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“Ma dimmi tu questi negri”: facebook censura poeta cagliaritano. Ripetutamente il noto social network cancella la poesia di Andrea Ivaz Melis, poeta cagliaritano. Numerosi i tentativi di rilanciare la poesia da parte di tanti utenti. “Ho perso il conto”, scrive Melis nella propria pagina facebook, “tra prima e dopo la cancellazione una poesia che prova a contrastare il razzismo imperante ha girato molte migliaia di persone. E continua a farlo dopo una settimana.
Ne deduco che chi non è razzista si senta giustamente molto solo. Perché in Italia e in Sardegna il razzismo sta montando in modo folle e pericoloso corrodendo pance, coscienze e indurendo anime dall’interno. Il pregiudizio è come il cemento rapido: prende subito e facilmente una forma indistruttibile senza concedere tempo e contro la quale cultura e ragione, figlie nobili del tempo, sembrano piume impotenti. Ma anche il cemento è piuma davanti agli sconvolgimenti epocali. Mentre solo cultura e ragione salvano l’umanità dal baratro. Bisogna fare qualcosa. Non ricordo più fra le migliaia di commenti ha scritto che i nostri nipoti ci giudicheranno come noi giudichiamo i contemporanei del nazismo per il silenzio con cui hanno consentito stragi inumane e delitti inenarrabili.
Lasciar annegare centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini nel mar Mediterraneo è la nuova shoah di cui tutti siamo complici.
Se non avessimo ridotto l’Africa a un cumulo di ossute disperazioni spolpate in secoli di oppressione oggi forse saremo noi ad andare lì in cerca del sogno africano. Ma se distruggi i giardini che ti circondano non stupirti che il deserto venga dentro casa tua. Essere razzista oggi è come essere patriota sotto il nazismo: l’ultimo rifugio delle peggiori canaglie.
Ed ecco il testo della poesia “Ma dimmi tu questi negri”:
Ma dimmi tu questi negri
che vengono a prendersi per disperazione
ciò che noi ci prendemmo con la violenza,
la spada e la croce santa,
lasciandoci dietro solo disperazione
Ma dimmi tu questi negri
che hanno cellulari e guardano le nostre donne,
mentre noi da sempre
ci fottiamo le loro
un tanto a botta nelle strade nere delle periferie,
e prendiamo il silicio dalle cave delle loro terre,
e come osano poi questi negri
avere desideri proprio uguali ai nostri
manco fossero umani
Ma dimmi tu questi negri che attraversano il mare
come se fosse messo lì per viaggiare
e non per tenerli lontani,
per galleggiare e non per affondare,
per andare e non per tornare
Ma dimmi tu questi negri
ex schiavi dei bianchi
che vengono qui a rubarci il pane
proprio ora che gli schiavi siamo noi
Messi in ginocchio e catene
da politici e finanzieri bianchi
con colletti bianchi
e canini e incisivi sorridenti
e perfettamente bianchi,
che in meno di trent’anni
ci hanno fatto schiavi
Ma dimmi tu questi negri
che hanno scoperto ora che la terra è una,
è rotonda,
e che a seguire la rotta della loro fame
Si arriva dritti dritti alla nostra opulenza
Ma dimmi tu questi negri
che facessero come i nostri nonni:
cioè tornare nella giungla e sui rami alti
visto che sono loro i nostri progenitori
e che l’umanità è tutta africana
Ma dimmi tu questi negri che non rispettano i confini della nostra ignoranza e i muri della nostra paura
Ma dimmi tu questi negri che persino si comprano le sigarette
dopo che noi ci siamo fumati le loro foreste,
le loro miniere,
il loro passato,
il loro presente
ma abbiamo commesso l’imperdonabile errore di lasciargli una vita
e un futuro
a cui dimmi tu, questi negri,
non rinunciano mica
Ma dimmi tu questi negri
che si portano il loro Dio da casa
anziché temere il nostro,
e sanno ninna nanne e leggende e favole più antiche delle nostre e parlano male la nostra lingua
Ma benissimo le loro che però noi non capiamo.
Ma dimmi tu questi negri a cui non vogliamo stringere la mano
né far mettere piede in casa,
sebbene a ben guardare
abbiano i palmi delle mani e dei piedi perfettamente bianchi
Proprio come i nostri.”