Cagliari, sos a Salvini: “Troppa burocrazia per dentisti e odontoiatri, non siamo malfattori”

La lettera di Carlo Coiana, professore di Parodontologia all’Università di Cagliari: “Alcune norme vengono interpretate e a rimetterci sono gli studi medici ed odontoiatrici, e arrivano multe e denunce. Vogliamo solo curare, con serenità, le persone”


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“Troppa burocrazia” e regole su regole che sarebbero davvero troppe. Carlo Coiana, docente a contratto di Parodontologia presso il corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria dell’Università di Cagliari, scrive una lunga lettera-sos al ministro dell’Interno Matteo Salvini e alla sua “collega” della Pubblica amministrazione Giulia Buongiorno. L’oggetto della missiva è chiarissimo: “Insostenibilità della burocrazia incidente sulla attività medico odontoiatrica in Italia”. Cinque pagine ricche di “spunti”, quelle scritte da Cojana, che potrebbero essere utili per snellire tante procedure e controlli legati agli studi medici e odontoiatrici. Ecco, di seguito, l’appello del docente.
“Gentili Ministri della Repubblica Italiana, sento la necessità di porre alla vostra attenzione la situazione ingravescente nella quale si trova il mondo operativo odontoiatrico (e penso anche quello medico in generale) pregiudizievole per una condotta serena delle nostre attività di cura della popolazione. Avendo oramai circa 35 anni di attività sanitaria sulle spalle, ho avuto la triste opportunità di assistere a come la conduzione del nostro lavoro sia stato letteralmente violentato da una serie di norme che negli ultimi anni sono state introdotte nel “regolare” l’apertura e il mantenimento dei nostri studi. Preciso che la larga maggioranza di tali norme è del tutto inutile e pretestuoso, e cercherò di spiegare perché. L’apertura di uno studio medico/odontoiatrico nonché il suo mantenimento nel tempo, prevedono decine di adempimenti che vanno da quelli edilizi a quelli legati alla quotidiana attività e quasi tutti, a causa della aleatorietà della norma, hanno una componente interpretativa che il funzionario di stato di turno ovviamente valuterà a danno del professionista comminando multe gigantesche e spesso denuncia all’Autorità Giudiziaria come se il professionista fosse il peggiore dei malfattori. Per quanto riguarda gli adempimenti edilizi credo che un normalissimo appartamento, già fornito di abitabilità/agibilità, dovrebbe rendere superflua la richiesta di planimetrie, certificazioni, dichiarazioni, etc. poiché se esso è idoneo per accogliere una famiglia, non vedo perché per dei pazienti (che sono pure persone), siano necessarie documentazioni aggiuntive per transitarvi. Per esempio, se l’impianto elettrico deve essere a norma (cosa giusta), deve esserlo per un qualsiasi spazio abitativo, per cui un controllo biennale, e relativa burocrazia appresso, dovrebbe essere obbligatorio per qualsiasi appartamento a prescindere da quello che ci fai dentro, a meno che non si consideri un forno a microonde meno pericoloso di una poltrona odontoiatrica che funziona a 12V !!! Stesso ragionamento per impianti di climatizzazione, attrezzature specifiche, suppellettili varie. Che dire poi del cosiddetto “rischio biologico”! Si, il rischio biologico esiste nella attività medica e specialmente quella odontoiatrica, ma non è dimostrato da nessuno che i casi di Legionellosi (pochi in generale) siano stati contratti in studi odontoiatrici, d’altronde le utenze idriche di uno studio sono esattamente le stesse di una utenza domestica facendo apparire le successive considerazioni normative pretestuose e prive di fondamento. Pure pretestuose sono le fantasiose prescrizioni sul controllo della efficienza delle autoclavi in uso negli studi perché esse smetterebbero di funzionare se ci fosse un malfunzionamento e conseguente impossibilità di sterilizzare gli strumenti, a meno che non si pensi che un professionista usi strumenti non sterili mettendo a potenziale nocumento anche se stesso, il che appare folle !!! Ricordo che talvolta il Professionista o Assistente usa sfilare gli strumenti sterili dalla busta a mani nude per poggiarli sul vassoio di lavoro vanificando il concetto di sterilità. Ancora per fare un esempio esiste l’obbligo di consegnare i cosiddetti dispositivi di protezione individuale al personale con relativa dichiarazione firmata e controfirma di avvenuta ricezione, pena multe e quant’altro. Che senso ha questo ? Chi garantisce che dopo questo pezzo di carta debitamente firmato tali dispositivi si useranno realmente ? Nessuno. Quindi è solo il buon senso degli operatori e non la norma e i suoi derivati burocratici