“Chiedo scusa a tutti i sardi e a me stesso per l’errore della parola “chiusu” nella didascalia del mio ultimo servizio andato in onda sabato scorso, errore che non è dipeso da me. Vi garantisco che regalerò immediatamente un dizionario della lingua sarda all’addetto delle grafiche dei nostri servizi”. Con queste parole l’inviato di Striscia la notizia, Cristian Cocco, dopo un comunicato stampa di protesta di Osservatorio Antiplagio, ha rimediato nel suo profilo facebook allo strafalcione commesso dalla redazione di Antonio Ricci il 2 giugno 2015, quando ha mandato in onda un servizio su un museo ancora chiuso a Quartucciu, località dell’hinterland cagliaritano, scrivendo in sovraimpressione “su museu chiusu”, anziché “su museu serrau”. Sostituire “la lettera finale con la solita u – aveva lamentato Osservatorio Antiplagio – come non si fa più neanche nei peggiori cinepanettoni o nei palchi più beceri, è il segnale della decadenza, o peggio della morte dell’ironia e della satira. “Su museu serrau” sarebbe stata la traduzione migliore – aveva aggiunto Osservatorio Antiplagio – e non avrebbe richiesto alcuno sforzo intellettuale”. E in attesa che alle scuse dell’inviato sardo di Striscia la notizia si uniscano quelle di Antonio Ricci, Osservatorio Antiplagio si vede costretto a redarguire nuovamente Cristian Cocco: il 2 giugno infatti era martedì, non sabato. La settimana non era ancora chiusa, serrada.