L’Alto Medioevo, che va dal VI al X secolo, fu un periodo di profondi cambiamenti politici, sociali e culturali in tutta Europa e anche la Sardegna non fu immune da queste trasformazioni. Ma il contesto fu ben differente da quello a lungo tempo descritto dalla teoria classica dei “secoli bui”, ossia di un periodo di crisi e di regressione, anche per l’assenza di sufficienti informazioni storiche. Nell’Isola, dopo la dissoluzione dell’Impero Romano d’Occidente e la breve dominazione dei Vandali, il controllo dei bizantini e il successivo progressivo disimpegno militare e politico portò alla nascita dei Giudicati, stati sovrani indipendenti con una organizzazione che si può definire “moderna” rispetto al sistema feudale tipico di buona parte del resto del continente europeo. A differenza di altri periodi storici, le ricerche archeologiche hanno messo in luce quanto, su stessi siti con origini nuragiche, fenicio-puniche o romane, le influenze dei dominatori di turno portarono a ulteriori stratificazioni artistiche e architettoniche dell’esistente, in particolare nelle edificazioni militari e in quelle destinate al culto cristiano. Mentre del dominio vandalo sono rimaste poche tracce, con i bizantini iniziò, soprattutto nei centri urbani di origine romana, una trasformazione del già costruito, un recupero architettonico finalizzato alle nuove esigenze della vita quotidiana. Ad esempio le terme molto spesso furono destinate ad essere usate come abitazioni o chiese oppure ancora fortificazioni. Una particolarità del periodo è che, anche andando a visitare siti archeologici ben più antichi, si possono trovare elementi innovativi direttamente legati ai governanti inviati da Bisanzio: come le domus de janas che diventarono sede di comunità monastiche di rito orientale o come gli stessi nuraghi riutilizzati come elementi della rete difensiva, in quei secoli necessaria per proteggere il territorio dalle periodiche incursioni arabe.
Le città di Carales (Cagliari) e Nora, Tharros e Turris Libisonis (Porto Torres) continuarono a essere floride grazie ai loro porti e al commercio via mare. In esse i bizantini costruirono e restaurarono vecchi edifici destinandoli al culto cristiano. Ad esempio, a Cagliari, la Basilica dedicata al martire Saturnino, patrono del capoluogo sardo, venne edificata con pianta a croce greca sormontata da una cupola emisferica all’incrocio dei bracci. Ma altre zone della città, oggi centralissime, come nel caso del sistema museale di Sant’Eulalia, mostrano benchè parzialmente, tra tante stratificazioni storiche, il volto della città altomedievale.
Il territorio dell’Isola mostra ancora molti resti di quelli che furono gli insediamenti militari, il principale a Forum Traiani, l’odierna Fordongianus, dove normalmente era di stanza il dux, la prima autorità a capo delle guarnigioni schierate a difesa della periferia dell’Impero Romano d’Oriente. A poca distanza, nell’area di Samugheo, su uno sperone roccioso si trova il castrum di Medusa, esempio di roccaforte con un unico punto di accesso immersa in un ambiente di grande suggestione paesaggistica.
Sono diversi i musei che negli anni hanno catalogato ed espongono al pubblico i reperti più significativi di un periodo, quello altomedievale, che in Sardegna, secondo vari studiosi, ha ancora molto da svelare. I più importanti, per dimensione espositiva, sono quelli archeologici delle città più importanti, ma anche nei centri più piccoli si possono trovare tanti luoghi capaci, anche in poco spazio, di fornire al visitatore un’esperienza culturale particolare. A partire dall’VIII secolo, con Bisanzio non più in grado di controllare militarmente e con continuità la Sardegna, ebbe inizio il processo che portò l’Isola a diventare autonoma, una evoluzione che in pochi decenni portò alla nascita dei Giudicati di Cagliari, Arborea, Torres e Gallura ad opera dei governanti degli omonimi distretti che si autoproclamarono judikes del proprio territorio.
a, come già scritto, l’intero periodo altomedievale sardo è ancora potenzialmente destinato a essere oggetto di ulteriori scoperte. Ad esempio sul reale influsso del mondo islamico, storicamente definito in maniera negativa (incursioni e saccheggi) ma sul quale diversi ricercatori ritengono che i contatti siano stati maggiori, prolungati e non necessariamente ostili. I rapporti di carattere commerciale sarebbero comprovati soprattutto dai ritrovamenti di monete, come un dinar omayyade, custodite al Museo archeologico nazionale di Cagliari. Allo stesso modo resta ancora incerta l’effettiva corrispondenza tra l’Isola e il mondo longobardo. Ma di sicuro sono tanti gli elementi di carattere archeologico che fanno ritenere che la Sardegna non abbia trascorso “secoli bui”, ma, anzi, abbia conosciuto uno sviluppo economico, sociale e culturale dinamico nelle vicende dell’area mediterranea, percorso culminato più tardi con l’autonoma e originale, dal punto di vista politico e amministrativo, epopea dei Giudicati.