che garantisce la maggior sicurezza e affidabilità nell’esercizio professionale, e non c’è bisogno certo di un corso, che ha un costo (=business), per una corretta conduzione professionale visto che tutto ciò fa parte dei programmi formativi universitari e di qualifica del personale di studio. Pertanto il DVR (documento valutazione rischi) è palesemente inutile per le ragioni esposte. Per fare un esempio, l’impatto della “movimentazione carichi” o “stress lavoro correlato” sulla salute del lavoratore è più devastante rispetto al sollevare la borsa della spesa o attraversare gli stress quotidiani della vita ? Inoltre posto che un rischio venga valutato correttamente, cambia la percentuale di incidenti sul lavoro ? A giudicare dalle statistiche ufficiali dell’INAIL sembrerebbe di no; infatti nel triennio 2014-2016 sono stati denunciati all’Istituto in tutta Italia circa 86 infortuni sul lavoro pertinenti all’attività odontoiatrica (ritengo pubblica e privata non specificando diversamente) e solo 9 sono stati definiti “incidenti biologici”; nell’aggiornamento successivo (triennio 2015-2017) i casi di infortunio sono stati 62 e un solo caso di malattia professionale. Tra tutti non vi è stato alcun morto !!! E’ ragionevole aver fatto scattare questa folle corsa inutile con questi numeri ridicoli? Risulta inoltre che in generale le morti sul lavoro sono aumentate in Italia (non nel settore odontoiatrico) a dispetto delle norme che incidono nelle attività lavorative, mentre la burocrazia, quella si che è aumentata, e questo vuol dire che il metodo è profondamente sbagliato e che comunque non si potrà mai avere una sicurezza del 100%. Ancora una volta, è l’applicazione delle normali regole semplici di comportamento che generano una conduzione corretta di questa attività che avrebbe bisogno semplicemente di un vademecum di raccomandazioni e non di carte, firme, corsi inutili, tempo perso e risorse economiche sottratte a robusti adeguamenti tecnologici necessari per garantire una prestazione professionale “state-of-the art”. Questo non significa che si desidera il far west. Alcune regole sono certamente giuste come la sorveglianza radiologica, per esempio. Ma come si può concepire che il titolare dello studio debba documentare una lettera di incarico, accettazione da parte dell’esperto fisico quando la sua attività di controllo viene descritta su apposito registro e la sua prestazione pagata con fattura ? Che bisogno c’è di produrre altri documenti pena multe  salatissime se mancanti ? Cosa c’entra questo con la sicurezza ? e potrei andare avanti ancora. Un altro aspetto è la disparità di obblighi tra sanitari. Infatti i medici di base sono esenti dal richiedere autorizzazioni in assenza di attività chirurgica e non sono soggetti a rimuovere le barriere architettoniche a beneficio dei disabili in quanto possono visitare il disabile a domicilio (Consiglio di Stato sezione III° sentenza n.1382/2017). E’ palese la forzatura interpretativa del dispositivo poichè tutti sanno che una sutura di ferita, o un drenaggio di ascesso sottocutaneo sono atti chirurgici in piena regola con le loro complicanze anche se classificati improvidamente come “minori” dal legislatore. Ancor più ridicola è la motivazione della esenzione sulle barriere architettoniche come se i disabili non avessero diritto all’accesso al gabinetto del medico di base visto che non tutti i disabili sono, grazie a Dio, costretti a letto. A rinforzo di questa debole tesi si dice, nella sentenza, che comunque il medico di base svolge una attività “libero professionale” in struttura privata non aperta al pubblico e senza intermediazione e pertanto non soggetta alla normativa in materia di barriere architettoniche (sentenza n.1488 del 30/9/95 della Corte di Cassazione). E’ forse diverso il diritto di un disabile di varcare la porta di uno studio medico rispetto a un ambulatorio odontoiatrico ? Non è pure quella dell’Odontoiatra una libera professione? Appare evidente un protezionismo malcelato della categoria dei medici di famiglia che sicuramente sono meglio protetti dalle loro associazioni sindacali. Che dire poi dell’obbligo di chiedere l’autorizzazione alla apertura di uno studio basato sulla pretestuosa definizione della attività odontoiatrica come pratica sanitaria che “comporti un rischio per la sicurezza dei pazienti” come espresso nell’Allegato alla Delib.G.R. n. 13/17 del 4.3.2008 della Regione Autonoma della Sardegna richiamando il DPR 14/01/1997, art. 4, comma 1, in quanto comporta l’uso di elettromedicali applicati ai pazienti ? Tutti gli elettromedicali funzionano a 12 Volts, vengono montati da tecnici specializzati e sono protetti