Carlo, un tumore e l’incubo dello sfratto da viale Sant’Ignazio: “Che ne sarà di me?”

Ha 63 anni, un cancro contro il quale sta lottando e appena 290 euro al mese di pensione, “dimezzata perchè l’Inps vuole soldi da me. Per curarmi devo poter avere almeno un letto e un bagnetto, con la mia malattia non posso finire sopra una panchina o sotto un ponte”. GUARDATE la VIDEO INTERVISTA, condividiamo questo disperato appello


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Carlo (il nome è di fantasia, per via di una “tutela” non può essere ripreso in volto) ha 63 anni. Sino a qualche tempo fa la sua vita scorreva normalmente. Un lavoro e, soprattutto, una casa. In affitto, ma pur sempre un tetto sicuro. Poi? “La ditta nella quale lavoravo ha fallito, senza un’occupazione non ho più potuto pagare la retta mensile e sono venuto a vivere qui”. Il qui è il settore delle “fragilità” che si trova dentro quella struttura di viale Sant’Ignazio dalla quale, insieme ad un altro centinaio di disperati, Carlo dovrà andarsene entro il 28 settembre prossimo. “Non ho parenti che si possono occupare di me, sono tutti per i fatti loro già da anni. Non so dove andare. Qui sto bene, è sempre meglio che stare in strada”. E proprio lì, il 63enne, non può proprio andarci: “Ho un tumore, porto anche la sacca. I miei polmoni, poi, non stanno benissimo”.
Finire a vivere sopra una panchina, per lui, significherebbe un capovolgimento di vita decisamente grave, principalmente a causa del tumore: “Devo avere sempre acqua corrente e un bagnetto”. Cosa chiede alle istituzioni, cioè al Comune guidato da Massimo Zedda: “Un posto tranquillo nel quale abitare, dove ci siano tutte quelle cose delle quali ha bisogno un essere umano. Prendo 290 euro al mese di pensione di invalidità, la metà devo darla all’Inps perché mi hanno detto che devo loro dei soldi”. Un incasso magrissimo, quindi, che viene pure dimezzato. E Carlo, così come gli altri novantanove ospiti del centro Giovanni Paolo II, spera nel “miracolo”. Cioè, di non finire sopra una panchina o, peggio, sotto un ponte