Cagliari piange Onorio, cagliaritano doc: storia di un marito speciale

La scomparsa di Onorio, raccontata da Silvana Migoni: domani i suoi funerali, ecco chi era nel racconto struggente e appassionato della moglie


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di Silvana Migoni- Donne al Traguardo

Non amava il cinema, Onorio, lui che aveva dovuto trascorrere molte ore della sua infanzia a vedere film, col suo babbo che faceva la “maschera” nelle vecchie sale della via Roma anni Sessanta. Preferiva tuffarsi al porto a pescare ricci con gli altri monelli della Marina, dare la caccia ai ratti delle macerie di via Porcile, scorrazzare col carruccio e poi indossare l’abito di chierichetto dai frati di San Francesco di Paola. Inseguiva un sogno, coltivato dai genitori per quell’unico figlio portato in fasce dal paese assieme alle valigie legate con lo spago. Una storia simile a quella di tante altre famiglie scappate dalla desolazione delle campagne per cercare fortuna a Cagliari. Gente umile, carica di voglia di fare, ansiosa di trovare riscatto. Alessandro e Pinuccia non erano colti, non erano ricchi, non avevano molto, ma a quell’unico figlio trasmisero un sogno che lui, partendo ogni giorno dalla piccola bottega di frutta e verdura di via Sardegna, portò in spalla, obbediente, a scuola, al liceo, all’università, fino alla laurea in Medicina. Otto ore di studio ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno. Unico svago la passione per il basket, coltivata con gli amici del Poetto. Poi l’ospedale, i bambini della Chirurgia pediatrica, i suoi bambini. Mai un minuto di ritardo, sempre rispettoso delle regole, dei colleghi. E insieme, lui che forse aveva patito l’assenza di fratelli e sorelle, il desiderio di avere figli suoi, una nuova famiglia, con me. Prima Lorenzo, giunto tardi, con le preghiere esaudite dal caro S.Antonio da Padova. Poi Alessandro e infine Martino.

E’ una storia come tante la sua, la nostra. Una storia segnata, a un certo punto, dalla malattia che ha accompagnato Onorio per gli ultimi vent’anni senza un cedimento, senza pesare, affrontata con coraggio, determinazione, ironia, cristiana accettazione. Aggravata da ingiuste accuse di negligenza spazzate via dopo anni da una sentenza di assoluzione piena, ma così pesanti per lui, così scrupoloso e serio nel soccorrere i bambini malati, da determinare un crollo che nessun giudice, nessun tribunale, nessuna carezza o abbraccio poterono lenire. Al punto da indurlo a lasciare l’ospedale per vivere negli uffici dell’Inps gli ultimi anni della sua storia professionale. 
Onorio era attaccato alla vita, alla famiglia, a me, ai figli al punto da accettarne ogni condizione, ogni risvolto, ogni pedaggio. Per lui valeva comunque la pena di viverla con la nostra piccola compagnia e noi gliene siamo grati, per non aver ceduto mai, per non aver mai cessato di guardare ciò che c’era ancora di buono, piuttosto che lamentarsi di ciò che via via veniva a mancare. Felice e grato di poter andare con me “di qua e di là”, come diceva sempre, anche in occasione del nostro ultimo viaggio, per il pellegrinaggio alla Madonna del Rimedio, appena una manciata di giorni fa. 
Nel punto estremo e finale delle sue sofferenze, ieri mattina, alla mia domanda su cosa potessi fare mi ha detto: ”Prega”. Sono state le sue ultime parole, il suo ultimo estremo invito a resistere, a non cedere, ad avere sempre fede. Credo che questa sia anche la sua lezione di vita che sarebbe uno spreco non trasmettere a tutti quelli che lo conobbero e lo apprezzarono per la sua semplicità, la sua saggezza, la sua capacità di godere delle piccole cose che la vita può offrire sempre e comunque: l’amore per i propri cari, sostegno in ogni situazione, il godimento per la bellezza del mondo, il piacere per la buona tavola e il buon vino. Cari amici, ci mancherà. Ancora non immaginiamo quanto. Per salutarlo un’ultima volta ci riuniremo alle 15,30 di domani, mercoledì, nella Basilica di Nostra Signora di Bonaria.
Colgo l’occasione per ringraziare tutti i parenti e gli amici vicini e lontani che ci stanno sostenendo col loro affetto e la loro vicinanza.


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