Gli agricoltori sardi al collasso: “Soldi quasi finiti, i prezzi che trovate nei market li decidono i grossisti”

Il cibo costa tantissimo, a Cagliari il portafoglio si svuota presto per la spesa e nelle campagne scorrono lacrime. Marcello Curreli di San Gavino: “Costi aumentati, il grano e i legumi che produco mi vengono pagati sempre meno”. Marco Pinna di Gonnosfanadiga: “Maialetto a 13 euro al chilo nei supermercati, a me lo pagano 4 euro, pure ivati: c’è speculazione. Sarà un’estate tragica, zero vacanze: devo pensare a come mangiare”


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Pasta, pane, carne, pesce, frutta, verdura. Il cibo costa tantissimo ovunque, Cagliari non fa eccezione e spuntano anche i casi di pensionati costretti a chiedere prestiti che, chissà come e quando, potranno restituire, con gli interessi che galoppano. I prezzi nei market e nei discount sono tutti al rialzo, e il dramma parte dalle campagne ma non per colpa di agricoltori e allevatori. Loro, stando a quanto raccontano, sono al collasso, in ginocchio, schiacciati tra costi di produzione sempre più alti e incassi rimasti bassi. Anzi, “da miseria”, o giù di lì. O “da fame”, purtroppo poco cambia. Dai fertilizzanti al concime, sino ai pezzi di ricambio per trattori e ruspe: prezzi triplicati e portafogli sempre più vuoti. Marcello Curreli, 29enne di San Gavino Monreale, ha cento ettari da gestire tra ortaggi e cereali: “Tutto sta aumentando, mi salvo solo con la filiera corta, cioè vendendo al consumatore. Il grano lo conferisco a Cellino e i legumi, confezionati, vanno direttamente al consumatore finale”, spiega. Cioè passa per le scelte dei grossisti: “Il prezzo lo fanno loro. Se prima i margini di guadagno erano ridotti, ora lo sono ancora meno. Quest’anno ci avevano promesso che ci avrebbero pagato il grano a 40 euro al quintale, ma le spese sono raddoppiate. Ecco il motivo del pane a 5 euro al chilo, senza contare che un quintale di concime è passato da 40 a centoquaranta euro. Presto non saprò più a cosa fare affidamento per portare avanti l’azienda, troppi costi di gestione. E, se prima ci voleva un piccolo capitale per fare gli investimenti, ora servono molti più soldi”. E Curreli, come tanti suoi colleghi, ha quasi prosciugato le scorte economiche. E, visto che oltre il lavoro c’è anche una vita, addio “alle uscite o alla possibilità di togliermi qualche soddisfazione”. Il denaro è pochissimo, gli extra sono messi al bando.

Non va meglio per i suinicoltori. Marco Pinna, 36enne di Gonnosfanadiga, non passa 24 ore su 24 con le sue cento scrofe: “A parte il fatto che sto cercando di vendere l’azienda, chi ha 300mila euro la può comprare, sui prezzi c’è speculazione. Li fanno i grossisti, che vengono da me e mi pagano 4 euro, pure ivati, un chilo di maialetto, e poi nei market costa anche tredici euro”. Una differenza abissale, insostenibile: “I miei costi di produzione sono aumentati, nell’ultimo anno, del cinquanta per cento, le vendite sono ridotte al massimo. Il mercato sardo è morto. Sono raddoppiati anche i prezzi finali delle bistecche”, osserva Pinna, “una famiglia come la mia, per vivere, si è trovata a dover spendere almeno 300 euro in più al mese”. E, con moglie e due figli da mantenere, è difficilissimo: “Ora c’è la speranza legata al boom del turismo, ma per me non è ancora cambiato niente. Avrei voluto farmi un viaggio, con i miei cari, qualche giorno di relax, non chiedevo tanto. Non posso permettermelo, sarà un’estate tragica e devo pensare a come poter mangiare”.


In questo articolo: