“Vostro figlio è troppo effeminato”, tolta la potestà ai genitori

La decisione che fa discutere, l’avvocato: incredibile discriminazione


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Al di là del mero aspetto giudiziario, c’è qualcosa di terribile dietro al provvedimento emesso dal Tribunale dei Minori di Venezia, che ha sospeso la potestà ai genitori di un ragazzino tredicenne di Padova perché considerato troppo effeminato. Oltre alla discriminazione che una simile decisione porta con sé, il provvedimento è paradossalmente inattuabile, perché non prevede che venga fatto rispettare con la forza pubblica. Il ragazzino di sua spontanea volontà non andrà sicuramente nella comunità dove sarebbe destinato, ma non è nemmeno libero di assumere una qualunque decisione che riguardi la sua vita, dalle visite mediche alla scuola superiore da frequentare. Nemmeno libero di fare una vacanza, figuriamoci all’estero, perché finché non compirà i 18 anni saranno i Servizi sociali a dover decidere per lui. E’ bloccato per i prossimi quattro anni in un limbo, prigioniero delle istituzioni pur senza essere in galera. «E questo può innescare un comportamento di tipo ricattatorio da parte dei Servizi sociali nei confronti di questo ragazzo» dichiara l’avvocato Francesco Miraglia, che segue la madre nella complicata vicenda giudiziaria che vede il tredicenne da quasi dieci anni alle prese con i tribunali e con una giustizia che tutto ha fatto, tranne ascoltarlo. «Mettiamo che non voglia andare in comunità – come ha già annunciato ampiamente – i Servizi che faranno? Gli negheranno le vacanze? O di fare ciò cui tiene? Ma perché poi?».

Già, perché si è arrivati a un provvedimento che di fatto toglie il ragazzo ai genitori, ma lo lascia poi in seno alla sua famiglia, sebbene privato della libertà di decidere per sé?

«La decisione che ha assunto il tribunale è quella più comoda per salvarsi la faccia» prosegue il legale, «ma soprattutto nasconde una componente profondamente discriminante. Implicitamente il tribunale, nello stabilire che il ragazzo è troppo effeminato perché vive in una famiglia di sole donne cui è molto affezionato, indica una comunità di tipo terapeutico in cui dovrebbe venire accolto. Ma come? Tratta l’effeminatezza o la presunta omosessualità come fosse una malattia? Ma dove siamo? Nel Medioevo? Nemmeno più la Chiesa cattolica ha posizioni così discriminatorie. A questo punto mi domando dove siano i politici e gli opinionisti che tanto si erano stracciati le vesti quando il caso emerse alcuni mesi fa a livello nazionale. Tutti a cavalcare l’onda emotiva del momento per farsi propaganda. Ma adesso che il provvedimento è stato emesso (la madre comunque ha presentato appello), dove sono i Nichi Vendola, gli Alessandro Cecchi Paone, la presidente della Camera Laura Boldrini, paladini dei diritti degli omosessuali e delle minoranze? E’ adesso che occorre farsi sentire, perché l’effeminatezza non può venire considerata una malattia né un motivo valido per strappare un ragazzino alla propria famiglia. 


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