Di Paolo Rapeanu
L’ufficio, dopo una certa ora, diventa il salotto di casa sua. Non bastano le ore previste dal contratto, infatti, per chiudere tutti i conti e le pratiche di un grande liceo come quello di Quartu. Adalgisa Moi, 53 anni, è la direttrice amministrativa dell’istituto: la sua busta paga è ferma da dieci anni, e la piccolissima oscillazione prevista dal nuovo contratto somiglia a una beffa: “Sono retribuita come un’impiegata, ma se il dirigente non c’è svolgo anche il suo lavoro. Passo le giornate a risolvere problemi che non mi spettano, anche a causa del taglio del personale. Per 1400 euro al mese, con 6,50 euro di indennità, è un’offesa alla mia intelligenza”.
La 53enne è costretta a barcamenarsi tra tanti settori, tutti legati al micromondo della scuola: “Ho responsabilità diretta sulla contabilità e gestisco il personale. Compiti da alto funzionario, non certo da impiegata”. E, quando bisogna occuparsi di bandi legati a fondi Pon e europei, la Moi è l’unica chiamata in causa: “La qualità del lavoro ne risente, lo stress è tantissimo. Io e chi si trova nella mia situazione ci portiamo il lavoro a casa dopo aver fatto di tutto dalla mattina alla sera. Ma siamo esseri umani, non supereroi”.