Cagliari, imita l’Atalanta: coi giovani 4° posto e 60 milioni di utile

Rastelli dovrebbe mettere da parte un po’ l’esperienza dei senatori e fare come il suo collega Gasperini che l’anno scorso rischiando il posto ha ottenuto sia l’exploit sul campo che quello del bilancio 


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di Nanni Boi

Mentre il calcio mercato è entrato nel vivo e si pensa ormai alla nuova stagione, può apparire anacronistico ritornare su quella passata, salvo leggere dalla stessa alcuni dati che possono offrire dei suggerimenti per il futuro. Prendiamo gli allenatori. Il lavoro fatto da Rastelli nel Cagliari è stato considerato più che positivo e, indubbiamente, se andiamo a riguardare gli obiettivi che la società gli aveva chiesto di raggiungere sono stati centrati. La promozione addirittura col primo posto finale e la salvezza nel massimo campionato con l’11° posto. Per questi risultati, in  particolare per l’ultimo, Rastelli è stato anche premiato qualche giorno fa come allenatore rivelazione della serie A. Ma alla fine dei conti la società rossoblù deve essere davvero appagata da questo bilancio? Lasciamo perdere le troppe disfatte con quattro-cinque e anche sei gol subiti per volta, lasciamo perdere che simili crolli tutti insieme non si erano mai verificati in tutta la storia dei rossoblù in serie A. E non soffermiamoci neanche sui troppi gol subiti, segno di un equilibrio mai realmente trovato. Ma alla fine dei conti cosa resta in eredità di quell’11° posto?

Tra gli obiettivi delle società di provincia che devono rifarsi alle entrate tv per far quadrare i propri bilanci, non possono mancare i contratti commerciali (e su questo punto il direttore Passetti ha fatto un ottimo lavoro ottenendo non casualmente la promozione a direttore generale) e le famigerate plusvalenze sui cartellini dei giocatori componenti la rosa. Cioè le differenze in positivo tra la spesa sostenuta per un acquisto e il guadagno ottenuto con la successiva cessione dello stesso giocatore. Sotto questo profilo il lavoro di società e staff tecnico è stato decisamente meno impeccabile. Per buona parte a causa della politica societaria di affidarsi a calciatori esperti (l’età media della squadra era infatti tra le più alte del campionato)  e quindi di difficile ricollocazione sul mercato. Una scelta in parte condivisibile perché al ritorno dalla serie cadetta il rischio di retrocessione è stato così ridotto, e il Cagliari si è tenuto sempre a distanza dalle ultime tre posizioni. Ma per avere un futuro senza patemi, considerati anche gli investimenti societari nel nuovo stadio e la vicenda Fluorsid al vaglio della magistratura, gli utili del mercato sono imprescindibili.

Non c’è niente di male nel dirlo, forse la Roma degli americani non fa il mercato sulle plusvalenze? Per caso Pallotta rinforza la squadra con soldi che non arrivano dalle cessioni di alcuni dei suoi pezzi da novanta? E perché non dovrebbe farlo il Cagliari che ha molte meno risorse dei capitolini. Qualcosa si è mosso con i 7 milioni incassati per Murru, giocatore che è cresciuto nel vivaio e che è stato ceduto alla Sampdoria. Peraltro la metà di questi soldi sono già volati per acquistare di cartellino di Miangue, l’anno scorso solo in prestito, e inoltre per pagare un ingaggio biennale non basso a Cigarini che non solo non è più un ragazzino, ma viene pure da una stagione in cui non ha praticamente giocato e deve quindi dimostrare di poter reggere ancora a buoni livelli.

L’altro giovane che è stato valorizzato nel passato campionato è Barella, ignorato dallo stesso Rastelli l’altr’anno al pari di Barreca, e finalmente utilizzato a tempo pieno. Ma se andiamo a vedere i giovani che hanno accresciuto la loro quotazione di mercato abbiamo anche finito. Lo stesso Han, che pure aveva trovato il gol alla seconda apparizione in campo, era stato poi lasciato inspiegabilmente in panchina per le quattro partite successive prima di ritrovare un po’ di minuti nelle ultime tre. Eppure non c’erano neanche controindicazioni di classifica per un suo maggiore impiego. Non ha fatto meglio Faragò che di anni ne ha compiuti 24 e che pure aveva un  ottimo profilo dopo una stagione e mezzo trascorsa a grandi livelli in serie B. Ha giocato solo l’ultima di campionato per 90’ nella vittoriosa sfida contro il Milan e per il resto ha sommato appena 8 gettoni part time. E’ vero che subito dopo l’esordio si era fermato per infortunio, ma anche la posizione in campo scelta per lui non è sembrata delle più felici.

Se Faragò ha una caratteristica apprezzabile, è quella di inserirsi da dietro e fare gol. E tenere una media di sei-sette reti a campionato per un centrocampista è tanta roba. Ma a Cagliari, appena arrivato, Rastelli dichiarò che il suo ruolo era quello di vice Dessena e francamente non si capisce perché. La stagione d’oro di Pisacane e Borriello (che comunque per via dell’età non fanno mercato) fa da contraltare a quelle così così di tutti gli altri che più o meno hanno reso per quello che potevano dare, se non meno. Vedi Farias che impiegato come uomo assist ha pochi concorrenti in tutta la serie A, mentre schierato da punta che cerca la rete è uno dei tanti, per quanto abbia una certa familiarità col gol. Insomma se guardiamo quello che ha fatto Gasperini a Bergamo, la rivelazione Rastelli scompare. Non solo per il quarto posto che rappresenta il miglior piazzamento ottenuto dall’Atalanta nella sua storia. Ma soprattutto per i circa 60 milioni che l’allenatore ha fatto guadagnare alla sua società valorizzando ragazzi dal nulla e rischiando anche sulla propria pelle ad inizio stagione, quando puntò su di loro contro il volere della stessa società.  Gagliardini (ceduto a gennaio all’Inter per 25 milioni) non giocava in B a Vicenza (16 presenze di pochi minuti); Caldara (15 milioni alla Juve) veniva da due campionati analoghi in prestito con Trapani e Cesena; Conti (dovrebbe andare al Milan per una decina di milioni) l’anno scorso era in rosa ma non se ne era accorto nessuno; Kessiè era anche lui in prestito al Cesena e ha fruttato 20 milioni con la cessione al Milan. Senza contare la quotazione di gente come Petagna e Gomez che si è quadruplicata. Nel Cagliari tutti sanno il fatto loro, indubbiamente, ma di pari passo con i risultati bisogna sempre cercare la valorizzazione dei giocatori. Ecco perché dopo il primo anno in cui certi investimenti basati sull’esperienza avevano una loro ragione, ora non bisogna più accontentarsi dei giocatori alla ricerca degli ultimi ingaggi. Ci sono tanti giovani in serie B che attendono una chance. Diamogliela.


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