Curarsi continua a essere un miracolo in tutta la Sardegna e, soprattutto, a Cagliari. Lo dice la legge dei grandi numeri: il capoluogo sardo è la città con più abitanti, quindi il numero più elevato di lunghe attese negli ospedali pubblici gli spetta di diritto. E a conforto, anche se utilizzare questa parola somiglia quasi a una beffa, sono già arrivati i dati dell’Asl sulle disponibilità per le prime visite, che restano ancora distanti da una sanità gratuita efficiente e rapida. Per non parlare di chi, impegnativa medica tra le mani, può concedersi il lusso di attendere trenta o sessanta giorni prima di vedere il medico. Tempi solo sulla carta, però: tra gli oltre 300 giorni prima di una visita al cuore, l’organo più importante del corpo, ai sette mesi giorno più giorno meno per un controllo certificato ai polmoni, l’invito sottinteso sembra essere sempre quello di aprire il portafoglio e andare in intramoenia. In privato, detto in parole semplici, con la concreta possibilità di finire nel lettino di quello stesso medico che, rispettando i tempi lumaca del pubblico, si vedrebbe davvero col binocolo. E c’è un ospedale che, più di tutti, continua a soffrire: il Brotzu. Il più grosso ospedale sardo, dal quale continuano a scappare i lavoratori che riescono a strappare un buon contratto nel settore privato, anche fuori Sardegna, non se la passa per niente bene.
A ricordarlo, a elezioni regionali terminate, andando a rompere quel silenzio di rito pre-voto naturale tra sindacati e politica, è la Uil-Pfll col suo segretario territoriale Attilio Carta. Che torna a bussare per chiedere soprattutto, “Che fine hanno fatto i famosi 10 milioni di euro che, a seguito delle nostre pressanti rivendicazioni, l’assessore Doria ha trionfalmente reso noto nell’assemblea organizzata al Brotzu?”. Sono passati mesi da quell’incontro, non è ancora arrivato un centesimo. “A che punto è l’iter della delibera regionale di quei soldi per la perequazione delle risorse economiche impugnata dallo Stato? La criticità primaria è la persistenze carenza di fondi che, a cascata, determina una grave carenza di organici e, non ultimo, il pesante demansionamento di chi opera in prima linea. I lavoratori del Brotzu non siano più figli di un Dio minore, è sconvolgente che la sanità sarda sia al quartultimo posto. Confermiamo il continuo e inarrestabile esodo del personale d’assistenza”, afferma Carta. “Oss, infermieri, tecnici e persino medici vanno a lavorare in qualsiasi altra realtà sanitaria purché non sia il Brotzu. Troppi però ancora ignorano che i nostri lavoratori siano i meno pagati e i più bistrattati della Sardegna. Non vogliamo rassegnarci e chiediamo ancora, alla Regione, l’equiparazione stipendiale, la stabilizzazione dei precari e l’assunzione immediata del personale mancante. L’importanza degli argomenti imporrà a tutti un corale impegno trasversale in quanto la sanità, come bene universale, non è di parte, bensì un sacrosanto diritto di tutti i cittadini spesso, invece non garantito”.