Il tempo lento


Per le ultime notizie entra nel nostro canale Whatsapp

Si poteva immaginare già chi fosse per come andava vestita. Susanna, proprietaria della merceria, aveva a che fare spesso con donne un po’ strambe, sarte, amanti delle arti manuali, le cosiddette creative a tempo perso e ormai aveva fatto l’abitudine ai colori eccentrici degli abiti e agli accessori fai da te che le clienti indossavano. Ma questa donna era diversa. Aveva uno sguardo enigmatico, un portamento lieve, da fata in libera uscita da un racconto che la intrappolava in un libro per bambini.
Sono Teresa, esordì. Ho prenotato un corso di decoupage per questo pomeriggio.
Susanna la fece accomodare nella piccola sala dove erano già al lavoro, insieme all’insegnante, altre tre donne. La presentò al resto del gruppo e la fece accomodare.
Anna, l’insegnante, le spiego alcune cose sui materiali che avrebbero usato in quel breve corso. Colla, tovagliolini, colori acrilici e pennelli che avevano funzioni diverse a seconda delle fasi.
Teresa ascoltò le spiegazioni e più che seguire le istruzioni di Anna, guardò ed imitò i gesti delle altre partecipanti. Pulire l’oggetto da decorare, stendere un velo di colla, staccare i veli dal tovagliolino e ritagliare le sagome, incollare le figure aiutandosi col pennello intriso di colla. Gesti decisi ma leggeri, raccomandava Anna di tanto in tanto. L’insegnante a tratti le rivolgeva la parola, incuriosita da quelle mani abili e leggere che sembravano aver ripetuto mille volte quei gesti. Sei sicura di non averlo mai fatto prima? Anna rideva vedendo le facce buffe di Teresa che minimizzava la sua praticità con gli strumenti che aveva appena scoperto.
Se ne andò prima delle altre, ritenendo sufficiente ciò che aveva appreso.
La domenica si alzò prestissimo. Si vestì con un semplice abito bianco e porto con se una cesta con i prodotti acquistati in merceria.
Quando arrivò in campagna il sole era già alto. Scelse con cura il prato e si fermò al centro di
uno spazio che aveva trovato ai piedi di una collina circondata da vigneti. Intorno solo alcuni eucalipti che fungevano da frangivento, disegnando un’area rettangolare ma irregolare che per l’inclinazione del terreno consentiva di vedere ben oltre il campo.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo. Rimase così per decine di minuti.
Povera testa, povero corpo, pensò. Se non funzionerà nemmeno questo stratagemma sarà un grosso problema. Dove sei finita forza vitale? Dove sono i giorni in cui il mondo era solo una stazione di quel viaggio infinito che mi sembrava la mia vita? Parigi, Amsterdam, Monaco, Milano, poi ancora Parigi e infine Londra. Poi il crollo. Un vuoto devastante, un odio spaventoso per le città, il caos, il mondo che pulsava e che gridava “avanti, veloci, non fermatevi”. Lei si era fermata. Le sembrava di non avere più coraggio per scoprire, curiosità per apprendere, forza per spingersi in avanti.
Gli esercizi estenuanti di tutta una carriera da ballerina classica, i passi, i movimenti eleganti delle braccia, la musica, il tempo, il ritmo, l’odore del legno e delle tende dei teatri, gli applausi finirono in un vortice dentro un buco nero che si richiuse lasciandola fuori.
Non sono più viva. Non mi ascolto più. Pensò questo Teresa, mentre si spogliava. E chissà per quale ragione le venne quell’idea così bizzarra. Si spogliò dell’abito bianco, restando completamente nuda.
Tirò fuori l’attrezzatura dalla borsa. Aprì il barattolo della colla e prese a stenderla con lunghe pennellate sui piedi. Con le forbicine recise degli steli d’erba e iniziò ad attaccarseli addosso, con le stesse modalità usate la sera prima con la cornice di legno nel laboratorio. Coprì il suo corpo dei fili verdi del campo, uno affianco all’altro, coprendo ogni spazio libero. Rimase così per ore, diventando parte di quel prato, di quella terra e di quel cielo sul quale aveva spalancato gli occhi. Sentiva il cuore battere scomposto dall’eccitazione, il sangue pulsare veloce dai piedi alla testa, sentiva il ronzio degli insetti come musica per una danza nuova, il tepore accogliente della terra sulla schiena che la sospingeva e del sole sul viso come una carezza. Rideva Teresa. E le sue risate si perdevano nella collina, infilandosi tra i rami degli alberi e rotolando piano sul prato. Rideva Teresa, come una bambina che ha scoperto la meraviglia infinita del tempo lento.


In questo articolo: