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di Sara Panarelli
Ha girato il mondo con la Sardegna nel cuore. Poi, ha ceduto al richiamo della sua terra, forte come solo per i sardi sa essere. Ha sposato la causa del Movimento 5 Stelle, è diventata sottosegretario con Conte e ora viceministro nello stesso dicastero, lo Sviluppo Economico, con Draghi. Nuorese, 52 anni, Alessandra Todde in questo momento porta sulle spalle aspettative e speranze di un popolo che non vede l’ora di rinascere, lasciandosi alle spalle l’anno orribile della pandemia. Su di lei i sardi contano per liberarsi dalle macerie che continuano a seppellire un’economia che annaspa ma non vuole annegare. Attraverso lei, i sardi spingono per far arrivare la loro voce forte e chiara a Roma. Perché è lei l’unica rappresentante della Sardegna all’interno del governo.
Viceministro Todde, lo sa – vero – che tutta la Sardegna conta su di lei? Sento forte, fortissima questa responsabilità, ma altrettanto forte è il desiderio di farlo e di riuscirci. Sono andata via dalla Sardegna a 17 anni e sono tornata 3 anni fa. La mia terra mi è mancata moltissimo, ne ho conservato i valori più profondi, allo stesso tempo ho fatto mie esperienze tanto diverse e tutte importanti. Questo credo possa essere il valore aggiunto per poter operare, per la mia gente, oltre ogni barriera: conoscere benissimo il mio territorio e allo stesso tempo aver fatto esperienza fuori.
Anche la Sardegna, come il resto d’Italia, è provata da un anno orribile. Quante speranze ripone nel Recovery plan?
Moltissime. Il Recovery ci dà occasione di fare investimenti infrastrutturali che in un momento normale non sarebbero possibili. Infrastrutture dirimenti, che ci consentiranno di intervenire sulle nostre direttrici economiche e produttive, disegnando una visione strategica per il futuro. Nel documento complessivo nazionale ci sono le linee guida generali, le direttrici orizzontali. Poi, ci sono i temi specifici per la Sardegna: la filiera dei porti, gli interventi nel mondo agricolo e produttivo, il turismo, il sistema agropastorale, i piccoli artigiani e il commercio. Sono programmi che vanno visti in prospettiva, come strumento per garantire un futuro solido alla nostra terra. Naturalmente servono infrastrutture stradali e ferroviari, ma soprattutto quelle infrastrutture digitali che consentiranno di abbattere gap e disuguaglianze. E questo del digitale, è naturalmente un tema che interessa in modo particolare la Sardegna per la sua condizione di insularità: col digitale, i confini e le distanze hanno un altro significato.
Ha già incontrato il presidente della Regione Solinas? Non ancora, Lo vedrò prossimamente, in uno spirito di collaborazione che intendo assolutamente mantenere. Sono all’interno di un governo di unità nazionale, è mio dovere e mia volontà portare le istanze della Sardegna a qualsiasi livello, in un confronto costante con le amministrazioni locali, a tutti i livelli. D. Continuità territoriale, l’eterno problema dell’isola. R. Alitalia ha rinnovato l’offerta dei voli in continuità territoriale sulle sei rotte dai 3 aeroporti sardi, resta aperto il tema dei traghetti che speriamo di risolvere al più presto prorogando la continuità. Ma io credo che l’unica strada sia una soluzione strutturale, che va studiata anche guardando a esempi di altri paesi, mi viene in mente la Spagna, ma sono tanti i modelli che possiamo studiare per trarne il meglio. Altrimenti, vivremo sempre col la spada di Damocle sulla testa, con l’ansia di non riuscire a partire o tornare a ogni scadenza. Il concetto da tenere presente e che deve guidare le scelte in materia di continuità territoriale è semplice ma importantissimo: i sardi hanno lo stesso diritto a spostarsi degli altri italiani, per lavoro, per salute o anche solo per turismo. E noi dobbiamo lavorare per garantire questo diritto.
Scorie nucleari: i sardi hanno espresso una posizione molto netta.
Ed è quella che io difenderò al ministero della Transizione ecologica, che ha assunto le competenze sul nucleare. In quella sede riporterò la nostra posizione che è univoca, trasversale e molto forte. Noi non abbiamo mai ospitato scorie, e non dobbiamo certo iniziare adesso. Abbiamo già garantito allo Stato il nostro ampio supporto per le servitù militari, ma sulle scorie non c’è disponibilità, come invece in altri territori che accoglierebbero volentieri il deposito. E’ una questione sulla quale con la Sardegna, come tutti i sardi hanno ribadito più volte, non ci sono margini di trattativa.
Vede ancora un futuro industriale per la Sardegna? Sì, a patto che si lavori non solo sulle singole vertenze nei singoli territori – Sulcis, Porto Torres, Macchiareddu per citarne alcune – ma si faccia un’operazione di sistema. Per un vero rilancio industriale in Sardegna bisogna infrastrutturare le aree, garantire un’energia che costi come nel resto d’Italia, razionalizzare il sistema dei porti. Per esempio, non bisogna pensare singolarmente a Eurallumina o SiderAlloys, ma a una filiera dell’alluminio. Anche l’azienda più forte non resiste se non c’è una struttura che la sorregge e la fa crescere. Stiamo investendo nella transizione ecologica, penso che rinunciare alla chimica verde sarebbe una follia. Su questo ho una posizione molto chiara: non ha senso essere contro l’industria, perché significa rinunciare a essere competitivi. Un territorio viene riqualificato quando è vivo, quando ospita attività produttive e crea indotto. Se non c’è nulla, un territorio muore. E’ possibile fare industria, essere competitivi e anche virtuosi: perciò investire nelle aree industriali è fondamentale.
Cosa vuole dire ai sardi?
Che ce la metterò tutta, ogni minuto e senza mai risparmiarmi, per portare avanti le giuste rivendicazioni della Sardegna. E che mi farò portavoce, tutti i giorni, delle esigenze di ogni singolo territorio della nostra meravigliosa isola.