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Tra i settori più penalizzati dall’emergenza Coronavirus c’è, sicuramente, quello dei titolari e gestori di luna park. Uno dei luoghi simbolo del divertimento è totalmente fermo, e sarebbe difficile pensare una soluzione diversa: tra giochi e attrazioni, gli assembramenti non sono un rischio, ma una garanzia. Tagadà, gonfiabili e montagne russe sono riposti già da mesi nei magazzini, e la fame di chi vive facendo divertire gli altri è tanta. Gianluigi Mura, 48 anni, è a capo di una delle comitive di giostrai più numerose di Cagliari: “Tra figli, mogli e fratelli siamo in trentacinque”, afferma. Sin dall’inizio del Duemila ha allestito luna park in piazza del Carmine, piazza dei Centomila e in viale Marconi a Quartu Sant’Elena. “L’ultimo incasso è stato a dicembre, adesso siamo nel limbo. Non sappiamo quando potremo ripartire, ma la vedo grigia, anzi, nera”. Gli aiuti al Governo? “Chiesti, ma non sono arrivati ancora i 600 euro del bonus e devo capire se potrò ottenere il finanziamento-prestito da venticinquemila euro. Almeno i buoni spesa del Comune sono stati puntuali”. Ma, ovviamente, non è sufficiente per vivere.
“Il Governo non può dimenticarsi di noi. Ho parlato con altri gestori di luna park e mi è venuta un’idea: per farci lavorare si potrebbero limitare le aree, creando un parco divertimenti a numero chiuso con l’obbligo, per chi vuole entrarci, della misurazione della temperatura corporea. E, sulle attrazioni come dischi volanti e autoscontri, si possono evitare assembramenti facendo sedere una sola persona su ogni singolo disco o macchinina”. Mura è sicuro: “Abbiamo già perso numerose sagre e feste paesane, riuscivamo a farci uno stipendio. O ripartiamo a breve o per noi sarà la morte”.