Cagliari, la guerra di Claudio Ara: “Il Comune vuole abbattere il Luchia ma così non si tratta nemmeno un serial killer”

Una multa non pagata da 18mila euro, “pari a 18mila caffè che dovrei vendere” e troppi giorni di chiusura fanno avvicinare le ruspe al locale di viale Buoncammino. Il titolare ha già fatto ricorso, blocca la strada col bancone e promette battaglia: “Non siamo delinquenti o nullafacenti dietro una scrivania, qui ci sono dodici famiglie che lavorano. Clienti e croceristi vanno nel bagno del personale e ogni due settimane pago l’autospurgo. State pian piano chiudendo tutti i locali, il tempo del fascismo è finito: ai miei colleghi chiedo di unirci e combattere”. VIDEO DENUNCIA


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Il rumore del motore delle ruspe diventa sempre più forte e vicino al chiosco Luchia, in viale Buoncammino a Cagliari. Dal Comune è arrivata la revoca della licenza definitiva per il locale gestito da Claudio Ara, già negli ultimi anni alle prese con chiusure e multe da pagare. E, in particolare, c’è una multa da poco più di diciottomila euro che risulta non pagata che risale al 20 ottobre dell’anno scorso. La ditta che gestisce il Luchia “ha installato e utilizzato, in assenza di valido titolo abilitativo, un impianto elettroacustico di amplificazione e diffusione sonora di brani musicali gestito da un dj e occupato parte del suolo pubblico limitrofo al chiosco per un totale di 99 metri quadrati”. Così si legge nella determina del servizio Patrimonio, protezione e sicurezza. E allora, se entro trenta giorni il locale non sarà smantellato, arriveranno le ruspe comunali e chi se n’è lavato le mani dovrà pagare anche tutte le spese per le operazioni. Quel qualcuno è Claudio Ara, che ha postato su Facebook un video dai toni durissimi, poco più di quattro minuti durante i quali fornisce, con tono di voce alto e parole non sempre “da chiesa” tutte le motivazioni a sua difesa: “Ho già fatto ricorso”, precisa a Casteddu Online, “i miei avvocati stanno già lavorando. Il Comune, tramite Abaco, pretende diciottomila euro per un tavolino in più. Diciottomila euro sono diciottomila caffè venduti, ce ne rendiamo conto? Non me ne vado via da qui, darò battaglia e sono pronto a mettermi davanti alle ruspe. In due anni ho chiuso due mesi, superando i 45 giorni, per questo volete togliermi la licenza”.
Nel filmato, realizzato prima di mettere il bancone in mezzo al viale Buoncammino per protesta, non le manda certo a dire: “Revoca della licenza definitiva, neanche a un serial killer. Diamo servizi, creiamo posti di lavoro e riqualifichiamo un’area. Non siamo delinquenti, o nullafacenti come chi sta dietro scrivania con aria condizionata in estate e riscaldamento in inverno. Sono i piccioni che ci disturbano, noi non disturbiamo nessuno. Avete chiuso la caffetteria di via Cima e non passano neanche le auto. Gestapo e fascismo sono finiti da molto tempo, siamo lavoratori e diamo servizi qui abbiamo creato dodici posti di lavoro. Dopo il Covid mi avete dato poco spazio e mi sono sottomesso alle vostre angherie. Non ce la faccio più, lavoro da 48 anni, mi adopero per dare servizi e mi trattate da delinquente, chiedo aiuto e non me ne date. La gente e i croceristi, qui, vanno nel bagno del personale visto che non mi avete permesso di costruirne un altro, e ogni due settimane devo pagare l’autospurgo. Smettetela di fare i tecnici, sennò saremo governati solo da robot. Esiste anche il fattore umano. Cari colleghi”, conclude Claudio Ara, riferendosi a chi ha già perso l’utilizzo di tavolini e spazi più ampi, “ce la fate ad armarvi e unirci contro i regolamenti obsoleti Non siamo più nemmeno nel periodo fascista ma nel feudalesimo, con dazi da pagare”.


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