S.Gilla, la centrale elettrica che fece quasi un secolo di storia

Incastonata tra il centro commerciale e lo splendido scenario della laguna di S.Gilla, ebbe un’importanza strategica per l’energia elettrica nell’Isola. Oggi è una cattedrale nel deserto, abbandonata e in mano ai vandali. Guardate il VIDEO


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Entrò in funzione nel 1924 e per gli esperti del ramo fu la prima centrale termica, insieme a quella di Portovesme, a utilizzare il carbone sardo del Sulcis. La Centrale Elettrica di Santa Gilla, prima di proprietà della Società Elettrica Sarda e poi passata, con la nazionalizzazione, all’ENEL, è da tempo abbandonata. Cosicché, pezzo dopo pezzo, sta come dimagrendo pur essendo nel complesso parte integrante della storia industriale della Sardegna.  

LA SUA EPOPEA. Niente a che vedere con le preesistenti centrali elettriche sarde sui fiumi Tirso, Cogninas e Flumendosa (per le differenze strutturali e la produttività), quella di Santa Gilla divenne ben presto una centrale all’avanguardia per via dell’impiego di materiali e di olio combustibile speciale che ancora continua a colare da alcuni dei suoi silos, tra le acque della vicina laguna e le strutture di cemento gravate dall’incuria del tempo. A pensare che questa “industria” di corrente sostituì, quasi del tutto, la produzione di energia elettrica per il capoluogo sardo, allora assicurata da una centrale termica del 1914 e che fu dismessa nel 1924, anno in cui, per l’appunto, entrò in funzione la centrale termica Santa Gilla. 

LA POTENZA. Era capace di produrre 8.800 KW ed inizialmente, per la sua alimentazione, venne impiegato il carbone proveniente dalla miniera di Bacu Abis, nel Sulcis-Iglesiente. A pensare che sorgeva accanto alla Montedison che, a sua volta, aveva sede dove ora sorge l’Auchan, il Centro commerciale che ha recuperato diversi edifici industriali trasformandoli in un grande magazzino. Ed invece, per questo sito nel quale lavorarono centinaia di operai, tutto tace.  Oggi, anche grazie alle immagini del fotoreporter Alessandro Saba (su Facebook), questo luogo torna d’attualità almeno sui social network.  

I FURTI. Nel 2014 furono i Carabinieri a sventare un furto di materiali dalla centrale termoelettrica con un blitz che portò all’arresto di sette persone, accusate di aver caricato due autocarri, fili di rame, tubi, profili di alluminio ed anche coperchi per tombini. L’ennesimo furto nel 2015 e nel gennaio del 2016. Non c’è pace per questo sito spettrale solo per alcuni aspetti, divenuto anche meta di fotografi appassionati di luoghi misteriosi e di giovani che marinano la scuola. Pur sempre un patrimonio di archeologia industriale dei primi anni del Novecento che peraltro sorge su preesistenze archeologiche. 

STORIA CELATA. Nel 1951, secondo l’allora Soprintendente archeologo Gennaro Pesce, furono scoperti durante la realizzazione di scavi sotto lo stabilimento, resti di colonne e materiale lapideo punico-romano. Sottoterra chissà quali meraviglie potrebbero celarsi, considerata anche l’ubicazione, nei paraggi, della città giudicale di Santa Igia sommersa tra i fanghi e le coste della laguna. Ma questo i ragazzi che usano un ponticello per entrare nella vecchia fabbrica, o utilizzano i varchi tra le recinzioni che funzionano ad intermittenza, non lo sanno. Per molti questo complesso di edifici di cemento e lamiere luccicanti, è una sorta di attrattiva a metà. Sospesa tra l’attività di chi appunto l’ha svuotata di parecchi materiali e chi, invece nel vederla da fuori, si interroga sul futuro di questo angolo di città vecchia.  Sarebbe forse auspicabile un’opera di valorizzazione dell’intero compendio, tra la bellezza della laguna circostante e questa cattedrale che si specchia in un deserto d’acqua. Con una flora e soprattutto una fauna protetta. E chissà se le luci, all’interno dei cantieri di lavoro si riaccenderanno. Magri per un futuro all’insegna della cultura e del turismo… o forse, della storia e dell’occupazione? Guardate il VIDEO

Marcello Polastri e Alessandro Congia