende mangime mi ha detto che non ci sono scorte per il futuro: ho sei dipendenti, a 64 anni sto per perdere tutto”. Ecco le loro storie


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La guerra scoppiata in Ucraina mette in ginocchio anche gli allevatori cagliaritani. I costi delle materie prime sono saliti tantissimo, le scorte sono quasi al lumicino e in tanti hanno già ricevuto gli avvisi di varie aziende di sementi: “La crisi militare tra Russia e Ucraina si sta abbattendo in maniera dirompente sui mercati già instabili e fortemente condizionati dalla pandemia. Il problema del rincaro dei prezzi dei prodotti passa quasi in secondo piano” perchè “gli approvvigionamenti stanno diventando sempre più difficili se non impossibili. Possiamo garantire le forniture solo ai clienti già inseriti che comprano con costanza e regolarità”, si legge nella nota di una delle tante realtà private che vendono mangimi in Sardegna. Una bella botta, forse quella definitiva, per gli allevatori. Marco Pinna ha 120 maialini da latte a Gonnosfanadiga e ha trentasei anni: “La guerra sta finendo di mettermi in ginocchio, non bastava la pandemia del Covid che ha portato all’azzeramento delle vendite. I costi di gestione sono cresciuti del trenta per cento, col conflitto fatto scoppiare dalla Russia stanno mancando le scorte delle materie prime: grano, mais, orzo e soia, i miei maiali non stanno più mangiando e, negli ultimi due anni, ho dato fondo a tutti i miei risparmi, 50mila euro”. Ha boccheggiato, insomma, Pinna, e ora sta annegando: “Devo dar da mangiare ai miei maiali ma anche ai miei due figli e alla mia famiglia, sono molto preoccupato. Il mercato dei maialini da latte, poi, è fermo”.
Disperato, e molto, anche Luigi Aru, storico allevatore di Villacidro. 64 anni, è il presidente dell’associazione suinicoltori sardi e, insieme alla moglie, gestiscono 600 scrofe: “Non riesco più a far fronte alle spese, non si trovano più le materie prime. Faccio questo lavoro da quarant’anni, è tutta la mia vita”, confessa Aru, “sono già nel baratro come tutti i miei colleghi, la guerra in Ucraina è la mazzata definitiva, oltre alla già datata peste suina africana. Ho una produzione eccellente, ma il maiale sardo è deprezzato: a livello nazionale è pagato 8,55 euro più iva al chilo, in Sardegna appena tre. E sui mangimi”, sottolinea, “ho fatto un ordine di 200 quintali e me ne sono arrivati appena cinquanta, segno che le scorte stanno finendo. Ho sei dipendenti, rischio di doverli mandare a casa. Qui è tutto bloccato, tra vendite azzerate e caro delle materie prime. Abbiamo avuto un incontro con la Regione, ben vengano i ristori ma, purtroppo, sono temporanei”.


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