Aritzo, Pili: «Foreste rase al suolo da multinazionale: un disastro»

“Un vero e proprio disastro nel cuore di Aritzo. Centinaia di ettari di foreste rase al suolo da una società svizzera che nei mesi scorsi ha completato lo scempio. Nel silenzio più assoluto uno dei paesaggi naturalistici e ambientali della Sardegna”


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“Un vero e proprio disastro nel cuore di Aritzo. Centinaia di ettari di foreste rase al suolo da una società svizzera che nei mesi scorsi ha completato lo scempio. Nel silenzio più assoluto uno dei paesaggi naturalistici e ambientali della Sardegna è stato letteralmente violentato da mercenari con la compiacenza di istituzioni e non solo. Lo sfregio ambientale all’ingresso ad Aritzo è di dimensioni devastante”.

Lo ha dichiarato stamane il deputato di Unidos Mauro Pili, componente della commissione Ambiente della Camera dei deputati, dopo un sopralluogo con tecnici e dirigenti territoriali di Unidos Barbagia nelle aree oggetto della gravissima devastazione delle montagne di Aritzo.

“Il giallo ocra desertico irrompe nel proscenio di quei monti come un pugno allo stomaco”, aggiunge, “si vedono migliaia di monconi di alberi rasi al suolo da un piano di devastazione messo in atto dopo il fallimento della Marsilva e company. La Regione ha consentito che i mercenari comprassero a quattro euro quell’immenso patrimonio forestale impiantato a fine degli anni 70 e ora ridotto ad un deserto. Tutto questo a mille metri di altitudine con un paesaggio spettrale che si contrappone a quell’immagine di Aritzo e della Barbagia che da sempre sono state il polmone verde della Sardegna. Patrimonio forestale seppur non autoctono che costituiva un valore paesaggistico ambientale rilevante. Ora quel patrimonio è stato mercificato e venduto per qualche soldo alla solita ben informata multinazionale che ha lucrato a piene mani con il silenzio di molti. Come è stato possibile consentire questo scempio senza garantire in alcun modo la salvaguardia di quell’oasi. Tecniche forestali e paesaggistiche avrebbero dovuto imporre tempistiche e ripristini adeguati ad un territorio sensibile e delicato come quello in esame. Ora serve un piano immediato di riforestazione in grado di attenuare tutti i fenomeni conseguenti a questa deforestazione selvaggia, sia sul piano ambientale che idrogeologico. Un piano autoctono di riforestazione che non possa più essere aggredito da faccendieri e multinazionali. Per questa ragione abbiamo deciso come movimento di lanciare una grande campagna #riforestiamolaSardegna, che prevede azioni di sensibilizzazione e tutela del patrimonio forestale e la ricostituzione autoctona del patrimonio boschivo sardo”. 

“Non vi può essere nessuna giustificazione realistica a tanta devastazione ambientale se non quella della mercificazione del legname. Ora occorre un piano rilevante e strategico per ripristinare i luoghi ed evitare che quel disastro sia l’inizio di un vortice con gravi ricadute idrogeologiche e non solo sull’intera area. La comparazione delle immagini degli ultimi dieci anni e il sopralluogo di stamane – ha proseguito Pili – dovrebbe indurre ad un’azione imponente e urgente. E’ impensabile che dopo le scorribande sabaude e statali sia ancora possibile che la Sardegna sia oggetto di tale violenza. Per questa ragione abbiamo dato mandato ad un gruppo di agronomi e tecnici forestali di elaborare un piano straordinario per la riforestazione della Sardegna che sarà presentato nei prossimi giorni che punta al ripristino di 200 mila ettari di foreste. Non si può continuare ad assistere in silenzio alla distruzione dell’ambiente della Sardegna. Serve – ha concluso Pili – una reazione forte e decisa”.

La replica. La Regione precisa che non ha possesso di nessuno dei terreni di Aritzo nei quali, in passato, sono stati concessi dai proprietari privati diritti di esbosco. I terreni a cui fa riferimento il parlamentare Mauro Pili in una nota stampa, appartengono infatti a privati che in passato crearono impianti di arboricoltura produttiva.

Si tratta di 200 e non 200mila ettari di impianti di arboricoltura da legno, che la legge regionale e nazionale non ascriveva e non ascrive al bosco, né tutela in qualità di bosco. Gli impianti risalgono all’epoca in cui si intendeva produrre carta nell’industria di Arbatax, coltivando specie a rapido accrescimento in tutta l’Isola. Le essenze prescelte risultarono costituite da specie alloctone (pino nero) e, in minore misura, da pino marittimo, indigeno in Gallura ma non in Barbagia.

Dunque il preteso sfregio ambientale ha la sua genesi all’epoca di tali impianti, certamente non funzionali alla tutela dell’ambiente barbaricino ma orientati alla produzione economica. Recita testualmente in proposito il piano paesaggistico regionale: ‘Negli anni Settanta gli incentivi per la forestazione a conifere hanno prodotto importanti effetti negativi sulla vegetazione autoctona e sul paesaggio, senza i benefici economici auspicati’.

La Regione è impegnata nei programmi di tutela dell’immenso patrimonio boschivo della Sardegna che, con quasi un milione e 300mila ettari, è la regione più boscata di Italia.

 


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