“Basta col massacro dei cuccioli di agnelli in Sardegna, fermiamo queste sagre”

La lettera aperta dell’animalista Paola Re: “Stop alla scenografia sanguinaria delle sagre di Pasqua. In Sardegna la cultura del massacro dei cuccioli è radicata: la stessa sorte degli agnelli è riservata ai maialini, anche in quel caso in nome di un’inaccettabile tradizione gastronomica, ancestrale e granitica”


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Gentili signore e signori,

le sagre a base di agnello sono frequenti in Sardegna la cui economia si basa per buona parte sul massacro di questo cucciolo. “Sa Sagra de S’Anzone” a Bidonì (OR)http://www.comune.bidoni.or.it/cominfo/eventi/evento.asp?id=33 è un esempio molto rappresentativo di questo genere di sagra, complice la sua “scenografia” sanguinaria. Da vent’anni è un appuntamento fisso il Lunedì di Pasqua ed è organizzata dalla Associazione Turistica Pro Loco Bidonìcon il patrocinio di: Consorzio di Tutela dell’Agnello Sardo IGP, Borghi autentici d’Italia e le immancabili istituzioni Comune di Oristano, Barigadu Unione dei Comuni, Provincia di Oristano, Regione Autonoma della Sardegna.

Nel programma è anche compreso il convegno: “Agnello di Sardegna IGP: mercati esteri e opportunità tra cultura, identità e innovazione.. La crisi si fa sentire: sono sempre più frequenti le occasioni in cui si parla di nuove opportunità per l’allevamento ovino. Il consumo di agnello per la celebrazione della Pasqua è crollato così vertiginosamente da far capire al consumatore di cibo animale che l’empatia verso la sofferenza dell’agnello dovrebbe essere estesa a tutte le specie animali perché gli animali, tutti, non sono ingredienti ma esseri senzienti. Sempre più persone si rendono conto che mangiare cuccioli perché sono buoni è ingiusto. I cuccioli sono certamente buoni ma di animo: sono il simbolo dell’innocenza e della purezza. Questi disgraziati agnelli sono fatti nascere a seguito di una fecondazione regolata in modo da poterli macellare quando pesano 8-12 chili, proprio in occasione della Pasqua: un ciclo di vita artificiale a esclusivo uso e consumo dell’essere umano, una vera e propria programmazione sistematica a morire. Vengono strappati alle madri e, se non sono macellati localmente, sono costretti a lunghi ed estenuanti viaggi, stipati su camion, in condizioni di insopportabile sofferenza, per arrivare al macello in cui vengono immobilizzati, storditi con elettronarcosi (che non sempre fa effetto, quindi possono essere ancora coscienti in punto di morte), appesi a un gancio e lasciati dissanguare. Prima della macellazione si dimenano, urlano, piangono terrorizzati. Nei loro sguardi si legge l’angoscia di una vita strappata e la consapevolezza dell’arrivo della morte. Ogni volta che si guardano queste immagini https://www.essereanimali.org/macellazione-agnelli-pasqua/ si avverte l’incapacità di trovare una spiegazione a tanto dolore. Dopo essere stati sgozzati, i loro corpi vengono lavorati velocemente diventando prodotti, pronti per essere venduti.

Produrre cibo non deve necessariamente sfociare nel massacro perché la gastronomia può prendere innumerevoli strade per nutrire chi consuma e assicurare il guadagno a chi produce. Anziché organizzare convegni per rilanciare il consumo di agnello, si cerchino strade innovative dal punto di vista etico.

In Sardegna la cultura del massacro dei cuccioli è radicata: la stessa sorte degli agnelli è riservata ai maialini, anche in quel caso in nome di un’inaccettabile tradizione gastronomica, ancestrale e granitica.

Mentre gli animali perdono la vita, l’economia sarda perde i pezzi e purtroppo di questa perdita risentono famiglie che necessitano di lavorare. Non è con l’allevamento ovino, tanto meno con questi massacri festaioli, che si aiuta l’economia. La politica dovrebbe trovare soluzioni anziché patrocinare tutto ciò che le passa sotto gli occhi

La battaglia dura da vincere ma doverosa da fare è quella di liberare gli animali da ogni stereotipo: un animale “da mangiare” soffre e gioisce come il migliore amico dell’uomo sdraiato sul tappeto di casa. E’ una cosa risaputa da chiunque ma costa fatica ammetterla perché conviene tenere alzato un muro tra noi e loro che devono mantenere la loro identità di “prodotti”.

La crescente informazione sulle condizioni degli allevamenti, sulla sofferenza che comporta il viaggio verso i mattatoi e sulla macellazione fa riflettere sempre più persone sulla pratica di mangiare animali messa in discussione sia per motivi etici che per motivi salutistici: mangiare animali non è una necessità ma una pretesa di soddisfare il piacere del palato. Nessun piacere dovrebbe causare quell’infinita sofferenza che comportano allevamento e macellazione. Si va sempre di più verso una scelta etica, salutistica, ecologica, sociale, economica dalla parte opposta rispetto a quella a cui indirizza questa mortifera sagra http://www.saicosamangi.info///www.saicosamangi.info/  ma l’economia tetragona della Sardegna pare non rendersene ancora conto.

Cordiali saluti.

Paola Re


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