Cadavere di Uta e Marco Frau scomparso: “La sorella Livia vuole la verità e lotterà sino alla fine”

Livia Frau, la sorella, non si arrende. Vuole vederci chiaro. Se dovesse trattarsi del corpo del fratello pensa a un omicidio, se non dovesse essere lui continuerà a cercarlo. Questo, in sintesi, il suo pensiero, trasmesso a Radio Casteddu, dai legali Fausto Argiolas e Claudia Delvecchio


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In un canale di Uta vengono trovati i resti di un cadavere. Ai piedi un paio di scarpe che coincidono per colore e marca con quelle di Marco Frau, l’insegnante di Assemini scomparso nell’ottobre 2019. Ma Livia Frau, la sorella, non si arrende. Vuole vederci chiaro. Se dovesse trattarsi del corpo del fratello pensa a un omicidio, se non dovesse essere lui continuerà a cercarlo. Questo, in sintesi, il suo pensiero, trasmesso a Radio Casteddu, dai legali Fausto Argiolas e Claudia Delvecchio.

“Livia si è mossa da sola, anche tramite un investigatore privato che ha svolto sopralluoghi e ha ascoltato dei testimoni, cercando di ricostruire gli ultimi momenti di Marco”, spiega Argiolas, “e ha sempre avuto la speranza di poterlo trovare vivo. Ma se l’epilogo fosse quello davvero quello nefasto, lei dice che non si è suicidato.

La Procura ha aperto l’inchiesta per omicidio, ma se manca il cadavere la situazione difficile. Livia partendo da un convincimento forte, dice che semmai è morto c’è qualcuno che ne ha cagionato la morte. E lei ha anche avanzato diverse teorie, confortate da alcuni elementi emersi nelle investigazioni che sono andate  avanti negli ultimi mesi e ora anche alla luce del ritrovamento del corpo”.

“Oltre all’esame autoptico ci sarà anche quello del Dna, quindi sia il Ris che Demontis”, spiega Claudia Delvecchio, “ci auguriamo di poter accertare la verità, se il cadavere di Uta è quello di Frau, se dovessero essere i suoi resti, bisogna capire se il corpo può parlare. In quel caso noi andremo subito in Procura. Ma se non fosse lui Livia continuerà a cercare Marco e lotterà sino alla fine”.

Risentite qui l’intervista a Fausto Argiolas e Marco Delvecchio
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