“Ristoranti a Cagliari, è la rivoluzione del food: vi spiego come cambiano le tendenze”

Intervista alla giornalista Alessandra Addari: “C’è poca educazione alimentare specie nelle nuove generazioni, preoccupano i troppi “all you can eat”. Ma la città è diventata più moderna aprendosi alle tendenze internazionali. Ma a volte ci facciamo fregare e siamo pure contenti, come nel caso delle sebadas che non sono mai quelle originali”


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La ristorazione, il Food e le Tendenze a Cagliari

Intervista ad Alessandra Addari a cura di Raffaella Aschieri

La ristorazione, con 41 miliardi di euro di valore aggiunto, è il settore trainante della filiera agroalimentare italiana, più importante di Agricoltura e Industria Alimentare. E si qualifica come il terzo mercato in Europa, dopo Regno Unito e Spagna. Lo evidenzia il Rapporto Ristorazione 2017 di Fipe-Confcommercio, presentato a Milano, che individua nei bar e ristoranti il volano della ripresa dei consumi delle famiglie italiane. Emerge un quadro di sostanziale ottimismo soprattutto per quanto concerne l’andamento dei consumi alimentari fuoricasa, ormai attestati sul 36% dei consumi alimentari complessivi, e il fronte occupazionale, con una crescita del 3,3% sull’anno precedente. Continuano a preoccupare, invece, l’elevato numero di aziende che chiudono e un tasso di produttività che resta sotto i livelli pre-crisi. La Sardegna, Cagliari in testa, sembra essere in linea con questi dati. Ma per saperne di piu’ ho rivolto qualche domanda a una grandissima esperta del settore della ristorazione e del Food in Sardegna, che ringrazio per aver accettato di rispondere alle mie domande. La giornalista, Dottoressa Alessandra Addari, popolare conduttrice televisiva per importanti testate locali nonchè direttrice di una emmittente Televisiva. Da molti anni, tutti i giorni, Alessandra Addari con il suo programma informa i sardi sui prezzi del mercato agroalimentare e ogni giorno ci presenta Cuochi e Chef, con tutte le loro ricette di piatti tipici e/o innovativi.

Alessandra Addari, come è cambiata la ristorazione in questi ultimi venti anni a Cagliari?

Rispetto al passato c’è molta più offerta, non soltanto nella quantità, ma anche nella qualità. C’è una generale tendenza a riscoprire, valorizzare e modernizzare la tradizione culinaria. Le nuove generazioni di Chef alleggeriscono la cucina evitando lunghe cotture o preparazioni molto grasse. La città si è modernizzata in sostanza anche nel settore, aprendosi alle tendenze internazionali. C’è molta ricerca di prodotti di qualità anche nelle trattorie, che in molti casi si riforniscono da piccoli produttori. In questo modo si sta creando un circolo virtuoso dove la ristorazione incentiva lo sviluppo dell’economia agroalimentare. Vi faccio un esempio: alcuni chef arricchiscono le loro preparazioni con i germogli, di cipolla, di rapa, di fagiolini, che possono essere utilizzati anche come semplici decorazioni. Ecco che allora due ragazze di Galtellì, con tradizioni agricole alle spalle, hanno deciso di avviare una produzione di vaschette di germogli con le quali oggi riforniscono i ristoranti più innovativi della città. Hanno cioè saputo rispondere ad una domanda nuova del mercato.

Secondo lei, avendo una visione cosi ampia e quotidiana sul panorama locale, Cagliari ha ancora molto da offrire dal punto di vista ristorativo? Cosa c’è ancora da migliorare? Punti forti e punti deboli?

C’è stata una completa trasformazione della città che è sotto gli occhi di tutti. In quartieri come quello di Marina, di Stampace, e anche Villanova i locali adibiti alla ristorazione sono aumentati in maniera esponenziale. C’è una offerta che solo apparentemente è variegata, ma se vai a guardare i locali si somigliano un po’ tutti. Ecco a volte trovo ci sia quasi una clonazione dei format, come l’idea, ottima peraltro, di offrire i taglieri di salumi e formaggi. Da migliorare c’è tanto. Sia nel servizio che nel piatto. Da una parte infatti in alcuni locali non si bada al personale, che invece deve essere sempre preparato e saper rispondere alle esigenze dei clienti, dall’altra bisogna continuare a cercare la qualità anche nei piatti più semplici e tradizionali, pur mantenendo i prezzi calmierati. Ecco tu mi chiedi cosa penso in generale. A Cagliari c’è molta offerta si, però o finisci in un ristorante pretenzioso e paghi un conto eccessivo, oppure vai in un locale dove mangi piatti preparati in maniera grossolana, insomma che quando te ne vai ti domandi perché non te ne sei rimasto a casa tua.

