Addio a Giorgio Melis: la sua “altra voce” ora tace davvero

Se ne va uno dei più bravi ed importanti esponenti del giornalismo sardo


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L'”altra voce” si è spenta per sempre. La malattia che aveva assalito Giorgio Melis due anni fa, contro cui combatteva con la sua forza da leone, con la carica umana che ne caratterizzava il carattere, ha avuto la meglio su di lui, nonostante affermasse che lui avrebbe vinto.

Un giornalista come pochi, veramente libero dentro, con la veemenza del contraddistinguere tra i nuclei del potere e i deboli, con un senso fortissimo della giustiza sociale e politica, un uomo della sinistra vera, quella non compromissoria o pennivendola, pronto a pagare di persona, se necessario, ci ha lasciato. E da oggi il mondo del giornalismo sardo sarà molto più povero.

Si può affermare che i suoi cinquant’anni di racconto della cronaca sarda, essendo iscritto all’Ordine dei giornalisti dal febbraio del 1965, costituiscono l’altra verità, al di fuori da quella ufficiale dei principali quotidiani sardi, che tanto contraddiceva e contrastava.

Seppure sia stato condirettore dell’ Unione Sarda, forse per questo anzi attento conoscitore delle strade del giornalismo, poi vicedirettore per oltre vent’anni de La Nuova Sardegna, fu in seguito alla ricerca di una libertà al di fuori del duopolio giornalistico sardo. Fu così che entrò nel quotidiano Il Sardegna di Nichi Grauso diventandone direttore editoriale dal 2004 al 2006 per poi dimettersi, con i gesti eclatanti che lo caratterizzavano, perchè non era stato pubblicato un suo editoriale di denuncia sul caso Sismi-Abu Omar.

Così era l’uomo: non amava i compromessi fino a diventare, come sempre accade in questi casi, scomodo e trovare oppositori anche a sinistra. Fervente soriano, seguì con passione e abnegazione tutta l’ascesa dell’uomo di Sanluri, difendendolo strenuamente anche quando altri lo abbandonarono.

A settant’anni, nel 2006, quando in genere si tirano i remi in barca, si lancia strenuamente in un’altra avventura, allora pionieristica: la creazione di un giornale nel web (anche se ci fu anche un periodo cartaceo della testata). L’Altra Voce divenne in quegli anni un contraltare delle notizie, un risvolto critico di rottura, che ingaggiò alcuni giovani volonterosi e costituì un esempio per chi poi ha voluto seguire la strada di un giornalismo alternativo, a tratti scandalistico, polemico, al vetriolo, ma sempre animato dall’onestà intellettuale di Giorgio, con questo suo approccio gioviale e burbero, buono e cattivo, ma sempre rigoroso, documentato, dettagliato, arricchente ed esaustivo. “L’Isola degli altri” fu il titolo nel 1985 del suo libro dedicato alla storia isolana del dopoguerra, un libro che oggi forse dovrebbe essere attentamente riletto per le sue profezie.

Il giornale dovette poi chiudere per mancanza di fondi e numerosi furono i tentativi di riapertura e di chiusura. Non se la sentiva di far lavorare gratis dei ragazzi e nessun contributo venne da chi non aveva interesse a sentire certe critiche o certi dettagli.

Così l’uomo si chiuse in un cerchio in cui le delusioni per una Sardegna tradita, per l’ambiente bistrattato, per la politica beffata, sicuramente minarono il suo vissuto, ed anche il suo fisico.

“Vediamo cose che voi sardi immaginari, autocolonizzati e puniti, non avreste potuto immaginare appena pochi anni fa. Affonda tutto, ma proprio tutto, nella Sardegna apocalittica e crocifissa . Accadono fatti talmente incredibili che un vecchio scrivano auto-silenziatosi da 14 mesi per rigetto della realtà deprimente ed emetica non riesce più ad accettare il proprio silenzio. Mentre nella falsa informazione dilagano quelli col sasso in bocca e dalla lingua a spatola per cupidigia di servilismo.”, così si legge in uno degli ultimi editoriali. E la dice lunga su come sia oggi difficile esprimersi schiettamente e fare del giornalismo un’arte libera, oltre che un mestiere onesto e credibile

 


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