Simone Atzeni: “Puntiamo sulle giovani cooperative e imprese agricole”

Speciale Primarie. Intervista a Simone Atzeni, 40 anni, laureato in Scienze politiche, economista, e segretario della Federazione di Cagliari del Psi dal 2010.

Simone Atzeni, 40 anni, laureato in Scienze politiche, economista, e segretario della Federazione di Cagliari del Psi dal 2010. Sarà lui a rappresentare il Partito Socialista alle primarie della coalizione di centrosinistra per la scelta del candidato a Governatore per le prossime elezioni regionali.

 

Cosa l’ha spinta a candidarsi alle primarie del centrosinistra?

 Il mio partito ha deciso di partecipare alle primarie del centrosinistra con un proprio candidato e ha scelto me. Gli organi dirigenti hanno pensato che le politiche economiche saranno il fulcro della prossima azione di governo della Regione e hanno visto in me una figura in grado di portare idee programmatiche e soluzioni nella coalizione di centrosinistra. Dopo che tutte le federazioni provinciali del PSI mi hanno chiesto la disponibilità, non potevo sottrarmi.

 

 In caso di vittoria alle primarie, e poi alle elezioni regionali, quali sono le priorità su cui si concentrerà?

 Il lavoro prima di tutto, con politiche dirette e indirette. Su queste ultime, in particolare, abbiamo elaborato un programma che parte da un’analisi: il lavoro viene creato dalle imprese, i sistemi economici che si basano sul lavoro pubblico sono fallimentari. Imprese e Lavoro sono strettamente legati. Per questo occorre aiutare le imprese a uscire dalla crisi e agganciare i seppur timidi cenni di ripresa che ci saranno nel 2014: dobbiamo fare in modo che gli imprenditori riprendano fiducia più velocemente di quanto accade in genere. Intendiamo farlo con un biennio di finanziamenti legati all’adozione di nuove tecnologie, alla capitalizzazione e alla costruzione di distretti industriali. Ci piace molto il mondo della cooperazione: favoriremo la capitalizzazione delle giovani cooperative e proporremo la defiscalizzazione delle imprese agricole e del lavoro in agricoltura. In tutto ciò avremo buoni risultati solo se avremo il coraggio di essere selettivi.

Vogliamo poi promuovere una visione della Regione che dà spazio decisionale agli Enti Locali. Pensiamo ad una Camera Bassa dei Comuni dotata di parere consultivo obbligatorio che affianca il Consiglio Regionale nell’attività legislativa. Trattandosi di una riforma strutturale, quindi lunga e complessa, nel frattempo restituiremo immediatamente ruolo e funzione al Consiglio delle Autonomie.

 

 Quello dell’occupazione è uno dei settori più in crisi: secondo lei cosa si può fare?

 Nell’immediato occorre dare certezza al pagamento degli ammortizzatori sociali, soprattutto ai sussidi legati alla disoccupazione. Non è sopportabile che chi è in difficoltà debba patire anche per i ritardi burocratici nell’erogazione.

Abbiamo poi in mente la Sardegna come una zona franca del lavoro: abbattimento del cuneo fiscale che grava oggi su imprese e lavoratori, arrivando a superare l’85 per cento dello stipendio netto fra tasse e contributi. Secondo alcune stime, sebbene preliminari, è possibile arrivare al 35 per cento con 2,7 miliardi di euro l’anno, reperibili nelle pieghe del bilancio regionale alla voce “spese improduttive”. Quelle risorse possono anche essere recuperate dalla vertenza entrate con lo Stato Nazionale: anziché andare a Roma con il cappello in mano, ci andremo con un serio progetto di rilancio del mercato del lavoro regionale.

 

Su quali settori dell’economia isolana si deve puntare?

 Intanto su tutte le imprese che sposano tre concetti: aggregazione, apertura ai mercati esterni e identità della Sardegna.

Noi pensiamo che il turismo sia il principale bene da esportazione della Sardegna. Occorre passare dal turismo ai turismi, anche aprendo una stagione di recupero del patrimonio immobiliare inutilizzato dell’interno, soprattutto in prossimità dei grandi attrattori culturali e ambientali e diversificando l’offerta nelle destinazioni balneari.

Molto c’è da fare nell’agroalimentare: filiere certificate e distinte per produzioni tradizionali e industriali, agevolazione fiscale e sburocratizzazione dell’impresa agricola, integrazione con il turismo, supporto all’adeguamento di attrezzature e mezzi. Ci piace moltissimo il modello Slow Food, nicchie di eccellenza piccole ma fortemente integrate in una rete mondiale.

Nulla però potrà accadere senza risolvere i nodi dei settori trasversali: trasporti ed energia. Sui trasporti occorre pensare non solo al diritto di cittadinanza dei Sardi in quanto isolani, ma anche al fatto che essere raggiungibili è un fondamentale fattore di competitività. Sull’energia proponiamo un modello smart grid: piccole e piccolissime centrali fotovoltaiche e mini-eoliche fortemente integrate in una nuova rete di proprietà regionale.