Il rapporto qualità prezzi delle varie attività di ristorazione come si presenta? C’è la giusta onestà da parte dei ristoratori locali?

A volte il rapporto qualità prezzo non c’è proprio, ma credo sia dovuto al fatto che molti chef non abbiano dimestichezza con i conti e con la domanda dei consumatori. Al cagliaritano piace uscire, anche più volte alla settimana e il ristorante è uno svago, un luogo dove incontrare gli amici, anche quelli di sempre. Il turista invece non sempre è consapevole del lavoro, della fatica che ci è voluta a preparare quel determinato alimento, vuole assaggiare si i prodotti della tradizione, ma senza troppe pretese di ricercatezza. Perciò inserire nel menù determinate preparazioni, può a mio giudizio creare disagi, sia in chi gestisce il ristorante, costretto a far pagare il prodotto più di quello che il cliente è disposto a spendere, sia appunto nell’avventore a cui non sempre interessa avere sul piatto il prodotto di una nicchia ristrettissima di produzione. Mi spiego meglio: la maggior parte delle persone in fin dei conti è disposta pagare molto solo una volta ogni tanto, quando mette al centro della sua scelta il cibo, solo allora ascolta storia, origine, lavorazione. Succede quando cioè si va alla ricerca di una degustazione emozionale, oppure molto più semplicemente si è disposti a spendere quando si ritiene che essere in quel ristorante sia uno status simbol.

E il palato dei sardi, specie dei Cagliaritani come le sembra ? E’ esigente? O seguono la moda e le tendenze senza curarsi troppo del vero senso del gusto?

Guarda te lo dico diretta anche se è brutto: la maggior parte di noi ha un gusto conformato all’offerta. Standardizzato. C’è poca educazione alimentare specie nelle nuove generazioni, anche se il buon cibo lo si apprezza in età adulta come è normale che sia, preoccupa il proliferare di molti “all you can eat”. Mangiare sushi ad esempio è di tendenza, ma c’è qualcosa di più: è un cibo dolce e che non presenta difficoltà. Non bisogna togliere spine, ascoltare il ventaglio di sapori e contrasti che può presentare un piatto anche tradizionale, ma fatto bene. Vi faccio un’altro esempio. La classica Sebadas che troviamo in commercio nei ristoranti non è quasi mai quella che troveremmo nelle case di una famiglia ogliastrina o nuorese. Forse non ci piacerebbe. I sapori hanno delle sfumature: di terra bagnata, oppure di sottobosco, di acido, di metallo ecco, se non siamo abituati ci sembra che quei sapori siano cattivi. Quindi ci facciamo fregare e siamo pure contenti, preferiamo un prodotto dal gusto standard, ci siamo abituati, ma proprio perché non sempre i ristoratori presentano piatti onesti.

Cosa si sente di suggerire a nuovi futuri imprenditori e cuochi che vorrebbero aprire una attivita? Cioè quali segmenti della ristorazione possono essere intrapresi con maggior successo?

Una cosa che manca, a mio giudizio e la ristorazione che può soddisfare i giovani e li riporti al gusto dei piatti mediterranei. Gli chef quindi dovrebbero provare a preparare ottimi piatti a prezzi popolari. Certo non è facile trovare una mediazione tra l’esigenza di starci dentro con il prezzo e quella di utilizzare prodotti di qualità con preparazioni attente. Bisogna poi ricordarsi che il cibo è sopratutto socialità e che al ristorante si va per socializzare, perciò bisogna sempre creare degli ambienti dove le persone ai tavoli possano parlarsi tra di loro. A Cagliari, come in altre città, ci sono molte persone che vivono in gruppi ristretti , magari sono anche adulti e non frequentano balere o cose del genere, ecco il ristorante potrebbe divenire dunque una buona alternativa, se solo si trovasse il modo di far sentire le persone come se fossero a casa di un amico che le ospita.

Ogni giorno ci presenta gustose ricette dalle grandi cucine di Cuochi e Chef cosi come da spettacolari laboratori ma, il piatto preferito di Alessandra Addari quale è? Che tradizione gastronomica predilige a casa sua ?

Come si dice: “in domu de su ferreri…schironi…”, purtroppo cucino poco per la mia famiglia, però se proprio te lo devo dire a me piacciono i culurgiones fatti a mano e conditi con noci, burro e salvia. In generale mangio leggero, cose semplici e genuine, cercando di alternare le pietanze. Sono per una cucina varia di tipo Mediterraneo e non sono vegetariana .


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