Allarme a Cagliari: ragazzine su Instagram in gruppi dove si istiga a picchiare

Allarme dell’Osservatorio Cybercrime Sardegna: gruppi di ragazzine cagliaritane su Instagram e altri social network in gruppi maschilisti dove si istiga a picchiare. “ispeziona il cellulare di tua figlia e verifica se è iscritta a gruppi whatsapp che hanno denominazioni sessiste. Se si, cerca di capire come mai ritiene utile e/o divertente fare parte di gruppi maschilisti”


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SONO UNA FEMMINA MA NON L’HO CAPITO:
“ecco perché mi posto come una cosa sui social network, considero ‘puresce’ (schifose) le ragazze vittime di revenge porn e centro (picchio) quelle che mi rubano il ragazzo”.

IL PROBLEMA.
#sonoUNAcosa: la subcultura delle ragazze di Cagliari e provincia.

In oltre il 50% dei profili di Instagram e ThisCrush che quotidianamente seguiamo, abbiamo riscontrato la tendenza delle ragazzine, dai 12 ai 15 anni, ad assumere (introiettare) l’inaccettabile prospettiva maschilista per rappresentarsi sul web. Si tratta di una subcultura giovanile che manifesta “valori”, apparentemente, opposti alla cultura italiana prevalentemente maschilista, perché in questo caso sono le stesse ragazze che decidono di considerarsi inferiori ai maschi, rappresentandosi come oggetti che non pensano e non riflettono.
Reificarsi, ridursi cioè ad una cosa da guardare, toccare o usare per insultare e picchiare, è l’imperativo categorico a cui si attengono per presentarsi alla community dei giovani e attirare la loro attenzione.

VERIFICA SE ANCHE TUA FIGLIA manifesta i sintomi della subcultura #sonoUNAcosa (in particolare i criteri 3,4,5):

1. AUTO – OGGETTIVAZIONE DIGITALE (ridursi volontariamente ad un oggetto sessuale): pubblicare foto e/video in cui le labbra sono sporgenti, il sedere è in primo piano, il seno in vista e la lingua (possibilmente con piercing) in movimento con effetto boomerang.
2. DISFUNZIONAMENTO DEL RAGIONAMENTO MORALE: sminuire la gravità dei post diffamatori e sessisti ricevuti su ThisCrush o altri social network. “Non è così grave se mi insultano o considerano una troi@ l’importante è che sappia che cosa dicono di me“.
3. IDENTIFICAZIONE CON L’AGGRESSORE: percepire le coetanee vittime di revenge porn (vendette sessuali con diffusione online di foto e video intimi) con gli occhiali del maschilismo e della misoginia (odio nei confronti delle donne). Da persone diventano cose “puresce”, schifose e quindi meritevoli di essere disprezzate e allontanate dal gruppo dei pari. I maschi che hanno diffuso i video sono invece valutati meno negativamente. Talvolta anche scusati perché la colpa è prevalentemente della ragazza che ha accettato di farsi riprendere durante il rapporto sessuale. Quindi peggio per lei. Perché in questo ragionamento non c’è spazio per le differenze: se ha dato il consenso per farsi riprendere è come se avesse implicitamente autorizzato la diffusione dei video.
4. CONTROLLO ESASPERATO DELLA RELAZIONE SENTIMENTALE: “centrare” (picchiare) una coetanea che ha guardato le storie di Instagram o ha messo un like sulle foto di un ragazzo per dimostrare che nessuno lo può “rubare”, oppure coinvolgersi precocemente in comportamenti sessuali per timore di essere lasciate.
5. APPARTENENZA A GRUPPI WHATSAPP CON DENOMINAZIONI SESSISTE: aderire ai gruppi whatsapp che hanno denominazioni sessiste pur di sentirsi parte della comunity come: “dilatazioni anali”; “espansioni anali” (Sulcis inglesiente) “chiappette”; “batti le mani apri la udda” (cagliari città metropolitana).

CONSIGLI PER GENITORI (E DOCENTI):
1. controlla il profilo Instagram di tua figlia: cerca di farla riflettere sul problema dell’auto-oggettivazione sessuale. Aiutala a comprendere che non tutte le ragazze si rappresentano in mutande sui social network e che per fare parte della comunity dei giovani non ha bisogno di svestirsi. Nel centro Sardegna, ad esempio (provincia di Nuoro), è molto difficile trovare ragazze che si postano in atteggiamenti sensuali o sexy sui social network;
2. domanda se ha ricevuto online insulti e denigrazioni di tipo sessuale e che cosa ne pensa. Se sminuisce o afferma che l’importante è che si parli di lei (o che deve sapere che cosa gli altri pensano di lei), mantieni la calma e cerca di farla ragionare: ti servirà tempo per aiutarla a comprendere che gli insulti, – che rimangono per sempre online -, sono associati alla sua identità virtuale e danneggeranno la sua reputazione reale e virtuale;
3. domanda che cosa ne pensa delle ragazze vittime di revenge porn. Se si schiera contro le vittime e scusa i maschi autori di reato, chiediti che cosa hai insegnato in tema di parità dei sessi;
4. domanda che cosa ne pensa delle ragazze che centrano le coetanee o che si coinvolgono precocemente (a 12-14 anni) sotto il profilo sessuale per paura di perdere il ragazzo. Se normalizza o giustifica questi comportamenti, probabilmente vive con molta ansia le relazioni sociali. Chiedi aiuto ad uno specialista;
5. ispeziona il cellulare di tua figlia e verifica se è iscritta a gruppi whatsapp che hanno denominazioni sessiste. Se si, cerca di capire come mai ritiene utile e/o divertente fare parte di gruppi maschilisti.

NON essere indifferente, supera la “pigrizia fatalistica” (nulla si può cambiare) e fai qualcosa per tua figlia.

Se puoi, condividi.
Grazie

Luca Pisano
Osservatorio Cybercrime Sardegna
(Istituito da CGM Sardegna, Ministero della Giustizia, ATS ASSL NUORO, IFOS e Nuovi Scenari)