da interrutori di sicurezza etc. e non risulta che pazienti siano mai stati fulminati da corrente elettrica mentre ricevevano cure dentali !!! Ricordo che la infondatezza di tale norma unitamente alla non chiara definizione di prestazione chirurgica “di particolare complessità” (peraltro scientificamente impossibile), è stata sovvertita da una sentenza del TAR LAZIO 21/07/2014 n. 7784, Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2013, n. 10207 e confermata dal Consiglio di Stato Sez. Terza, sentenza 23/2017, che ne contestava la fondatezza assolvendo pienamente un Odontoiatra dall’accusa di non possedere l’autorizzazione prevista. Si dimentica che il Medico/Odontoiatra è un laureato che ha seguito un corso di studi e che in virtù di un esame di stato ha tutti i requisiti per esercitare la professione riconosciuti pienamente dallo Stato e pertanto obbligatoriamente in grado di svolgere le attività di diagnosi e terapia nel miglior modo tecnico-organizzativo possibile. Con rammarico devo inoltre constatare che le nostre associazioni ANDI e AIO, da me a suo tempo personalmente interpellate, non sono apparse come delle vere e proprie associazioni di categorie decise a dar battaglia su questi fronti visti i risultati ottenuti. Le informazioni che da essi si ricevono sono quelle di adeguarsi senza discussioni perché sono “norme europee” (non sempre) e subito scatta la proposta di frequentare i corsi, spesso portatori di informazioni incomplete se non contradditorie, creando ulteriore disagio e disorientamento tra gli operatori. Non so se tale comportamento sia legato alla colpevole e passiva accondiscendenza per mancanza di idee alternative, ovvero per incapacità a condurre azioni più incisive fino alla rottura, oppure se vi sono altre ragioni occulte che non vengono rivelate. Il risultato però non cambia perché la decantata semplificazione burocratica qui invece si complica rendendo difficile fare impresa, e chi dovrebbe portare avanti queste istanze, non lo fa, accettando che i Professionisti sanitari italiani siano considerati dei potenziali criminali, inquinatori e spericolati individui della peggior specie ancor prima di aver commesso almeno una di simili nefandezze. Colpevoli a priori !!! Questa lettera/denuncia è rivolta al Ministro di competenza On. Bongiorno, ma anche all’ On. Salvini perché dalle vostre dichiarazioni di intenti in merito alla burocrazia e al suo profondo snellimento, sono venuti degli impegni chiari che ho apprezzato rappresentando, Voi, una speranza per un ripristino di un terreno più consono allo svolgimento sereno delle delicate attività sanitarie senza avere il problema che ad ogni bussare alla porta può presentarsi un funzionario di stato pronto a sollevare il cartellino giallo o rosso per la violazione di stupide e inutili norme. Immaginate cosa vuol dire eseguire un intervento chirurgico con questi pensieri in testa !!! La burocrazia deve essere uno strumento utile alla comunità per regolarne la vita per cui deve essere logico, minimale, collaborativo ed economico per essere efficace. Ma se usato in maniera impropria esso diventa come un serpente che striscia penetrando nel tessuto sociale fino al punto di stritolarlo uccidendolo (vedi aziende che chiudono o si trasferiscono fuori dall’Italia). La semplificazione burocratica non costa nulla perché non è previsto un investimento, è solo una profonda modifica sulla regolamentazione della nostra professione di cui si può occupare un modesto ma ragionevole tecnico dei vostri ministeri a meno che, dietro questo enorme castello che è stato costruito, non vi sia un intento di redistribuzione di risorse economiche verso altre figure professionali come ingegneri, periti e quant’altro, che nulla hanno a che fare con l’Odontoiatria ma che da questa si nutrono lautamente, oppure, peggio ancora, il tentativo di distruggere la libera professione incanalando la sanità privata verso grossi gruppi monopolisti del settore riducendo i professionisti a meri esecutori/schiavi di essi (fenomeno già in essere) salvo vedere anche loro trasferirsi altrove (anche questo sta accadendo). Pertanto chiedo che venga effettuata una profonda rivisitazione di tutta questa mole di burocrazia mantenendo obbligatoria quella utile (es.: sorveglianza radiologica) ma in modo semplice, e trasformando il resto in un semplice vademecum di raccomandazioni, fermo restando che palesi violazioni di esse (es. igiene) devono certo generare provvedimenti sanzionatori adeguati. Tanto basterà a sviluppare il buon senso che ha una efficacia sicuramente superiore alle numerose carte con bolli, firme e sigilli che stanno distruggendo la nostra categoria”.