Cagliari, caos al Brotzu: “Da Seui col piede fratturato”, “Dieci ore di attesa al pronto soccorso prima della visita”

Eccole, le voci di chi spera in una sanità migliore ma si scontra con i grossi disagi anche nel principale ospedale sardo. Stefano, 25enne di Seui: “Gesso messo qui, il piede mi fa malissimo e spero che mi visitino presto”. Carlotta, 38 anni di Capoterra: “Notte passata al pronto soccorso, mia figlia potrebbe avere un’appendicite e il medico di guardia ci ha detto di venire all’ospedale”. Le VIDEO INTERVISTE


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Un caos, aggravato dal sole e dalla tanta polvere che si spande nell’aria a causa del rifacimento dell’asfalto proprio davanti al pronto soccorso del Brotzu. Tutti, o quasi, sotto l’unico gazebo, ma c’è anche chi passeggia nervosamente e chi sta attaccato allo smartphone per ingannare il tempo. Tra dolori e, soprattutto, disagi. Il peso delle emergenze, ma anche dei problemi di salute ordinari, è tutto su due pronto soccorso per metà Sardegna: Brotzu e Policlinico. E nell’ospedale più grande di tutta l’Isola le attese, spesso, superano anche le dieci ore. E c’è anche chi deve ritornare, controvoglia, per essere nuovamente visitato dopo aver ricevuto una prima medicazione appena due settimane fa. È il caso di Stefano, 25enne di Seui, studente universitario: “Sono caduto e mi sono fatto male al piede e alla gamba sinistra. Mi hanno messo il gesso, sono tornato perchè ho dolori molto forti. Quando sono venuto la prima volta mi avevano visitato dopo sette ore. Stavolta spero siano più rapidi”, dice, tenendosi in equilibrio con le stampelle e la schiena appoggiata ad una delle sbarre del gazebo. Tempi di attesa lunghi? “Per il gesso avevo prenotato. Sono arrivato da poco, spero di non dover attendere troppo tempo”. Anche perchè, alle 11, il sole picchia già forte. Resta sulle sue, il giovane, si accende un paio di sigarette e, come le altre quindici persone, attende che dal pronto soccorso esca qualcuno per chiedergli il motivo del suo arrivo.
Ha trascorso tutta la notte buttata in una delle sedie del pronto soccorso, invece, Carlotta, 38enne di Capoterra. La figlia, appena diciottenne, potrebbe avere un’appendicite. I dolori ci sono e i controlli sono altrettanto necessari: “Siamo andati al medico di guardia di Capoterra, è stato lui a dirci di venire qui. Arrivate alle 21, hanno visitato mia figlia alle sette e trenta. Ora so che le stanno facendo gli esami”, sospira. Un’attesa infinita, più di metà giornata persa per colpa di una sanità lumaca: “Sono lenti? Nooo”, dice, ridacchiando amaramente. “Lo so che non è colpa di chi lavora nel pronto soccorso, sono pochi e sono lasciati soli”. Ma i disagi delle attese sono tutte sulla pelle dei pazienti. E, evitando una delle tante nuvole di fumo delle ruspe e betoniere in azione a pochi metri, concorda sul fatto che una svolta è possibile solo con un intervento della Regione, che ha a capo tutta la sanità pubblica isolana: “Non so quante persone ci siano dentro il pronto soccorso. Io e mia figlia abbiamo dovuto attendere dieci ore”. Tante, troppe, ma non può essere altrimenti se non apriranno altri pronto soccorso da Burcei in giù.


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